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Portoferraio: troppo cromo e nichel in fondo al mare

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : mercoledì, 21 aprile 2004

Legambiente e WWF rendono noti i dati diramati dal Ministero dell'Ambiente sulla presenza di fattori inquinanti nei fondali marini. Portoferraio si evidenzia per gli alti valori ( almeno il doppio di quelli consentiti dalla legge) di cromo e nichel, sedimenti perlopiù lasciati in eredità dall’attività industriale degli altiforni. Ecco la parte del documento in cui si fa riferimento all'area elbana: “Nemmeno le aree marine protette sono al riparo dall’inquinamento. Metalli pesanti, idrocarburi, pesticidi e policlorobifenili hanno ormai assunto fissa dimora nei sedimenti marini e minacciano la salute dei mari italiani in modo preoccupante. Il mare è infatti è il deposito finale della maggior parte delle sostanze contaminati utilizzate sulla terra. E’ questo il quadro che emerge con evidenza dall’elaborazione di LEGAMBIENTE e WWF Italia dei dati rilevati dal Programma di monitoraggio dell’ambiente marino costiero del ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio. Dati che fotografano lo stato dell’ambiente marino con campionamenti delle acque ma anche e soprattutto dei sedimenti costieri, raccolti dalle Arpa nell’arco degli ultimi tre anni, in base a una convenzione tra il Servizio Difesa Mare del Ministero dell'Ambiente e le Regioni costiere e da queste affidata al sistema delle Agenzie. Un ottimo lavoro, quello del Ministero dell’Ambiente e delle Agenzie regionali che, da una parte, evidenzia purtroppo una pesante preoccupazione per la salute dell’ecosistema marino e per quella umana (questi inquinanti entrando nella catena alimentare possono finire nel nostro organismo) dall’altra evidenzia la necessità di rinnovare il Programma di monitoraggio che dovrebbe chiudersi il 4 giugno prossimo. “Considerando i valori trovati – sottolineano LEGAMBIENTE e WWF – il monitoraggio deve proseguire anche nei prossimi anni, per tenere sotto stretta osservazione la situazione dei sedimenti e per valutare l’efficacia delle azioni intraprese per il miglioramento della qualità”. LEGAMBIENTE e WWF hanno inoltre posto l’accento sulla positività – al fine di garantire l’omogeneità delle analisi su scala nazionale – di un centro di coordinamento unico, che deve essere necessariamente individuato nel ministero. Interrompere il percorso avviato creerebbe un vuoto difficilmente colmabile in tempi brevi; è quindi necessario che il ministro Matteoli rinnovi le convenzioni con le Regioni costiere e che queste le affidino alle Arpa per continuare a monitorare la salute del mare nostrum. Grazie all’attento lavoro delle Arpa, esiste infatti per la prima volta nel nostro Paese un monitoraggio ambientale che copre tutto il territorio costiero, in modo omogeneo sia per le modalità di campionamento, sia per i metodi di analisi. Il programma ha consentito un confronto costante tra gli addetti e ha visto coinvolte tutte le competenze necessarie del settore, dando vita a una vera e propria comunità di operatori ed esperti. Un gruppo articolato e unitario, unico e invidiabile in tutto il panorama mediterraneo. Ma torniamo ai dati raccolti in fondo al mare. La campagna di monitoraggio prevede campionamenti in aree sottoposte a particolari pressioni antropiche, le cosiddette aree critiche, e in aree invece scarsamente sottoposte a questo tipo d’impatto, le cosiddette “aree di bianco” che assumono funzione di controllo. In diverse Regioni, come aree di bianco sono state individuate le aree marine protette. Il punto più preoccupante del rapporto è proprio il tasso d’inquinamento rilevato in queste zone. I sedimenti prelevati alla stazione di Portoferraio nel Parco nazionale dell’arcipelago toscano, per esempio, sono contaminati da cromo (100.833 microg/kg il valore massimo raggiunto nell’arco dei 5 semestri analizzati dal 2001 al 2003) e nichel (con una punta massima di 71.398 microg/kg). Quelli di Punta Mesco nel Parco delle cinque terre in Liguria da cromo (139.986 microg/kg il massimo valore raggiunto nell’arco dei semestri presi in esame), nichel (90.700 microg/kg) e piombo (52.500 microg/kg). Nell’area protetta marina di Miramare, in Friuli Venezia Giulia, sono state trovate elevate concentrazioni di piombo (71.820 microg/Kg) e Ipa (2,77 mg/Kg), mentre in quella di Capo Rizzuto in Calabria e a Punta Licosa in Campania abbonda l’arsenico (rispettivamente 42.195 microg/Kg e 25.083 microg/Kg le punte massime). A Capo Rizzuto, i limiti sull’arsenico risultano superati tre volte su tre mentre a Punta Licosa si contano cinque superamenti su cinque prove. A Cattolica, invece, area di bianco in Emilia Romagna, i superamenti del tasso di nichel riguardano tutti e cinque i campionamenti effettuati, con punte che superano anche del doppio il limite di legge.” L’elaborazione di LEGAMBIENTE e WWF sui dati forniti dal ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio si è concentrata su 12 inquinanti: 6 metalli: arsenico, cadmio, cromo totale, mercurio, nichel e piombo; 2 idrocarburi: gli Ipa, idrocarburi policiclici aromatici totali e il benzoapirene; 2 pesticidi: Aldrin e Ddt; i Pcb: i policlorobifenili; il tributilstagno (Tbt). I valori limite fissati dal D.M. n° 367 del 6 – 11 – 2003 sono: arsenico: 12.000 microg/Kg solido secco cadmio: 300 microg/Kg s.s. cromo: 50.000 microg/Kg s.s. mercurio: 300 microg/Kg s.s. ddt: 0,5 microg/Kg s.s. aldrin: 0,2 microg/Kg s.s. nichel: 30.000 microg/Kg s.s. piombo: 30.000 microg/Kg s.s. benzo (a) pirene: 0,03mg/kg s.s. Ipa totali: 0,2 mg/Kg s.s. Pcb: 4 microg/Kg s.s. Tbt: 5 microg/Kg s.s.


portoferraio panorama da s giovanni

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