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A Sciambere delle sole e dei peracottari

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : giovedì, 30 settembre 2004

Ci eravamo innamorati del parlare romanesco in età non sospetta soprattutto in conseguenza delle letture dei sonetti del Belli poi, per avventura, trent'anni e spiccioli fa conoscemmo una signorina romana la quale finì per essere la nostra signora, e avemmo nuove occasioni per approfondire la conoscenza del parlare colorito usato in quel di Roma. Oggi ci è capitato di ragionare intorno a due termini dialettali capitolini: "sola" ("o" aperta please) e "peracottaro". Il lemma "sola" nella sua più comune accezione (no vicepresidente, lemma non è una lettera greca e neanche l'ultimo modello della Lancia) sta per "fregatura", anche se lo si può usare come qualificativo di una persona: "un sola" sta ad esempio per "un imbroglione" o meglio ancora per definire persona sulla quale non è bene fare affidamento. Un "Peracottaro" (letteralmente venditore di pere cotte) in fondo non è poi così distante da "un sola", anche se a sottilizzare per "peracottaro" si intende più qualcuno assolutamente inadeguato al ruolo che intenderebbe ricoprire, uno male in arnese che finisce per rendersi ridicolo. Un peracottaro quindi ce lo figuriamo come più stupido di un sola anche se ad entrambi è giusto dare poca credito. Ma cerchiamo di fare un esempio per far comprendere meglio. Senza andare tanto lontano e approdiamo sulla vicenda narrata nel primo articolo di questo giornale, la storia delle miniere che Tremonti aveva "regalato" al Coni: Il CONI si è reso conto che in realtà cedendogli le miniere il Governo gli aveva dato una SOLA, ma l'intera vicenda dimostra che siamo governati da un branco di PERACOTTARI. Chiaro l'esempio?


miniera

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