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Controcopertina: Si torna a porre il grave problema del randagismo

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : domenica, 19 settembre 2004

Il fenomeno del randagismo, che non è un evento naturale spontaneo ed incontrollabile, deve essere affrontato nel suo complesso, lavorando prima di tutto sul fronte della prevenzione. Il risultato delle ultime elezioni amministrative ha riacceso la speranza di poter finalmente attivare un progetto ampio e concordato tra enti ed associazioni di volontariato, oltrepassando le divisioni che hanno impedito finora di superare un ostacolo gravemente lesivo per i diritti degli elbani e degli animali che vivono sulla nostra isola. Come testimoniano le pressoché quotidiane segnalazioni di cani vaganti, la realizzazione di un canile comprensoriale è oggi assolutamente indispensabile ed inderogabile, ma in cinque anni di esperienza di volontariato abbiamo capito che, se si vuole estirpare la mala pianta del randagismo, dobbiamo prima di tutto tagliarne le radici, facendo crescere la sensibilità della comunità, combattendo il fenomento dell’abbandono degli animali, controllando il territorio e fornendo assistenza a chi per ignoranza o mancanza di risorse non è in grado di provvedere da solo. Enti e pubbliche amministrazioni possono contare su armi efficaci: l’applicazione rigorosa delle leggi sull’anagrafe canina e sul maltrattamento degli animali; il potenziamento dei servizi della ASL e la collaborazione con i veterinari privati; il sostegno alla preziosa risorsa del volontariato. Alle amministrazioni elbane proponiamo quindi tre percorsi paralleli da intraprendere immediatamente: - a livello di singolo comune, attivare quelle iniziative che sul piano della sensibilizzazione e prevenzione non comportano grossi oneri organizzativi ed economici (ad esempio: sensibilizzazione nelle scuole, anagrafe canina, sterilizzazioni agevolate); - a livello comprensoriale, l’istituzione di un tavolo dei rappresentanti degli otto comuni e delle principali associazioni di volontariato per omogeneizzare le risposte ai problemi dell’abbandono e del maltrattamento, ed organizzare su scala elbana i servizi da offrire ai possessori di animali (ad esempio i tratti di costa destinati alla balneazione degli animali o le aree verdi di libera sgambatura), coinvolgendo gli enti potenzialmente competenti o interessati, dalla Comunità Montana all’Ente Parco, dagli Albergatori alle associazioni di categoria; - a livello comprensoriale ed attraverso l’attivazione di finanziamenti esterni, procedere con la massima velocità concessa dai tempi burocratici alla realizzazione del canile e della pensione per cani. Per il raggiungimento degli obbiettivi previsti suggeriamo di dare ad ogni iniziativa tempi e scadenze precise, in una sorta di percorso a tappe preventivamente fissate. Alla ASL chiediamo invece di riconoscere come emergenza sanitaria l’epidemia di leishmaniosi che ormai endemicamente affligge da anni la maggior parte dei cani elbani e che rappresenta, tra l’altro, una delle principali cause di abbandono degli animali. In tal senso sarà possibile attivare finanziamenti finalizzati al controllo (campagna di monitoraggio attraverso esami gratuiti) ed al contenimento della malattia (distribuzione dei farmaci a prezzi agevolati). Infine, vorremmo fare qualche riflessione sulle caratteristiche che dovrà avere una struttura di accoglienza e ricovero destinata ad ospitare anche la pensione per cani di privati. La ragione e l’esperienza ci insegnano che, considerando il canile come punto di passaggio dell’animale da una condizione di degrado e pericolo ad una auspicabile adozione, si dovrà individuare un’area che garantisca agli ospiti una permanenza confortevole, e che, per posizione e qualità ambientale, favorisca in ogni modo l’accesso di visitatori e volontari. Nell’ottica evoluta del parco-canile, da considerare a tutti gli effetti una risorsa e non certo un elemento di degrado e dequalificazione del territorio, prima di avallare ipotesi che ci lasciano perplessi (come quella di Literno, dove si pensa di realizzare un canile su un’area bonificata a poca distanza da una discarica attiva), si faccia uno studio analitico sulle possibili localizzazioni, prendendo in considerazione tutte le aree che rispondano ai requisiti prima accennati. Per quanto ne sappiamo, non è mai stato fatto. L’attuazione di programmi tesi a favorire le visite alla struttura, ad esempio da parte delle scuole, farà crescere, oltre alla sensibilità collettiva verso il problema, la possibilità che i cani vengano affidati, scopo finale di un operazione che nasce, come abbiamo visto, al di fuori del canile e che fuori delle gabbie dovrà terminare, pena il fallimento dell’intero progetto. Nei cinque anni di lavoro al Canile Ex-Macelli, con spazio per trenta cani, abbiamo affidato o restituito ai proprietari circa trecento animali. La realizzazione di una mega struttura, pensando alla capienza come principale risorsa, significa creare un ulteriore, grave problema: una volta riempito un canile molto grande e quindi più difficilmente gestibile, l’emergenza si riproporrebbe irrisolta ed irrisolvibile sul territorio. Rinnoviamo alle amministrazioni dell’isola, che, è bene ricordare, sono ancora tutte inadempienti riguardo alle leggi regionali e nazionali in materia di randagismo, l’invito a collaborare con le iniziative che stiamo portando avanti sul fronte della prevenzione e dell’assistenza e ad operare, per quanto riguarda la costruzione del canile, scelte responsabili, senza fermarsi a quelle che possono sembrare le soluzioni più semplici o economiche. Le soluzioni, e le economie, si valutano solo attraverso la comprensione più ampia possibile dei problemi.


portoferraio canile gabbie

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cane canile

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canile andrea tozzi

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