Barrytown International, così Joseph O’Connor definisce il mondo letterario del suo collega, coetaneo, Roddy Doyle. Quella degli scrittori irlandesi quarantenni è una generazione molto particolare, talenti che con la massima semplicità riescono a farci sorridere con l’esasperazione dei caratteri tipici della loro gente, a commuoverci con storie ricche di profonda umanità, o ad appassionarci al romanzo storico-politico, ma sempre avendo come punto di riferimento l’individuo nella sua parte più intima. Doyle, fin dal suo primo romanzo,è la voce delle meschinità, della determinazione, della grande semplicità della working-class dublinese. The Committmens, che con La bella famiglia e Due sulla Strada costituisce la trilogia di Barrytown è il miglior esordio possibile per uno scrittore, allora trentenne, che attraverso gli altri racconta se stesso e il suo mondo, con una gioiosità e una “malvagità” che non sarebbero mai potute venire in mente a nessun altro che non avesse vissuto tutto in prima persona. Doyle è i suoi personaggi perché, anche se immaginari, li ha incontrati nel suo quotidiano, dando loro facce e storie di chi ha conosciuto. Ma ci sono anche altri modi di raccontare. Per esempio attraverso gli occhi e le emozioni di un bambino. E’ così che Paddy Clarke ah, ah, ah! diventa la biografia di chiunque di noi abbia avuto un’infanzia normale, quando per normale si intende la possibilità di giocare in un luogo magico, amici da incontrare, nemici coetanei da sfidare a sassaiole o cinque contro cinque dopo tre angoli è rigore. Non c’è differenza fra le siepi di pitosforo dei giardini delle Ghiaie, i sassi della spiaggia, guardie e ladri in bicicletta - il pallone è mio quindi gioco, sì ma sei scarso allora vai in porta - e Barrytown. Ogni bambino dovrebbe avere la sua, non importa che sia alla periferia di Dublino o su un’isola, se almeno ha avuto il suo spazio di felicità, in cui nascondere le sue tristezze quotidiane e confonderle con quelle di tutti gli altri, e in cui la condivisione di quel “territorio” diventa l’oblio di difficoltà che dovrebbero essere solo personali ma invece si annullano nei gesti collettivi, nelle scelte della “banda”, nel più debole da prendere di mira anche se poi, da adulti, sarà l’amico più fidato. Chi non mai ha corso per le strade del quartiere suonando i campanelli, pur sapendo che poi il vicino avrebbe riferito a casa, le mani furtive che fanno sparire le caramelle dal banco del tabaccaio, porca m….. ti avevo detto di distrarlo, sì ma quello mi tira il piscio, hai bestemmiato, sì ma tanto domani mi confesso…Eravamo noi, o erano Paddy e Kevin, o forse eravamo tutti insieme? Chiunque abbia vissuto la strada come occasione di incontri e di fantasie; chiunque abbia avuto un fucile a elastico fatto con le mollette di mamma; chiunque si sia giocato in un colpo solo una mazzata di figurine, e le abbia perse tutte, scudetti compresi; chiunque abbia sfidato la risacca d’inverno e sia tornato a casa con le scarpe bagnate può dire, con orgoglio, di essere cresciuto nella sua Barrytown. Nel 1968 Paddy vive a Dublino e tifa per George Best, ma non è diverso dai suoi coetanei che nel 1986 a Buenos Aires vedevano solo Maradona, o che nel 1978 sognavano di essere Cabrini, ognuno con il suo bagaglio di delusioni dalla vita a prescindere dall’età, a volte inconsapevolmente, altre no. C’è una palla da rincorrere, una siepe da scavalcare senza essere visti, accendiamo un fuoco con quella vecchia barca sulla spiaggia, se ci scoprono si scappa, sì ma non troppo lontano, che non si vedono le fiamme e le luci dei pompieri. I primi accordi alla chitarra per chi inseguiva i Genesis, per altri le cromature di una Laverda 1000 (verde) in cui specchiarsi, quanti sogni da rincorrere… Roddy Doyle racconta la storia di chiunque abbia avuto il coraggio di scendere quattro piani per lasciarsi alle spalle un quotidiano al quale, a volte, non ci si può sottrarre, e il mondo fuori diventa l’unico possibile dove perdersi. Paddy Clarke ah, ah, ah! è un romanzo divertente per come è scritto, per tutti gli episodi di vita vissuta da un adolescente narrati con ironia e disarmante semplicità, come se a raccontare fosse proprio un bambino, scritto da un adulto con la capacità di esplorare ogni angolo toccato dalla sensibilità di chi non è ancora uomo ma è consapevole che dovrà esserlo. Doyle riesce a raggiungere il lato oscuro che c’è alla fine di un percorso e a farlo diventare silenziosamente l’età trainante di tutto il romanzo, a prescindere da tutto quanto in cui si può rifugiare. La dolcezza di Paddy è nel suo sogno di fare il missionario e trasformare gli amici in lebbrosi da curare; nell’amore per l’amico Kevin, con cui scrive ovunque i loro nomi , a Barrytown. E’ una vita molto intensa, la sua e non mancano i punti di riferimento per un dopo che sarà lì o altrove. L’affetto e il calore degli amici è pari agli schiaffi, o per dirla tutta, agli sputi dei nemici, a Barrytown. Paddy vede tutto ma capisce ancora meno, è confuso. Ma poi alla fine, nel silenzio della sua stanza, quello che vorrebbe davvero, è che, di sotto, mamma e papà smettessero di litigare. E Paddy vive fino in fondo la sua infanzia, assimila emozioni, delusioni, piange e ride, non si sottrae, per fortuna, a tutto quello che la vita può offrire, perché forse, dentro di sé, sa che la vita sarà anche altro. Senza smettere di essere bambino, finché sarà possibile. Michele Castelvecchi RODDY DOYLE Paddy Clarke ah, ah, ah! TEA Teadue Licenza GUANDA Euro 7,80