Il Premio letterario Isola d’Elba, R. Brignetti quest’anno è giunto alla sua 32° edizione.Sarebbe un premio maturo,secondo l’ottica di Stephen Vizinczey, che vince con il libro “Elogio delle donne mature”,un libro che è una specie di iniziazione alla vita,una conoscenza del mondo attraverso le esperienze erotiche del protagonista,Andràs,che,deluso e mortificato dalle storie con le adolescenti, dalle loro risatine nervose,preferisce intrattenere legami e rapporti con donne più grandi di lui, mentre nel frattempo si svolgono alcuni significativi episodi della storia del ‘900. Così, la sera del 19 giugno,al Centro congressuale De Laugier,si è svolta la cerimonia della premiazione che anche quest’anno ha visto come madrina d’eccezione l’attrice Maria Grazia Cucinotta, prorompente bellezza mediterranea, sorridente e gentile, che ha parlato delle sue ultime fatiche cinematografiche e della produzione di un prossimo film che vede il mondo dei bambini al centro delle sue attenzioni. Dopo gli interventi e i ringraziamenti del Presidente del Comitato Promotore Antonio Bracali e del Prof. Emerico Giachery che hanno ricordato con commozione le persone di cultura legate all’Elba e al premio,di recente scomparse,è cambiato qualcosa quando in sala il Presidente della Giuria Letteraria Alberto Brandani ha invitato il vincitore a salire sul palco. La serata da quel momento da formale è diventata intima,grazie anche a qualche intervento non serioso dello scrittore Gaspare Barbiellini Amidei,che ha contribuito ad alleggerire l’atmosfera. In un italiano appena leggermente stentato, lo scrittore ha parlato con naturalezza della sua vita avventurosa e così abbiamo scoperto una personalità originale, che ha vissuto la vita intensamente, conoscendo e vivendo in diversi Stati tra cui l’Austria, l’Italia, dove ha vissuto due anni, e il Canada, paese di elezione dopo che andò via dalla sua originaria nazione, l’Ungheria, sconvolta dall’occupazione russa del 1956.Ha raccontato di come, lavorando per una televisione canadese, è diventato un giornalista scomodo, perché scavava nel fondo delle cose; uno che andava bene finché criticava lo stalinismo, ma che diventava un personaggio da censurare quando metteva in discussione l’impero americano o denunciava, già nei primi anni ’60, la pericolosità delle scorie delle centrali nucleari. Per questo gli fu impedito di occuparsi di altre inchieste, pagato lo stesso ma purché non lavorasse, purché non rompesse gli schemi. Ha messo in guardia, Vizinczey, della pericolosità dell’omologazione dell’informazione. I media che danno tutti la stessa notizia spesso allo stesso modo, non servono, dice ancora lo scrittore, a risolvere i problemi della gente. Occorrono voci fuori dal coro, occorre coraggio; lo stesso coraggio che ha avuto lui nel periodo di inattività da giornalista, per scrivere e pubblicare in proprio, esattamente nel 1965 “Elogio delle donne mature”, che riscosse da subito un enorme successo, e ora finalmente è stato tradotto in italiano dall’editore Marsilio. Quando un giurato, con una lunga perifrasi che riassumeva le vicende della vita avventurosa dello scrittore ha chiesto perché mai lui, ungherese, dopo poco che stava in Canada, decise di scrivere il libro in un inglese perfetto, anziché nella lingua madre, Vizinczey, allargando le braccia, ha sintetizzato bene il concetto con una sola, lapidaria parola che ha fatto esplodere tutta la sala in una risata fragorosa: “Fame!”. A un’esortazione proveniente dal pubblico, dalla giornalista Anna Corradini Porta su un prossimo auspicabile libro in italiano, Stephen Vizinczey, pur apprezzando la musicalità della lingua italiana, ne ha escluso la possibilità perché la scrittura, dice convinto, è un’arte seria che va continuamente praticata e affinata. Per essere un bravo scrittore bisogna essere padroni della lingua, afferrarne tutte le sfumature. La letteratura come missione, dunque, come unica possibile scelta di vita.“Non so fare altro che scrivere da quando avevo 4 anni” afferma sornione ma convinto lo scrittore dalla faccia aperta e dai capelli bianchi. Il pubblico, soprattutto quello femminile e attempato– praticamente la totalità delle donne mature presenti in sala - è stato conquistato dall’arguzia di Vizinczey, che già nel titolo dell’opera ha voluto accattivarsi la benevolenza del mondo femminile. Dice in un passo del libro parlando agli altri uomini ma riferendosi alle donne: “Se nel profondo del cuore le odiate, se sognate di umiliarle, se vi piace dar loro ordini, allora probabilmente verrete ripagati con la stessa moneta.Vi desidereranno e vi ameranno nella stessa misura in cui voi le desidererete e le amerete – e sia lode alla loro generosità”. Quello che conta è l’interesse per le donne.E’ terminata così, sulle note di un tango argentino, con la voce possente della cantante Adele Cossi, la serata culturale illuminata dalle fiaccole, nel piccolo chiostro fiorito che sa di mistero e di tempi passati.
Cucinotta
Vizinczey premio letterario