C'è un fantasma che assilla i sonni degli amministratori continentali e che ha aleggiato per ore nella sala consiliare del comune di Portoferraio, riempita come non mai dai massimi amministratori regionali e provinciali: il fantasma dell'autonomia elbana. Di questo si è parlato, in sostanza, mercoledì 8 gennaio nell'incontro voluto dal Presidente regionale Claudio Martini. Questa autonomia, dal volto inquietante e minaccioso di una provincia autonoma, è stata richiesta da cinque sindaci su otto e dal Presidente della Comunità Montana, tutti presenti in sala. Da qui la discesa in forze, nonostante una giornata di pioggia. Quindi, schieramenti al competo nelle rispettive metà campo. Formazione autonomista: cinque sindaci, fra cui un senatore sottosegretario, il Presidente della Comunità Montana, un consigliere regionale, tutte le categorie economiche (escluse Confesercenti e Cna, a direzione continentale). Formazione continentale: la Regione, la Provincia, la Port Authority di Piombino, tre sindaci di sinistra, il Parco nazionale, le associazioni collaborazioniste (tutte, ribadiamo, a direzione continentale): Confesercenti, CNA (l'associazione degli artigiani), Legambiente, WWF. La linea che divide le forze in campo: il canale di Piombino. Oggetto del contendere, detto in parole povere: chi ha il diritto di comandare in quest'isola? Non è la prima volta che queste formazioni si affrontano: la lotta contro l'istituzione dell’Ente Parco non è stata tra chi voleva proteggere l'ambiente e chi lo voleva distruggere, come solo gli ingenui hanno creduto. Ma su chi aveva il diritto di gestire il territorio, così bello, così fragile, ma soprattutto così ricco. Dunque, sul diritto delle popolazioni locali a comandare in casa propria. Ha vinto, come si sa, la formazione continentale, aiutata dai collaborazionisti (ascari). Vittoria amara: i locali si sono rifatti vincendo le elezioni e, il colmo della beffa, gestendo il Parco che non volevano. Si sono affrontate, queste formazioni, anche per la storia dei fanghi velenosi, che da Piombino dovevano essere sversati presso le nostre coste; per le vicende legate al bidone al veleno del Buraccio (adesso dovremo pagare 16 miliardi un ammasso di inutile ferraglia: l’impianto che tutto il mondo ci invidiava); per la sanità e per lo spostamento dei centri direzionali in continente, ecc. Si sono trovati e si troveranno sempre di fronte, questi schieramenti, tutte le volte che gli elbani hanno preteso e pretenderanno di dire la loro sui problemi che li riguardano. Quello che fino ad adesso sono riusciti ad ottenere è solo l'accusa di gretto localismo. Non c’è male. Il presidente Martini, che ha preso la parola dopo l'intervento autonomista di Ageno, persona preparata e gradevole, ha insaponato bene gli argomenti e forse avrà convinto qualcuno della bontà del prodotto che intendeva venderci. Solo che il diritto degli elbani a gestire le proprie cose non può essere limitato, venduto o concesso. Non si tratta della richiesta di istituire il principato dell'Elba ma, come giustamente ha detto Febbo, di gestire localmente i servizi essenziali, quali i servizi idrici e lo smaltimento dei rifiuti solidi (con la creazione di due sub-ambiti), la sanità, ecc.. Problemi che possono essere risolti solo da chi li conosce bene , da chi vive in quest'isola 365 giorni all'anno, con tutti i tempi, e non fugge davanti allo scirocco, come sono abituati a fare i “visi pallidi” con i loro loden ben stirati. Adesso, bisogna riconoscere che qualcosa è cambiato nell'atteggiamento dei continentali e questo fa ben sperare per il futuro. In fin dei conti, l’idea di risolvere i problemi locali localmente non nasce da un'ideologia, ma dal semplice buon senso. La sinistra, sulla scorta degli errori dl passato, non lasci alla destra la bandiera dell'autonomia, che si risolve, in definitiva, nella gestione dei servizi essenziali (acqua, rifiuti, sanità, trasporti, ecc.). Sono questioni, queste, che assillano non solo le categorie economiche, ma anche la stragrande maggioranza della popolazione locale. Cercare di capire questo e discuterne senza demonizzare nessuno significa stare vicino alla comunità elbana e ai suoi problemi. La gente, che ormai ha rinunciato a sognare "un altro mondo possibile", si contenta di poco . Chiede solo di poter decidere autonomamente il proprio futuro.