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Siamo giornalisti o caporali?

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : mercoledì, 22 settembre 2004

Il riferimento alla comunicazione apparsa sul quotidiano on line ELBAREPORT, in data 21 settembre 2004 ed intitolata “Le Ghiaie non si vendono”, a firma Elena Maestrini, inevitabilmente mi corre l’obbligo, facendomi violenza, di intervenire. Signora Elena Maestrini dal momento che firma un articolo su un quotidiano, anche se on line, non deve interpretare, o leggere in diversi modi, l’assenza del sottoscritto Consigliere di minoranza al Comune di Portoferraio alla Commissione Demanio, non deve sviluppare “masturbazioni” mentali o supposizioni gratuite come ha scritto nel Suo Comunicato, avrebbe semplicemente dovuto rintracciarmi, anche telefonicamente visto che il mio numero di cellulare è di dominio pubblico, e chiedermi il perché della mia assenza, ed io le avrei permesso (non certo come autorizzazione) di scrivere la verità. Vorrei ricordarLe, che a parere mio, continuare a scrivere articoli giornalistici basandosi solo sulla supposizione, sul sentito dire o sul sembrerebbe, potrebbe sembrare uno sciacallaggio gratuito che alimenta solo la cattiveria nelle persone. Naturalmente a questa mia replica non ci sarà un seguito ritenendo chiuso l'argomento. In fede CONSIGLIERE SURROGANTE (Marcello Giardini) Signor Giardini, le rispondo volentieri chiarendo una volta per tutte cosa intendo io per giornalismo. Purtroppo quella che le andrò esponendo non è una mia teoria personale ed originale, è soltanto un modo di lavorare contemplato nei manuali, adottato da diverse scuole di pensiero (giornalistico), e molto modestamente seguito anche dalla sottoscritta, che comunque non rinuncia alla presunzione di apportare modifiche al modello confezionato. Contrariamente a quanto sostiene lei, soprattutto negli articoli di carattere politico, il giornalista HA IL DOVERE di interpretare, di spiegare certi linguaggi tecnici, di andare oltre la presunta verità. Esempio pratico: se io faccio una intervista ad un non meglio identificato dittatore sudamericano e gli chiedo: Signor dittatore come va l’economia? Risposta: benissimo grazie, mai andata meglio. Domanda: come sono le scuole del suo paese? Risposta: efficientissime, le migliori possibili. Domanda: come sono gli ospedali? Risposta: la popolazione è così felice e prospera che non si ammala mai, per quei rari casi di persone che soffrono ci sono i migliori ospedali che si possa immaginare. Io scrivo ciò che mi dice il dittatore, e così anche il giornalismo diventa la quarta zampa della tirannia. Non è per questo che ogni giorno scrivo e contribuisco alla redazione di un giornale. Non si offenda troppo, non la paragono al nostro dittatore, era una situazione paradigmatica per far capire meglio. Avrei potuto anche chiamarla e riportare la SUA verità, non avrei per questo rinunciato ad interpretare (mettendo le opportune segnaletiche linguistiche per far capire dove iniziava l’interpretazione) e ad esporre la MIA verità, argomentandola. Non l’ho chiamata per telefono perché questo giornale ha sempre pubblicato integralmente qualunque articolo (che non fosse in contrasto con le leggi della Repubblica) di chiunque avesse voluto replicare ai pezzi apparsi nei numeri precedenti. Se secondo lei ho scritto cose infamanti, se ho fatto sciacallaggio e calunniato la sua persona il codice penale le viene in soccorso: può querelarmi. Se ho soltanto male interpretato, può contraddirmi, argomentando la sua diversa ricostruzione degli eventi: perché non l’ha fatto?


ghiaie mare mosso schiuma

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