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A Sciambere degli scoppi

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : martedì, 02 novembre 2004

Prima bisognava munirsi di una ghiaia abbastanza piatta di una dozzina di centimetri di diametro, poi si passava in farmacia dove inscenando penosamente un mal di gola, sotto l'occhio burbero del Dott. Del Borgia si chiedeva una scatoletta gialla di pasticche di potassio (o clorato di potassio? boh! il gusto era orrendo, ma non importava, non andavano succhiate), la fase successiva prevedeva l'acquisto presso un ferramenta di una rotellina di zolfo di quelle che i contadini usavano per affumicare le botti. La dotazione era completa, a quel punto si sceglieva il posto adatto. Molto appetiti erano i portoni ampi o i tunnel dove l'effetto acustico della nostra azione sarebbe risaltato. Si doveva a quel punto triturare con la ghiaia una o due pasticche e aggiungerci un pezzetto di zolfo che andava anch'esso finemente macinato, l'operazione si compiva a terra e dopo aver mescolato le due polveri e averle raccolte in un mucchietto vi si poneva sopra la ghiaia. A questo punto si era pronti per la fase più delicata e finale. Un tacco veniva posto a far pressione sopra la ghiaia bloccandola poi con l'altro piede si calciava la parte superiore della ghiaia determinandone un forte sfregamento a terra, che essendo quella appena composta una miscela esplosiva, determinava una fiammata ed uno scoppio. Non mancavano gli incidenti ne riportiamo alcuni possibili in crescente ordine di gravita: a) lo scoppio spaccava la ghiaia (raro e poco grave, bastava procurarsene un'altra); b) si calciava male la ghiaia prendendola di punta e ci si faceva male alle dita dei piedi; c) si calciava male la ghiaia prendendola di punta e facendola volare direttamente sullo stinco di un compagno di giochi che di solito moccolava e talvolta vi restituiva la ghiaia (sullo stinco o peggio); d) si calciava male la ghiaia sfiorandone la parte superiore con il piede, si perdeva l'equilibrio cadendo all'indietro e prendendo una gropponata. e) si calciava correttamente la ghiaia colpendola col tacco, ma il tacco si staccava ed a quel punto (parliamo di quando eravamo bimbi, soldi gnau gnau, e i danni al vestiario ed alle scarpe erano un reato infantile grave) il rischio di essere calciati dal genitore era sostanziale. La pratica era definita "fare gli scoppi" e tutto questo lavoro e pericolo producevano un botto che ci pareva terrificante in quella Portoferraio silenziosa, ma che francamente non arrivava a pareggiare un moderno petarducolo. Ci è venuto in mente tutto ciò leggendo la lettera del Forasacchi pubblicata poco sopra in cui si lamentava (oltre l'importazione di una festa come Halloween estranea alle nostre tradizioni) l'uso eccessivo da parte dei frugoli di materiale esplodente. Ora è vero che il nostro non aveva tutti i torti, ma ci siamo trovati a domandarci: ma Forasacchi da bimbo li faceva gli scoppi?