Nel corso delle trattative verso il nulla tra le forze politiche dell’Ulivo ed i legali rappresentanti di Franco Scelza, incidentalmente candidato dei DS, barricata e baluardo ultimo da difendere a costo della vita, per ammissione del capo delegazione Giovanni Fratini (fresco di approvazione in commissione urbanistica della variante Pardi-Elbaland, complimenti), il figurante capo della delegazione Angelo Zini, se n’è uscito con la seguente frase: “Volete trattare poi con Sergio Rossi?” intendendo forse che la rottura che si profilava sul nome di Scelza, avrebbe legittimato a trattare per conto dei DS quei buzzurri della componente del Correntone, che ha la sfortuna di averci tra i suoi sostenitori. Ora a parte l’evidenza forzatura, ed a parte che qualcuno ci ha confessato di aver in cuor suo pensato “Magari! L’accordo c’era da mesi!”, vorremmo sapere esattamente cosa voleva significare con questo suo dire Angelo Zini: se l’espressione voleva essere paradigmatica di elemento o di persona da prendere relativamente sul serio (un Sergio Rossi come un qualsiasi Rottaveggio, o una figura popolar-pittoresca) o se ancora come esempio di giacobinismo sanguinario ammazzapreti e sciupavedove. Vorremmo intanto rinfrescare la memoria storica ziniana ricordandogli che nell'unica occasione in cui ci toccò di condurre in prima persona le trattative per la formazione di una lista unitaria, ci eravamo anche riusciti. L'accordo lo fece saltare il rimangiarsi i patti di Giovanni Fratini (toh!), che solo e soltanto per salvare l'assessorato dell'amico Scelza (toh!) l'altro, non esitò a rompere con Rifondazione ed il gruppo dei cattolici di Licia Baldi e Marotti, costringendo l'allora segretario del PDS a dimettersi (anche se il fesso, per quella bizzaria altrimenti definita "senso del partito", fece lealmente campagna elettorale fino all'ultimo giorno per chi lo aveva imbrogliato). Ma i lettori possono avere pure le palle piene di queste storie da basso impero della consumella bassa e veniamo all'oggi. Si tranquillizzizini, non abbiamo intenzione alcuna di fargli le scarpe anche perché non abbiamo il "fisico" adatto. Non avremmo avuto la sua olimpica calma, di fronte ad esempio al candidato (rifiutato) diessino furioso che brandiva la minacciosa pipa a mo' di daga, e apostrofava il candidato (accettato) sindaco, reo di volersi scegliere assessori diversi dalla sua sacra persona con accenti del tipo non conti un cazzo, accontentati di fare il sindaco, il partito sono io non Zini. Fumini come siamo la tessera, sul posto e sul muso, gliela avremmo fatta a coriandoli, assumendoci la grave responsabilità di rimandarlo alla consumella bassa con tutto il fan club. E ora vai pure a fan club! gli avremmo detto. O in alternativa, se non ce la fossimo sentita, saremmo andati noi a casa, facendo luogo ad altri dotati dello stomaco foderato di pelliccia necessario per digerire le carni stoppose ed insugherite di questa mummificata giudola. Perchè? Proviamo a rispondere con i versi di una canzone ispanica "Porque la dignidad de l'hombre es/ mas alta que el pan/ mas alta che la gloria/ mas alta que su propria supervivencia" "Perchè la dignità di un uomo è - più importante del pane - più importante della gloria - più importante del suo sopravvivere" Figuriamoci se non è più importante delle smanie di potere dei grandi condottieri da pollaio.