“Omnia munda mundis” (“tutto è puro per i puri”: trad. Grittini), rispose fra’ Cristoforo al frate che gli manifestava perplessità per la presenza di due donne (Agnese e Lucia) al convento, di notte. Ora se c’è un puro nel mondo (e nel particolare mondo PCI-PDS-DS) quello è sicuramente Lorenzo Marchetti. Ma non può approfittarsene. Con affetto e stima, allora, ci “corre l’obbligo” di correggerlo fraternamente. Partiamo dal suo intervento su “Elbareport” (del 29 luglio u. s.; il 3586°, se abbiamo contato bene), che si apre con una meravigliosa battuta: “Forse, a causa della mia formazione politica (ho sempre e solo militato nel PCI-PDS-DS), affermo a chiare note che non mi affascina assegnare certificati, patentini o premi “fedeltà”. Parla di un partito che ha “processato” tutti e singoli quelli che non potevano esibire una immacolata “patente di fedeltà” alla “linea” (a cominciare da Togliatti per la sua “storia” con Nilde Jotti). A testimoniare che il puro Marchetti c’era, ma dormiva. Si domanda poi “qual è il blocco sociale che si è costituito intorno ai sindaci eletti all’Elba il 13 giugno”. Compagno, il blocco sociale, in una società chiusa e statica, è sempre lo stesso: nel caso in questione è quello che prima aveva detto sì e ora ha detto “no alle liste che si richiamavano al Polo, o Casa delle Libertà qual si voglia”. Cioè si tratta di “quel vasto movimento di donne e uomini che nei mesi scorsi ha detto basta all’antipolitica sintetizzata nello slogan «l’Elba agli elbani»”, e che negli anni precedenti aveva detto basta alla ‘politica’ delle parole a vuoto della sinistra che governava. Insomma, all’Elba non è nato “un movimento che pretende un rinnovamento vero”, perché in qualche modo c’è sempre stato (qui e altrove), e di volta in volta si affida a chi fa sperare che le cose cambino in meglio. Questa, caro Marchetti, è l’Isola di sempre (ma anche l’Italia di sempre), di volta in volta “preoccupata di uscire della grave crisi morale ed economica”, “che guarda con speranza al proprio futuro”, quella dell’“elbanità” (o dell’Italianità), che vive concentrata sui propri problemi, aspettando che qualcuno li risolva; che se ne sta chiusa mentalmente nel proprio ‘isolamento’ a guardare la propria bellezza e a salvaguardare la propria pace. E’ senz’altro sacrosanto che “corre l’obbligo morale, civile e politico di guardare avanti e, prima di parlare d’organigrammi, di presidenze e assessorati, è indispensabile esplicitare la nuova «Idea di Isola»”. Ma i partiti (a cominciare dal tuo) si sono già da tempo “allontanati dai cittadini”, senza per questo rinunciare a serrarsi “nelle loro stanze con il Cencelli sottomano” (Portoferraio docet, come direbbe Grittini). Il rimedio, però, non può essere ancora una volta “discutere apertamente e liberamente, fuori dagli stretti legami di appartenenza partitica”. E gli “stati generali dei progressisti dell’Elba” continuano a essere formati da quelli che ci sono sempre stati in giro, salve poche felici eccezioni. E “il teatrino della politica” è tutt’altro che desueto. Bisogna forse partire dalla società che vogliamo (non “dall’Isola che vogliamo”), ben oltre “gli impegni assunti con gli elettori nei singoli comuni”. Guardare lontano, concepire progetti di ampio respiro, costituirsi come laboratorio di sperimentazione di nuovi modelli di sviluppo e di economia: mirare alto, insomma, altissimo; chiamando tutti a partecipare a un’impresa davvero coinvolgente perché ‘grande’. E allora “le donne e gli uomini giusti” (questa stupidaggine del “fare squadra” lasciamola a Berlusconi e ai suoi tifosi; parliamo di realistica valutazione delle competenze proprie e altrui, di dimensione di servizio, di senso alto delle Istituzioni, di corresponsabilità: così sparirà ogni protagonismo e ogni servilismo) verranno fuori perché sapranno coinvolgere e trainare gli altri, e saranno scelti per la loro autorevolezza e non per il loro presunto potere. “Donne e uomini” (ma va bene anche “uomini e donne”: non è il formalismo verbale, ma la sostanza della considerazione per il contributo di ognuno, a definire il vero “politically correct”) “che nella pratica di governo abbiano, e dimostrino coerentemente di avere, una chiara e sincera visione comprensoriale”, dice ancora Marchetti. E’ troppo poco. La chiara e sincera visione richiesta deve essere quella del mondo intero. “In definitiva che siano in grado di guardare oltre il ponticello”, ma non “del loro municipio” quanto piuttosto della nostra isola, perché l’“elbanità” non sia una la bandiera di un clan ma un marchio di qualità culturale, economica e politica. “Tutto è puro per i puri”. Col puro Marchetti non c’è riuscito di scherzare: con il suo pensiero un po’ ‘retrò’ è comunque capace di stimolare pensieri seri.
3 mari panorama lacona