Chiuse le indagini della Procura di Livorno che hanno travolto nei giorni scorsi i vertici dell' amministrazione comunale di Portoferraio. In carcere erano finiti il sindaco Giovanni Ageno, suo figlio Nicola, l' assessore Alberto Fratti, la dirigente dell'Ufficio Urbanistica, Sandra Maltinti, e gli imprenditori Tiziano Nocentini e Marco Regano, tutti accusati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di vari reati e al voto di scambio. Nella stessa inchiesta, condotta dal sostituto procuratore Roberto Pennisi, risultano indagate altre quattro persone: Annalisa Di Pede, presidente della commissione Demanio e patrimonio del comune; Annunziata Fusco, segretaria generale del comune, e gli imprenditori Enrico e Giuseppe Cioni, tutti accusati per abuso d'ufficio e falso in concorso. La notifica dell'avviso di chiusura indagini è stata fatta lo scorso 7 giugno, e da allora gli indagati hanno 20 giorni di tempo per presentare le loro memorie difensive, poi il pubblico ministero formulerà la richiesta di rinvio a giudizio. Secondo il sostituto procuratore, Roberto Pennisi, il sindaco Ageno, suo figlio Nicola, Fratti, Regano, Nocentini e Sandra Maltinti avevano costituito una "stabile struttura organizzativa politico-affaristica" con lo scopo di commettere "una serie indeterminata di delitti", compreso quello di trarre vantaggi elettorali, per "acquisire il controllo e la gestione delle attività economiche e dell'amministrazione pubblica nel comune di Portoferraio per il conseguimento di privati interessi". Da quanto appreso un contributo importante all'indagine sarebbe arrivato anche dall' ex presidente della Comunità montana elbana, Mauro Febbo, sentito per oltre cinque ore come persona informata sui fatti. L' ex-amministratore era finito sotto inchiesta, con l'accusa di peculato e truffa aggravata, per un costosissimo viaggio di rappresentanza a Montercarlo, e da allora ha deciso di collaborare con la giustizia. Febbo avrebbe risposto con dovizia di particolari alle domande di Pennisi e avrebbe contribuito a chiarire i vari aspetti della complicata vicenda che ha riguardato la stesura del Regolamento urbanistico del comune di Portoferraio, ma anche la redazione e adozione del Piano del commercio e del piano del porto. L'indagine aveva suscitato clamore per il presunto coinvolgimento di alti livelli istituzionali e in particolare del ministro Matteoli che è invece stato dichiarato direttamente dal PM Pennisi estraneo ai fatti. Nell'ordinanza di custodia cautelare, tuttavia, fu il giudice per le indagini preliminari Sandra Lombardi a spiegare "la forza dell'associazione criminale costituita dagli indagati" che era riuscita "addirittura a raggiungere i più alti livelli dello Stato" per ricevere appoggio, anche politico, alle loro azioni. Ed era stato il capitano Salvatore Di Stefano, ex comandante della compagnia dei carabinieri di Portoferraio, ora destinato ad altro incarico dopo essere finito sotto inchiesta per presunte cessioni di hashish ad una confidente, a dichiarare al Pm che indagava su di lui di aver subito pressioni per fermare l' inchiesta da parte di un ministro e di un sottosegretario. Resta ora da capire quando e se terminerà la custodia cautelare dei protagonisti dei fatti in attesa dello sviluppo delle ulteriori fasi della loro vicenda giudiziaria. A questo punto parrebbero cadute due delle tre classiche motivazioni per il mantenimento della misura restrittiva: la possibilità di inquinamento delle prove e quella della reiterazione dei reati
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