Torna indietro

Ricordando Enrico Berlinguer

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : venerdì, 11 giugno 2004

L’11 giugno 1984, vent’anni fa, moriva Enrico Berlinguer, ultimo segretario generale del Partito Comunista Italiano, come ha scritto Giampaolo Pansa domenica 6 giugno su “la Repubblica”. Per uno dei curiosi casi della storia, il ventesimo anniversario di quella morte coincide con il funerale di Ronald Reagan, il presidente degli Stati Uniti di quegli anni (1981-1989), che incarnò tutto ciò che di più lontano si poteva immaginare da Berlinguer e dal suo impegno politico e umano. Il partito di Berlinguer era allora il partito “dalle mani pulite”, dei milioni di operai capaci di capire la necessità di sacrifici, del “governo e della lotta”; era il partito capace di opporsi a un regime potente e morente, che continuava a definirsi “comunismo” senza portare più traccia della “spinta propulsiva della rivoluzione”; era il partito che comunque, come diceva Benigni, aspettava solo che Berlinguer alla televisione dicesse: “Compagni, via!”. Proprio mentre gli altri compagni di sempre si erano orami accomodati nel potere, e se lo godevano secondo l’imperativo dominante dell’“edonismo reaganiano”, appunto, senza immaginare neanche vagamente di poter essere travolti di lì a poco dalle “mani pulite” della magistratura. Nel giro di pochi anni, dopo la morte di Berlinguer, sarebbe cambiato tutto: il “comunismo” sovietico avrebbe “chiuso per cessazione di attività”; la ‘prima repubblica’ sarebbe stata travolta dagli scandali delle tangenti; Gorge Bush padre ci avrebbe regalato la Prima guerra del Golfo; il PCI avrebbe cambiato nome e storia, senza aver trovato un chiaro progetto politico in una società che aveva smobilitato, insieme all’industria, anche la “classe operaia” e le sue lotte; e che vedeva disorientati i suoi giovani nell’incertezza dell’idea di sé e del futuro. Dieci anni dopo la morte di Berlinguer, Berlusconi diveniva capo del Governo, dopo aver inventato Forza Italia, “Un partito del quale, nella storia d’Italia, il futuro lettore non troverà nessuna radice ideologica. Scoprirà che non è nato autonomamente da cittadini colpiti da un profondo malessere della società. Non è avvenuta la gestazione dentro un processo culturale collettivo. Non é nato da idee rivoluzionarie o conservatrici, né è guidato da un ‘pensatore’ di dichiarata fede politica o in funzione d’ideologie compiutamente definite. Solo portavoce di un gruppo d’interesse, questo sì molto ben definito: un personale ‘Partito azienda’ fatto nascere in una circostanza particolare e contingente” (“Corriere della Sera”, 1994) Mentre ancora aspettiamo con crescente ansia che nella presente ‘circostanza particolare’ nasca un’opposizione capace di richiamare intorno a un progetto politico travolgente tutti coloro che non appartengono all’‘Azienda/partito & C.’, vorrei ricordare Enrico Berlinguer con le parole che scrissi su un quotidiano fiorentino in occasione della sua morte: “Le parole sono le stesse di sempre in questi casi, come gli stessi sono i rituali e le immagini: folle che aspettano davanti all’ospedale, macchine blu che accompagnano i grandi dello Stato, voci commosse che affermano: “E’ un uomo giusto. E’ un uomo coerente. E’ un uomo generoso”. Tutto come già altre volte. Ma ora si percepisce qualcosa di diverso. Intanto sappiamo tutti che quello che si dice è vero, e che nessuno può metterlo in dubbio, né parla per opportunismo, o per convenzione, o per convenienza. Certo, anche altre volte lo era: tanti uomini sono caduti in questi anni con la coscienza senza macchie, e anche in modo drammatico e violento. Ma in un politico si finisce per ritenerlo un fatto straordinario, o comunque più significativo. E poi, in questa occasione, i giudizi dati sull’uomo si estendono immediatamente a masse imponenti di altri uomini che vediamo profondamente legati a lui, che in lui si identificano, perché sanno positivamente di avere in lui, di perdere con lui, un ‘rappresentante’ degno e fedele, uno che parlava veramente per loro, dando loro la sua voce e la sua immagine. Non importa, non è più tempo, discutere sulle strategie politiche, sulle cose fatte o non fatte, sulle sicurezze, sulle incertezze. Resta l’esempio della verità profonda del suo modo di essere con gli altri e per gli altri. La verità profonda. Due parole vengono alla mente, ormai usate senza più riferimento, o quasi, al loro significato originario: “Onorevole” -che vuol dire “degno di ricevere e conferire onore”- e “Compagno” - che vuol dire “uguale”, e che per questo percorre la stessa strada; per questo è amico; per questo, anche quando riveste un ruolo importante, il più importante fra i compagni, non è distante o distaccato-. In lui sicuramente queste parole ritrovano il loro significato più vero. Così, senza rischio di retorica, possiamo serenamente dire: “Addio, compagno onorevole Berlinguer”.


Benigni Berlinguer

Benigni Berlinguer