Quanti sanno che gli Americani hanno nominato un “governo provvisorio” con i Comunisti? Impossibile, direte voi, Berlusconi si sarebbe arrabbiato ed i falchi neoconservatori del Governo Bush non metterebbero mai i nemici comunisti nella stanza dei bottoni del potere centrale in Iraq che è oggi nelle mani dell'Autorità provvisoria della coalizione (Coalition Provisional Authorithy), retta dal proconsole americano Paul Bremer e dalla quale è stato emanato il Consiglio provvisorio iracheno. Una specie di governo ad interim, nato nel luglio del 2003 tra le mille polemiche di chi lo considerava un'istituzione scarsamente rappresentativa. Al Consiglio sono demandati il controllo del budget nazionale, la nomina dei singoli ministri e la possibilità di revocarne il mandato. Ha redatto le bozze di una nuova e contestatissima Costituzione, sulla base della quale, dopo un referendum confermativo, verranno indette le prime elezioni libere nel Paese. Quindi gli americani cercavano persone rappresentative del popolo Irakeno e non compromesse con Saddam Hussein e con la squalificata opposizione in esilio. Avevano bisogno disperatamente almeno di qualcuno con legami con la popolazione. e lo hanno trovato: tra i Membri del Consiglio provvisorio c’è Hamid Majid Mousa, sciita del Partito Comunista Irakeno, tra i Membri del Gabinetto il ministro della cultura è Mufid Mohammad Jawad al-Jazairi, altro sciita sempre del Partito Comunista. Un’altra notizia che non ci hanno dato sono le elezioni comunali in Iraq che si sono svolte nella provincia di Dhi Qar – quella governata dall’italiana Barbara Contini – e che comprende Nassiriya la città dove c’è il quartier generale italiano in Iraq. Le elezioni si sono tenute in una ventina di Comuni e non le hanno vinte i partiti islamici, ma i partiti laici il primo dei quali è risultato l’Hirb Shuyu Iraqui che vuol semplicemente dire Partito Comunista Iraqeno. In una città, Shatra, il successo del PCI è stato particolarmente forte. Non è una sorpresa: Shatra è un po’ la Livorno Irakena (anche se gli Iraqeni la chiamano “Mosca Due”) perché proprio lì fu fondato nel 1934 il Partito Comunista Irakeno. Perché nessuno ci racconta questa stranezza che succede in una provincia sotto controllo italiano, vale la par condicio anche per le elezioni irakene, oppure qualcuno è disturbato dalla vittoria “fuori tempo” (e fuori luogo) di comunisti anche se non nostrani? E chi sono questi comunisti che, dopo essere stati messi al bando per 35 anni, sono risorti in Iraq dopo la caduta di Saddam? Il Partito comunista Iraqeno ha una lunga storia, è stato il primo partito politico ad essere fondato in Iraq, nel 1934, e gode di notevole popolarità nella società irachena da quando nel 1958 fu il principale protagonista del colpo di Stato che portò alla fine della monarchia sostenuta dalla Gran Bretagna. Una ricorrenza festeggiata anche il 14 luglio scorso. Non essendosi mai sciolto, ma avendo continuato a operare nella regione curda del nord, il partito comunista è stato tra i più pronti a riemergere subito dopo la caduta di Saddam. Il suo giornale è stato il primo a uscire dalle tipografie e ora il consenso di cui il partito gode è più ampio e trasversale rispetto al tradizionale bacino elettorale formato dalla classe meno abbiente del sud e tra gli Sciiti in generale. Il colpo di stato del Baath di Saddam Hussein produsse una spaventosa mattanza di almeno 15.000 Comunisti sciiti, i nomi dei comunisti irakeni da assassinare venivano letti direttamente alla radio e gli elenchi furono forniti a Saddam direttamente dalla CIA che allora, e fino all’invasione del Kuwait, era culo e camicia con il macellaio di Bagdad. Dopo le stragi iniziò una vera e propria persecuzione, tanto che in Iraq il Partito Comunista è chiamato “Partito dei Martiri”. Infatti il PCI passò alla clandestinità ed alla resistenza armata contro Saddam Hussein in tutto il sud dell’Iraq, il capo dei Comunisti finì come Che Guevara in un imboscata dell’esercito e, come per il Che, il suo corpo venne esposto al pubblico per far finire la sua leggenda. Ma di Kalid Ahmed Zaki, comunista, nazionalista e coraggioso combattente per la libertà contro Saddam Hussein, nessuno parla e non esistono magliette con il volto di questo eroe arabo. Non sta bene dire che gli americani erano amici del Dittatore e che gli unici che lo combattevano armi in pugno erano i Comunisti. Ora ci si meraviglia, giustissimamente, delle torture americane in Iraq, ma in quegli anni, con la scusa di difendere la democrazia, gli americani appoggiarono (e poi tennero 32 anni al potere) il dittatore indonesiano Suharto per eliminare dalla faccia della terra il più grande partito dell’Asia dopo quello cinese: il Partito Comunista Indonesiano. Oltre mezzo milione di esseri umani sterminati in una sola notte, dopo violenze, torture, stupri, la ragione era che i Comunisti avrebbero vinto le elezioni. Stesso aiuto americano venne dato allo Scià di Persia per eliminare, torturare, imprigionare e far sparire gli uomini e le donne del Tudeh, il Partito Comunista Iraniano. La storia è strana, a volte rende giustizia attraverso strani labirinti del tempo, e non è quella che ci raccontano in televisione. Forse, quando l’Iraq voterà e si libererà dalla guerra e dagli invasori, il maggior partito del Parlamento si chiamerà Comunista e formerà una coalizione con i partiti religiosi Sciiti che nazionalizzeranno il petrolio e distribuiranno i proventi dell’oro nero a fini sociali. Insomma, forse ci sarà nuovamente bisogno di un nuovo intervento della CIA e di un nuovo Saddam Hussein che metta in riga Comunisti e Mullah. p.s. Ci avete fatto caso che tutti questi sfortunati ed eroici Partiti Comunisti vittime di dittatori e CIA hanno la sigla P.C.I. (Partito Comunista Irakeno, P.C.Iraniano, P.C.Indonesiano), vi ricorda qualcosa?
mazzantini umberto legambiente