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Controcopertina: La questione dell’affitto degli alloggi privati nei mesi estivi

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : martedì, 13 luglio 2004

Colgo anch’io l’occasione del dibattito apertosi a margine dell’incontro dei Verdi –al quale non ho per la verità partecipato– per un contributo che spero sia di chiarezza e costruttivo. La questione dell’affitto degli alloggi privati nei mesi estivi è tale da meritare un ragionamento più complesso sia in ordine alla sua reale redditività nelle condizioni presenti, sia in relazione alle considerazioni svolte da “Elbareport” sugli effetti collaterali. Premetto subito che il ragionamento non ha un esito preconcetto nella condanna o nell’esclusione di quell’attività, ma intende semmai avviarne una prospettiva dinamica. Forse è vero che per molti dei nostri concittadini l’affitto estivo costituisce una utile fonte integrativa di reddito, ma la casistica è in realtà assai varia. All’Elba si trovano case per 1000 € al mese (nei borghi di collina) e per 2500 € alla settimana (sul mare). Nella prima fascia considerata, che può oscillare fino a 1500-1750, considerando il tempo medio di attività di due mesi, appare del tutto evidente che il reddito prodotto equivale, nella migliore delle ipotesi, al mantenimento del capitale –ci sono tetti, facciate, impianti da mantenere ordinariamente e straordinariamente, e con molta più frequenza che non nelle case sempre ‘aperte’–; e in questi casi l’eventuale evasione fiscale è poco rilevante. Ma, a conti fatti, converrebbe davvero affittare per tutto l’anno, senza più avere problemi di manutenzione, pulizia, ricambi di suppellettili, luce, acqua, gas, ecc. Nella seconda fascia, invece, c’è una reale produzione di reddito; e, quando c’è, è una evasione realmente “da capogiro”. Un primo effetto collaterale, come segnalava “Elbareport”, è l’indisponibilità di case per i residenti, soprattutto giovani, perché la ‘loro’ domanda preme su un mercato già saturo dalla domanda estiva, e produce aumenti di prezzi vertiginosi, oltre che lo spostarsi della pressione sulla richiesta di nuovi spazi per l’edificazione di nuove ‘prime’ case. Un secondo effetto è lo svuotamento autunnale, invernale e primaverile dei centri abitati (gli spettrali ‘Residence’), e la fine del mercato interno (l’attività commerciale ha un letargo corrispondente). Segnalerei un terzo effetto collaterale perniciosissimo, che potremmo definire di “evasione ecologica”. Quasi tutte le case in affitto appartenenti alla prima fascia e un notevole numero di quelle appartenente alla seconda vengono affittate con la formula dei “posti letto”: il che significa che in 40 mq. è possibile trovare 6-8 posti letto ‘ufficiali’, più quelli ‘di fortuna’, incalcolabili. Questo vuol dire che il consumo di acqua e la produzione di rifiuti solidi urbani risulta –a voler essere cauti– cinque volte superiore a quella ‘normale’: e siccome i costi pagati dagli utenti per tali servizi corrispondono ad un rimborso solo molto parziale del costo effettivo di erogazione a carico dei Comuni, il risultato è che la comunità nel suo insieme paga il costo della differenza senza condividere il reddito dei singoli proprietari/locatori, neppure sotto forma di tasse qualora l’affitto sia ‘al nero’. Per la stessa ragione il frequente ricambio di inquilini (settimanali o al massimo quindicinali) richiede interventi di pulizia straordinaria, con ricaduta sui costi di acqua e rimozione dei rifiuti ancora una volta a carico della comunità, e con impatto ecologico gravissimo. Se questo è lo stato presente, non è necessario che resti tale. E qui ha ragionissima Umberto Gentini: “Non ho mai pensato che i datori di alloggio privato siano dei parassiti, ritengo invece che debbano partecipare attivamente al processo di riqualificazione dell’offerta turistica ed al rilancio dell'immagine dell’Isola”. Il punto è questo, ed è lo stesso per l’attività degli operatori turistici. Bisogna investire in riqualificazione delle infrastrutture e dei servizi. Nella condizione presente quasi tutte le case della prima fascia identificata hanno una struttura interna immaginata per gli abitanti isolani di cinquanta, cento, cinquecento anni fa (cucina grande, camere grandi, niente soggiorni: il soggiorno, allora, era il paese, e non si sentiva il bisogno di ‘ricevere’ in casa), e sono in grado di corrispondere alla mera esigenza del dormire e del cucinare, ma non dello ‘stare’; il che identifica immediatamente un ‘target’ di ospiti poco esigente e poco produttiva sotto il profilo delle attività correlate al turismo (quelli che si portano da casa anche l’acqua minerale). Gli arredamenti interni e le suppellettili, poi –ma questo vale ahimè anche per le case della seconda fascia– sono per solito o anonimi (IKEA è il massimo) o residuali, insomma sufficienti a servire all’uso necessario, ma non certo entusiasmanti né tali da essere proposti volentieri a ospiti esterni. Tutto questo identifica la casa presa in affitto come dormitorio, a scapito di una vita sociale che domanda e stimola servizi più rilevanti (ad esempio la disponibilità di comunicazioni telematiche). Va da sé che la realizzazione di interventi di adeguamento delle case date in affitto alle esigenze di un pubblico più selezionato e redditivo richiedono investimenti (che però sono ‘lavoro’ creato per l’edilizia e l’indotto), ma producono risultati economici ben più rilevanti di quelli attualmente prodotti, pur diminuendo il numero delle presenze e il conseguente impatto ambientale. Senza contare la possibilità di intervenire prevedendo un uso non solo estivo, e costituendo quindi un’offerta di ospitalità fuori stagione meno impegnativa, sotto il profilo organizzativo, del tenere aperto un albergo di grandi dimensioni. Un investimento alternativo potrebbe poi essere compiuto dalle amministrazioni pubbliche. Gli investimenti che esse sono costrette a fare per sopperire alla cronica mancanza di abitazioni, solitamente sacrificando parte del territorio all’edificazione di nuove case, potrebbero essere indirizzati a contribuire all’acquisto, da parte dei cittadini in cerca della prima casa, delle case esistenti e destinate all’affitto stagionale. Questa operazione avrebbe un effetto calmiere anche in presenza di un mercato ‘drogato’ come l’attuale, e progressivamente richiamerebbe verso i centri i cittadini che attualmente vengono spinti nel villagi-satellite, evitando così l’effetto dei ‘Residence spettrali’ in inverno. I giovani rioccupanti i paesi dei loro avi, o comunque i vecchi centri, sarebbero nuove forze per la creazione di servizi, impegnandosi in una riqualificata attività turistica non meramente costituita da affitti di camere. E la pressione sul territorio rallenterebbe fino a limiti fisiologici. Questo, a mio avviso, è il “partecipare attivamente al processo di riqualificazione dell’offerta turistica ed al rilancio dell’immagine dell'Isola”, almeno per quanto riguarda i privati cittadini. E non per rimetterci, ma per trarre vantaggi infinitamente superiori per sé e per tutti.


luigi totaro

luigi totaro