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IL PERSECUTORE di Julio Cortázar

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : domenica, 25 luglio 2004

L’amore di Julio Cortázar per la musica nasce quando, quattordicenne, scopre il jazz alla radio. E’ il 1928. Gli anni dell’adolescenza sono quelli delle grandi passioni: “Fra il 1930 e il 1932, ho iniziato a frequentare gli incontri di boxe. E' allora che, come dire?, mi sono fabbricato una sorta di filosofia della boxe, eliminando tutto l'aspetto sanguinario e crudele che suscita tanta collera e tanta riprovazione". Nello stesso periodo l’amore per la lettura e la scrittura diventano scelta di vita definitiva: “ In una libreria vidi il libro di un certo Jean Cocteau, intitolato Opium e il cui sottotitolo era "Journal d'une désintoxication" […] Quel piccolo libro mi ha fatto immergere per la prima volta la testa non solo nella letteratura moderna, ma nel mondo moderno" Nel 1959 Cortazár dedica al jazz un’opera molto particolare, una surreale biografia di Charlie Parker, le cui ossessioni creative rappresentano la sintesi di tutta la drammatica complessità dell’essere artisti. Un romanzo breve in cui la musica è lo strumento per mettere a confronto due opposti della natura umana e in cui l’autore rivela tutta la sua passione oltre che per la musica, anche per uno strumento letterario che segnerà tutta la sua attività artistica e a cui si è sempre dedicato con risultati di valore assoluto. Come un fotografo, infatti, uno scrittore di racconti deve avere la capacità di circoscrivere un evento significativo e farlo diventare qualcosa che va oltre le parole, che deve essere colto nella sua essenza e lascia grande spazio alla sensibiltà del lettore, proprio perché lo colpisce con la sua immediatezza. “Uno scrittore argentino che ama molto la boxe (Adolfo Bioy Casares) mi diceva che, in quella lotta che si instaura sempre fra un testo e il suo lettore, il romanzo vince ai punti, mentre il racconto deve vincere per 'knock out'. " Ne “Il persecutore” Johnny Carter, personaggio dietro cui si cela l’immenso sassofonista jazz Charlie Parker, è l’artista maledetto, il genio sempre sull’orlo di un abisso fatto di eccessi. Di alcol, droghe, sesso, ma soprattutto di amore per un talento che non percepisce totale fino in fondo proprio perché non riesce a condurlo oltre il limite della perfezione, da qui l’insoddisfazione per esecuzioni che incantano chi ascolta ma non chi suona, tranne quella volta, l’unica, insieme a Miles (Davis): “Mi udivo come se da un posto lontanissimo, ma dentro me stesso, accanto a me stesso, qualcuno stesse in piedi. Senza essere a New York, e soprattutto senza che ci fosse un dopo…Per un istante non ci fu altro che sempre”. E il tempo gioca un ruolo fondamentale nella vicenda di un uomo che suona solo per esserne padrone, che non chiede limiti se non quello della sua creatività, che in un momento di lucida allucinazione sfoga la sua rabbia contro chi lo ha paragonato a Dio: “Non voglio il tuo Dio, non è mai stato il mio.” Un uomo che è emblema del disordine e della precarietà, ma che grazie ad un dono divino diventa simbolo di vitalità nel suo complesso, e il cui disagio si manifesta proprio nella dissociazione fra il presente e la musica: “la sto suonando domani”. A lui si contrappone un “uomo qualunque”, il suo biografo Bruno V., la voce narrante, il tramite fra il fenomeno e tutto ciò che lo circonda, che vive nella sua ombra ma non riesce a coglierne gli aspetti più intimi. O forse non gli interessano, perché non sono commerciabili. Da una parte l’insoddisfazione dell’assoluto, dall’altra l’accettazione della mediocrità. Due modi di essere che si sfiorano, si toccano e a volte, forse, si amano, ma mai fino in fondo. Troppo diversi per potersi dare completamente. Anzi, è forse proprio nella debolezza del genio che a tratti si lascia scoprire la sua vera grandezza, ricevendo in cambio cinica attesa, anche della sua morte. Le vendite del libro ne guadagnerebbero. Eppure Bruno è sincero nella sua passione per la musica di Johnny, come lo è verso le sue sensazioni, senza però comprenderne fino in fondo l’essenza più profonda, come invece invocato da ogni eccesso dell’artista. Con un linguaggio immediato e incalzante Cortázar ci regala una prosa raffinata, sintesi fra una straordinaria cultura personale e una conoscenza approfondita anche di chi vive ai margini della società. "Sono stato effettivamente traduttore pubblico a Buenos Aires, dove avevo un ufficio e ho tradotto la posta delle prostitute del porto che mi portavano le lettere dei loro marinai, inviate da tutti gli angoli del globo". Da questa capacità di descrivere le contraddizioni, di far convergere gli opposti per poi separarli definitivamente nasce la percezione del limite vero di rapporti che a volte diventano impossibile e che troppo spesso caratterizzano le dinamiche fra gli uomini, e in cui l’altro, alla fine, resta uno sconosciuto. Michele Castelvecchi Julio Cortázar IL PERSECUTORE EINAUDI Arcipelago Euro 9,50


parker jazz musicista

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