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"Un'associazione criminale in grado di raggiungere i più alti livelli dello Stato"

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : venerdì, 04 giugno 2004

Mentre giungono le prime notizie sugli interrogatori di garanzia nel carcere delle Sughere di Livorno, nei quali sarebbero stati sentiti Nicola Ageno, Tiziano Nocentini e Marco Regano, e le prime reazioni in chiaro appoggio degli arrestati (di cui diamo conto in altre parte del giornale), l'attenzione degli organi di informazione locali e nazionali pare appuntarsi su un altro aspetto, quello delle supposte pressioni da parte di uomini di governo a cui sarebbebbe stato sottoposto l'Ufficiale dei Carabinieri impegnato in prima persona nelle indagini e finalizzate ad un alleggerimento della posizione degli indagati Interferenze che se confermate e dimostrate si rivelerebbero atti di una gravità inaudita, e sul quale sarà inevitabile l'apertura di un altra inchiesta. Gli "uomini di governo" più contigui all'Elba Bosi e Matteoli dichiarano di non entrarci, il sottosegretario alla difesa dice che si difenderà adeguatamente se sarà fatto il suo nome, Matteoli dichiara, addirittura di non conoscere il Capitano Salvatore Distefano, la complessiva vicenda pare comunque infastidire il Comando livornese dell'Arma, che forse in ragione del "caso nel caso" che sta montando sceglie di tenere un basso profilo di comunicazione, dedicando ad una operazione di risonanza nazionale solo qualche riga di comunicato. Ma questa faccenda delle "pressioni" vere o presunte ha già scatenato l'interesse di molte testate: I giornalisti del Tirreno, Corriere della Sera, Repubblica dell'Unità e la stessa ANSA, fiutando forse la possibilità di una specie ElbaGate si sono buttati su questo particolare versante delle indagini. E nel pomeriggio di giovedì 3 Giugno esce una nota della prestigiosa agenzia nazionale. "Un'associazione criminale in grado di raggiungere i più alti livelli dello Stato -recita il lungo dispaccio - per riceverne un appoggio, anche politico, sebbene una trasferta a Roma nel dicembre 2003 non avrebbe portato ai risultati sperati. È quanto è scritto nell'ordinanza che ha portato all'arresto lunedì scorso del sindaco di Portoferraio Giovanni Ageno, di suo figlio Nicola, dell'assessore Alberto Fratti, della dirigente dell'ufficio urbanistica dello stesso Comune, Sandra Maltinti e di due imprenditori, Tiziano Nocentini e Marco Regano, coinvolti nell'inchiesta del pm di Livorno Roberto Pennisi su un presunto comitato d'affari attivo all'isola d'Elba" E la nota scende poi nell'argomento del giorno quello del pompieraggio eccellente: "Di pressioni politiche subite ne aveva parlato al pm di Livorno Mario Profeta l'ex comandante della compagnia dei carabinieri di Portoferraio, il capitano Salvatore Di Stefano, destinato ad altro incarico per una storia di droga che lo coinvolgerebbe, ma che aveva indagato sugli affari del Comune di Portoferraio. L'ufficiale dei carabinieri non aveva però fatto nomi al magistrato, chiedendo prima un'assistenza legale. Proprio una sua telefonata all'avvocato Giulia Bongiorno, per sapere come comportarsi, è stato intercettata dagli investigatori il 10 maggio scorso, finendo poi fra gli atti dell'inchiesta su Portoferraio. «Ho fatto delle operazioni di servizio che hanno portato all' arresto di persone importanti - dice il capitano all' avvocato Bongiorno - che porteranno all' arresto di persone molto importanti anche tra pochi giorni e io ho avuto telefonate del ministro Tizio e del sottosegretario Caio, dei miei superiori». Spiega il gip Sandra Lombardi, che ha disposto le misure cautelari per il sindaco di Portoferraio e gli altri arrestati: «Il contenuto di questa conversazione definitivamente sigla la forza dell' associazione criminale costituita dagli indagati, in quanto rappresenta con chiarezza che i medesimi sono riusciti addirittura a raggiungere i più alti livelli dello Stato onde riceverne quell'appoggio, anche politico, che inutilmente erano andati a cercare a Roma il 24 dicembre 2003, e che la scaltra Sandra Maltinti aveva suggerito come strada da percorrere al fine di ottenere adeguata protezione». Alla vigilia di Natale del 2003, si legge ancora nell' ordinanza, gli indagati vanno a Roma, zona Largo Argentina, «per parlare con una persona, forse un avvocato, conosciuta dal Fratti, delle vicende giudiziarie che li interessano». All' ultimo momento la Maltinti si tira indietro ma successivamente chiede al sindaco Ageno i risultati del viaggio e se è possibile ottenere un intervento politico, ma lui le risponde scettico: «Non riesco a capire cosa può fare questo». Il gip scrive: «La spedizione a Roma vi è stata, ma con scarsi risultati perchè l' interlocutore aveva detto che quanto a lui richiesto era impossibile».


pennisis distefano

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