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Solo con i cacciatori non si risolve l’emergenza cinghiali

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : venerdì, 17 gennaio 2003

La media dei cinghiali abbattuti nel Parco Nazionale nel corso delle ultime braccate sono decisamente inferiori rispetto ai risultati ottenuti a dicembre e nei primi giorni di gennaio. Se questo andamento non cambierà, sarà evidente a tutti che, come sosteniamo da anni, i cacciatori non hanno interesse a risolvere l’emergenza cinghiali all’Isola d’Elba. Dopo una prima fase nella quale i cacciatori hanno potuto muoversi liberamente all’interno dell’Area Protetta, l’Ente Parco ha, con una nuova ordinanza del Commissario, opportunamente cercato di intensificare gli interventi nelle zone dove maggiori sono state le segnalazioni di danni alle coltivazioni o di pericolo per la viabilità stradale. Infatti, solo ulteriori massicci abbattimenti ridurrebbero in modo significativo la popolazione degli ungulati, solo così si potrebbero verificare le reali intenzioni dei cacciatori a collaborare lealmente con l’Ente Parco. Invece, a fronte degli incidenti stradali causati da cinghiali e delle quotidiane denunce di danni arrecati ai fondi agricoli e non, gli abbattimenti all’interno dell’Area Protetta diminuiscono la loro efficacia. Le spiegazioni possono essere due: mancanza di volontà o incapacità da parte della componente venatoria. Noi propendiamo per la prima ipotesi (è ovvio che è interesse dei cacciatori impedire un’eccessiva riduzione della popolazione di ungulati), comunque, è sicuro che affidare, quasi esclusivamente, la gestione dell’emergenza cinghiali ai cacciatori significa, di fatto, non risolvere il problema. Il nuovo esperimento delle braccate nel Parco ripercorre le orme di quelli falliti negli anni passati e rischia di ottenere il medesimo deludente risultato. Per questi motivi LEGAMBIENTE rivolge un appello agli Enti preposti alla gestione della fauna all’Elba perché concordino un piano di prelievi che permetta la sostanziale riduzione della popolazione dei cinghiali, così da creare i presupposti per una eradicazione di questi ibridi semidomestici. I metodi e gli obiettivi da raggiungere sono indicati dall’esperienza di questi ultimi anni di insuccessi. Fuori dell’area protetta la Provincia dovrebbe programmare una campagna di trappolamento efficace, prevedere braccate straordinarie con un minimo di 50 cacciatori (evitando, come è successo quest’anno, modifiche al calendario venatorio che finiscono per mettere in contrasto i cacciatori di cinghiali con gli altri e ostacolare gli abbattimenti), intensificare gli efficaci abbattimenti della Polizia Provinciale all’aspetto e alla cerca. L’Ente Parco dovrebbe: permettere braccate, con minimo 50 operatori, nelle zone individuate ad alta concentrazione di cinghiali o dove vi siano danneggiamenti, in base ad un serio piano di intervento; iniziare da subito una massiccia campagna di abbattimenti all’aspetto e alla cerca con personale istituzionale, se i cacciatori avessero realmente intenzione di ridurre il numero di cinghiali dovrebbero collaborare con un certo numero di abbattitori formati con corsi specifici. L’obiettivo minimo dovrebbe essere almeno quello dei risultati ottenuti con la stagione 1999/2000, durante la quale sono stati abbattuti il più alto numero di cinghiali, circa 1000 capi. Ma negli anni successivi le segnalazioni di danni sono rimaste tantissime. Quindi, anche 1000 cinghiali abbattuti non permettono una riduzione efficace della popolazione. E’ ragionevole ritenere che per tentare una riduzione significativa si debbano prelevare un minimo di 1300 cinghiali all’Elba nella stagione 2002-2003 (gli 800 previsti dall’accordo Parco ATC e almeno 500 fuori parco). Queste azioni sono indispensabili per garantire l’avvio della soluzione di un’emergenza che riguarda la sicurezza dei cittadini e che ha messo in ginocchio le attività agricole.


cinghiale primo piano

cinghiale primo piano