Un censore volenteroso e rigoroso come Che Coluccia deve stare attento per primo alle parole che usa. Ad esempio, non abbiamo mai letto niente su “Elbareport” che potesse configurarsi come vergognosa ed indecente campagna nei confronti della “persona” di Giovanni Frangioni. Attenzione! della “persona”: neppure una parola che negasse la sua “mitezza d’animo, la tolleranza ed il rispetto umano” (temiamo però che Coluccia non conosca bene il significato dell’espressione “rispetto umano”), la partecipazione sentita e la dedizione: virtù tutte per le quali sarà ricompensato nel suo ultimo giorno, lontano sia. Non conosciamo di persona Frangioni, ma né nel suo caso né in nessun altro avremmo accettato di leggere su un giornale giudizi “sulla persona”, senza elevare vibratissime proteste. Il piano del discorso non è “personale”, ma politico. Essere una persona dabbene è dovere specifico di chiunque, e trova riconoscimento nell’affetto di chi circonda l’uomo dabbene (come è il caso di Coluccia nei confronti di Frangioni), e nel giudizio divino a suo tempo. Ma non ha senso che abbia un premio “politico” sottoforma di incarico pubblico e remunerato, per il quale ‘essere dabbene’ è certamente condizione necessaria (anche se spesso disattesa) ma non sufficiente. L’attribuzione di incarichi pubblici non ‘politici’ deve rispondere essenzialmente a un criterio: la competenza professionale ‘certificata’ da opportuni ‘titoli’ formali e specifici. Il presidente della Repubblica (che presiede anche il Consiglio superiore della Magistratura) può essere uno stimatissimo analfabeta: un giudice di provincia deve comunque essere laureato in legge. E in una azienda privata il titolare può essere un geniale analfabeta, ma ogni responsabile di settore operativo deve avere i suoi bei titoli specifici, come si legge negli annunci economici sui giornali. In una azienda pubblica, poi, non si dà neppure il caso del titolare di quella privata: è necessaria la competenza specifica a qualunque livello direzionale. Qui, mi pare, sta il dibattito. Coluccia sostiene che Frangioni è un ‘manager’ nato, e porta a riprova la sua lunga attività di segretario della elbana Camera del Lavoro. “Elbareport” dice di no. Ma non parla della persona, caro Coluccia; parla della professionalità. Tutti i giudizi sono leciti: alcuni sono giusti, altri sbagliati: dipende, anche in questo caso, dai ‘titoli’ di chi giudica; e amicizia e simpatia (o il loro contrario) ci paiono sentimenti, non titoli. Sta a chi ha responsabilità di decidere l’accogliere uno o un altro giudizio. Basta che non accolga quello, sempre ingiusto, della ricompensa delle virtù private con emolumenti pubblici, soprattutto se la principale virtù privata è l’appartenenza a un partito. Al caro direttore di “Elbareport” (che è certo rissoso e animoso e intollerante e tracotante, ma gli vogliamo bene lo stesso) vorremmo dire che non c’è bisogno di mettere in mezzo il Centralismo Democratico (del resto sempre discretamente presente) e la buonanima di Stalin. Basta usare le parole nel significato giusto, e non confondere la morale con l’etica. Così ‘un si letica.
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