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Lettera al (tra virgolette) direttore di Elbareport da Piazza Pietri

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : giovedì, 10 giugno 2004

Carissimo Signor Rossi, anzi Sergio (mi sembra si chiami così vero?) scusi se mi permetto un tono così confidenziale visto che non ci conosciamo, mi ha sorpreso stupito e “onorato” la sua risposta alla mia lettera, visto tutto il “lavoro” che ha da fare in questi giorni. Ci tenevo a dirle che chi ha scritto non fa parte né della famiglia Nocentini, né Fratti né tantomeno Ageno, ma è una libera cittadina che grazie a Dio lavora e paga le tasse! Nella precedente lettera non mi sono firmata solo perché ciò che avevo scritto e confidato ai miei colleghi era pensiero comune, e solo ed esclusivamente per questo la lettera era firmata “tutti i dipendenti di Piazza Pietri” dove io lavoro. La mia lettera non era indirizzata certo a lei caro Sergio Rossi visto che, come le ripeto, non ci conosciamo, e né tantomeno alla seria categoria dei giornalisti che si limitano a scrivere esponendo i fatti accaduti .. dunque non ho mai pensato di ferire nell’orgoglio qualcuno Signor Sergio Rossi, ne tantomeno il “direttore” di un giornale a me fino ad oggi sconosciuto! Mi dispiace tanto caro Sergio Rossi se lei in qualche modo si è sentito chiamato in causa dalle mie spontanee affermazioni … si riconosce forse in “piccolo uomo”? come io scrivo, o ha forse scritto infangando gli altri, sperando così di ottenere la stima, la fiducia il rispetto delle persone? (come io sempre scrivo) .. e forse qualche voto in più? Mi risulta però che non faccia neanche parte di nessuna delle tre liste presentate. E’ forse ricco materialmente .. ma tanto povero di quei valori da me ripetutamente citati, che fanno davvero “grande un uomo”? Certamente si riterrà “uomo di cultura” … come negarlo .. visto che è direttore di una testata lodevole per l’Isola d’Elba o così dovrebbe essere. Speranzosa e convinta che lei Sergio Rossi non si riconosca, e in nessun modo si senta colpito dalle mie affermazioni , non capisco… tuttavia perché si sia indignato ed abbia sprecato il suo preziosissimo tempo, e la sua superiore cultura per rispondere ad una innocente lettera scritta con semplicità, schiettezza e assoluta buona fede da un’ignorante lettrice che certo non pensava di scatenare in nessuno tutto questo risentimento. Augurandole buon lavoro, a beneficio di tutti. Nardelli Katia Signora Nardelli Katia Mi complimento per la lettera scritta in buon italiano, ma mi consenta di darle qualche suggerimento stilistico che magari potrà tornarle utile in occasioni di future esternazioni. Partiamo dall'ironia che evidentemente lei intendeva mettere nel suo scritto. La consiglio su questo versante la moderazione: per scrivere ironicamente occorre dosarsi assai, altrimenti si finisce per risultare o sciapi (il noto "spirito di patata") o velleitariamente pettegoli e ridicoli. Passiano oltre ed arriviamo alle virgolette. Mettere un termine tra virgolette è equivalente a farlo precedere dalla incredula espressione "una specie di". Ergo dal suo scritto, cara Nardelli, si desumerebbe che chi le scrive ha "una specie di lavoro" è "una specie di direttore" etc. Le assicuro di avere da 35 anni un lavoro da dipendente pubblico che mi sforzo di fare seriamente, di pagare le tasse e di possedere tutti i titoli professionali necessari per dirigere un giornale, che costituisce la mia seconda lecita attività (in pratica di volontariato informativo), un giornale che lei non conoscerà, ma che ieri è stato letto da qualche migliaio di persone (una decina di volte i fiaccolatori). E poi cara Nardelli, spero non deluderla se le confesso di non sentirmi "ferito nell'orgoglio" dalle sue prose, non già per citare il Belli (perchè io so' 'r Papa e voi nun zete un cazzo), ma perchè non è il mio orgoglio che ha ferito quella lettera. La sua missiva a sigla di gruppo invece mi indignato per le cose false che erano attribuite alla stampa (che in questo caso non ha proprio creato mostri ne infangato alcuno), mi ha sconcertato per il cattivo gusto del collettivo cantare l'ode del padrone, così come mi aveva in altra occasione scandalizzato la eccessiva "comprensione" sindacale verso le ambasce del principale alle prese con la giustizia. Soprattutto mi ha urtato il clamore che stanno facendo i partigiani di Ageno, Fratti e Nocentini in un momento in cui sarebbe opportuno tacere ed attendere rispettosamente che la Magistratura compia il suo lavoro. Veda Nardelli se non mi sbaglio Katia, chi le scrive nella vita non si atteggia ad "intellettuale" o a "uomo di cultura", non è affatto ricco, conduce una vita molto modesta, non frequenta circoli esclusivi né logge, ricicla abiti usati e vecchie auto utilitarie usate. Chi le scrive considera la capacità di comunicare per scritto una competenza "artigianale" tra le molte possibili: c'è chi è bravo a sagomare il legno, chi a saldare il ferro, chi a mettere insieme le parole. Piccolo uomo quindi non è un'offesa per chi firma questo giornale, che da piccolo uomo che si è tenuto basso, assistendo in oltre mezzo secolo di vita alle parabole di improvvisati "grandi uomini", che non ha mai invidiato, anche perchè spesso ascendevano dal nulla (e spesso sul nulla) a vertiginose altezze, per poi frequentemente cadere in verticale, in picchiata, dentro pozze non sempre beneodoranti. Condividendo sinceramente (ma senza strepiti) la sua speranza che la nostra città esca pulita da questa vicenda, la saluto.


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