Caro Sergio, non so chi sia la Primula Russa e nemmeno mi interessa saperlo. Non mi posso scordare come lo scorso anno la curiosità morbosa di alcuni provocò il suicidio di Oligisto, il simpatico Pasquino di Rio Marina ospitato sulle tue pagine, che sul letto di morte attaccò anche me. Caro Sergio, l’Elba è (da sempre) un crogiolo di popoli diversi e per questo noi isolani siamo portati ad accogliere tutti. Ben venga, dunque, la Primula Rossa o chi per lui, e se disponessi del suo indirizzo e-mail (il mio è IlVicinato@libero.it) eviterei di abusare della tua ospitalità, ma tu sei l’unico tramite fra noi e lui, o lei che sia. Alla Primula Russa voglio dire che quella elbana non mi sembra essere “una società chiusa e statica”, né tanto meno che questa sia “l’Isola di sempre che vive concentrata sui propri problemi, aspettando che qualcuno li risolva”. Cerco di spiegarmi meglio. Non ritengo che l’Elba se ne stia “chiusa mentalmente nel proprio isolamento a guardare la propria bellezza e a salvaguardare la propria pace”. Semmai è vero il contrario. Non dobbiamo dimenticarci che questo piccolo e meraviglioso lembo di terra, forse grazie alla sua posizione geografica o alla ricchezza del suo sottosuolo, ha vissuto, prima che altrove, fermenti sociali ed economici che hanno lasciato un segno nella storia d’Italia. Altrettanto di può dire per eventi politici che la società elbana, aperta e dinamica, ha anticipato rispetto ad altre aree sicuramente più popolose e più importanti della nostra. D’altra parte è risaputo come coloro che vivono in un’isola sono detentori di valori peculiari. Riecco l’elbanità, dirà la nostra Primula Russa. Ma l’elbanità, lo affermo per la 3.587 volta, è la valorizzazione di tutto quello che qui c’è e gli altri non hanno, e quindi non può essere riconducibile ad un semplice marchio di qualità, né tanto meno può essere ridotta a bandiera di un clan. Cordialmente,
elba veduta della costa