Il fiume Terek, che scorre nelle pianure settentrionali dell’attuale Cecenia, ha sempre rappresentato, fin dal 1556 con i tentativi di Ivan il Terribile, un punto di arrivo per la penetrazione Russa nel Caucaso, e sulle sue rive, fra le valli che attraversa, sono ambientate le vicende narrate da Aleksandr Bestužev, conosciuto anche con lo pseudonimo di Marlinskij, nel suo romanzo: “Il giovane Bek. Una storia del Caucaso”. E' un romanzo tipicamente romantico in cui si intrecciano amore, gloria, disonore, tradimento, espiazione, ma è soprattutto una storia di un mondo come ce lo siamo sempre immaginato. Valli e montagne e villaggi che fanno da sfondo a gesta eroiche di cavalieri fieri della consapevolezza di appartenere a un popolo straordinario e composito, etnie diverse, spesso in lotta fra di loro, ma accomunate dallo stesso orgoglio e dal medesimo desiderio assoluto di libertà. E’ un romanzo delle grandi passioni, senza mezze misure, in cui l’amore per la bellissima Seltaneta anima Ammalat quanto l’ardore e l’impeto in guerra, la dedizione per il suo fucile è la stessa di quella per ex nemico Verchovskij, così come, altrettanto devastanti saranno le conseguenze di tanta passione, sia nell’amore come nell’amicizia, che nella battaglia. Oggi il Caucaso è altro, oppure è il resto del mondo ad essere cambiato, forse, mentre su quei monti al confine fra due continenti si continua a rispondere alla violenza con altrettanta violenza, per imporre un dominio, per non esserne sopraffatti. Ieri erano i villaggi azeri e ceceni distrutti dai Russi, quelli cosacchi saccheggiati dai Tagiki o dai Daghestani, oggi sono le rovine di Grozny e di Beslan e, alla fine, ciò che resta è solo una tragedia collettiva, sofferenze e morti, da una parte e dall’altra, ma soprattutto nessuna più giusta dell’altra. La recensione completa del libro, a cura di Michele Castelvecchi, è pubblicata nella sezione "libri" del giornale.
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