Cara signora Colombo, il suo “uovo” è pieno di nitroglicerina; e sarebbe imprudente batterlo sul tavolo per farlo stare ritto come pare abbia fatto il Navigatore. E lo è ben al di là della pur sensatissima soluzione al problema che il suo Tenente poneva nell’ultimo “a Sciambere”. Perché rende manifesto un fatto del quale, a ben pensarci, era difficile dubitare: l’ingegno maschile ha dietro di sé (e gli viene così naturale nasconderlo!) l’autentico genio femminile (le rarissime eccezioni, sono maschietti con una forte componente di personalità femminile), ed è questo che ha fatto la storia dell’umanità. I maschi, sapendolo e non potendo farci niente, hanno pensato bene di nasconderne il valore spingendo sull’importanza della forza, del coraggio, dell’abilità tecnica, ecc. E quando, con la civiltà più evoluta, della forza e del coraggio non c’era più oggettivamente gran bisogno, allora hanno inventato le gare, lo sport, il salto con l’elastico, il paracadutismo acrobatico, la guerra per il potere; insomma tutto quanto poteva servire a esibire la loro prestanza altrimenti inutile. Le donne lo hanno capito subito, e hanno lasciato fare, almeno fino a quel tanto che non era di ostacolo per loro a fare le cose che contavano davvero: amare se stesse, la vita (quella propria e quella generata), la bellezza. In fondo, a tredici anni loro diventano donne; i maschi restano ‘figli’ per sempre. Questo giochino ha funzionato fino a quando si ballava il minuetto; già il tango l’ha messo in crisi, e il rock ha dato la spallata finale. Dopo è stato il caos, e l’illusione del ‘mercato’ ha agito come un frullatore, omogeneizzando e rendendo più facilmente digeribili (ed espellibili) tutte le diversità che rendono meravigliosamente complicato il nostro mondo: tutti erano identici (non uguali) a tutti, e diverso era solo chi era capace di dire a tutti come dovevano essere. Ma questo funzionava solo a guardare la realtà un pezzettino per volta, a considerare un raggio corto intorno a sé: se l’occhio andava più in là si vedeva che c’erano dei ‘meno uguali’, e che cominciavano ad averne le tasche piene. E di nuovo a gridare la sveglia erano gli sguardi dolci e profondamente tristi delle donne nere con i loro bimbi macilenti, delle donne mutilate della Sierra Leone, delle donne del Rwanda, dell’Afghanistan o dell’Iraq o della Palestina, del Brasile, del Kossovo e di altre innumerevoli realtà: quegli sguardi costituivano il silente e bruciante atto d’accusa ai nani e alle ballerine, alle veline e alle Megane Gale che ‘sono’ l’immagine di noi nel mondo. Solo l’immagine. Che addormenta anche noi, e che ci fa pensare all’odore che può restare sui vassoi rigovernati come a problema cogente. Perché la realtà, poi, è altra. E mentre i maschietti si distraggono allo stadio e locali annessi, le madri stanno dolorose e lacrimanti davanti alla croce da cui pendono i figli (anche i nostri): la croce della disperazione, dell’annientamento nell’alcol e nella droga, dell’incapacità di amare ed essere felici. Aspettano la resurrezione. Madri coraggio, le chiamiamo; e a ragione. I padri coraggio sono così pochi. E allora ecco ripartire la Storia, e trovare respiro la speranza che qualcosa possa rinascere. Senza bisogno di record, o di medaglie, o di ‘Guinnes’; ma per istinto di vita, per amore nativo e inesausto: l’uovo di Colombo, appunto. Cara signora Colombo, l’avevamo capito subito che c’era lei dietro il Tenente, anche se non si vede mai in giro a sottrargli la scena, come appunto la sua collega dei telefilm. Perché in fondo in questo nostro mondo organizzato dai maschietti per lenire la loro noia, ancora non è venuto il tempo della verità, e tutto deve funzionare secondo le regole del gioco da loro inventato. Ma la storia cammina. E già il tenente Colombo è consapevole della verità, e ha cominciato timidamente a dirlo. Suscitando forse l’ilarità degli interlocutori, per ora; ma svelando la essenziale natura della propria capacità di pensare e agire. Quanto al suo Tenente, quasi perfette le analogie estetiche. Forse lei potrebbe lavorare ancora un pochino sull’imitazione di altre caratteristiche del modello televisivo: la problematicità ininterrotta, la considerazione dei dettagli, la logica sempre stringente delle deduzioni, la pacatezza, l’imperturbabilità, l’assenza di animosità, di rissosità, di ogni vago rancore… Siamo felici che lei ci sia e che ci sia il suo Tenente. E con lei, le altre mille mogli dei mille tenenti Colombo che costituiscono una parte della nostra speranza. Beatrice accompagnò Dante alla contemplazione di Dio. Noi siamo già contenti se le signore Colombo ci tirano un po’ fuori dalla ‘selva oscura’ della stupidità diffusa. Per ora. Alla speranza non poniamo limiti. Con amicizia, Luigi. Caro Luigi, Prendo spunto dalla missiva inviatami in quanto “moglie del tenente Colombo” per una doverosa risposta, stimolata fortemente da alcune tue considerazioni e da un senso generale che traspare dal tuo scritto, come pure, in modo forse poco comprensibilmente ironico, dall’”a sciambere” di Sergio. Insomma l’immagine di questa donna premurosa, che sta silente al fianco di un uomo che grazie a lei può esprimere tutta la sua genialità, non mi piace affatto. E’ anche questo un giochetto per mettere da parte le donne, le donne del nostro tempo e del nostro mondo, che si laureano prima, di più e meglio degli uomini, che sono brave nel lavoro, ma che riescono solo in percentuali minime a raggiungere posti direzionali. E’ vero, questo avviene perché le cose a cui danno valore le donne sono altre, più vicine alla vita, come dici tu, ma non avviene anche perché gli uomini, soprattutto i genii, a queste cose danno meno valore? E non credi che queste donne possano pretendere che anche i loro compagni ne diano altrettanto, vista la trasformazione che hanno fatto loro stesse? Non sarebbero più felici anche loro? E non sarebbero geni più attenti ai bisogni più vitali degli altri, attenzione così utile per chi in un modo o nell’altro degli altri si vuole occupare? E non ci sarebbe meno rabbia repressa nel non stirare le camicie dei mariti, visto che loro non ci pensano neppure a riparare le saracinesche? (L’impermeabile spiegazzato del tenente Colombo spiegato da sua moglie). Ma tutto questo non si riflette anche al di fuori dell’insignificante mondo che si racchiude all’interno delle pareti domestiche? Penso alle ultime elezioni a Portoferraio ed alla rappresentanza femminile nella lista di centro sinistra e poi in consiglio comunale. Il giorno della presentazione della lista qualcuno (una donna, con una breve frase) fa notare che le donne in lista sono solo 4. Imbarazzo generale! Ma, durante le estenuanti trattative di tutto si era tenuto conto fuorché della rappresentanza di genere. Tanto è vero che i gruppi più consistenti elettoralmente (DS, Margherita, Rifondazione e l’innovativa “L’isola e la città”) non avevano in lista neppure una donna. In realtà durante la formazione della lista qualche nome di donna era stato fatto. So che ad una signora è stato detto da qualcuno: “Guarda che ti chiederanno di entrare, ma te lo chiedono per fare fuori Tizio, digli di no”. Ma forse qualcosa di simile è successo a tutte quelle numerose donne, ingegnere, laureate in economia, imprenditrici, insegnanti, che con passione, impegno e competenza pari agli uomini, hanno partecipato al tavolo per il programma elettorale. Solo che loro poi non hanno mai detto “Perché non io?”. (Qualche donna semmai è capace di dire: “perché non lui?”, riferendosi al genio che crede di avere al fianco). E sai perché? Perché quello che distingue ancora le donne dagli uomini (almeno la stragrande maggioranza) è il pudore, l’umiltà ed un diverso significato alla parola dignità, che non vuol dire imporre la propria presenza a chi non la tollera, ma sapersi fare da parte con dignità, appunto, mettendo a freno anche l’eventuale rabbia e consolandosi con il sollievo per il tempo risparmiato per i compiti “naturali”. Siamo arrivati ad un consiglio comunale in cui del centrosinistra è stata eletta dai cittadini solo una donna ed una c’è in quanto assessore. Forse c’è da rivedere qualcosa. Forse siamo ancora in tempo? Insomma, caro Luigi, per tornare dalle stalle alle stelle, il tuo è un intelligente e generoso excursus storico geografico sulla condizione della donna, vista comunque con l’ottica di un uomo. Ti invito, con questa mia, a riflettere, con l’intelligenza che riconosco a tutti i tuoi interventi e con gli occhi dalla parte delle donne. Non seguirò il tuo consiglio di investire le mie energie nel compito di perfezionare le qualità del mio tenente Colombo, ché a questo ci deve pensare lui. E spero, ormai più per le mie figlie che per me, che gli uomini smettano finalmente di essere figli e tornino ad essere padri, o meglio che imparino ad esserlo a fianco di queste nuove donne, madri, persone di genere diverso. A presto
Peter Falk Tenente Colombo 1
Peter Falk tenente colombo 2