Di seguito il testo della interrogazione a risposta scritta presentata da MARCO LION sulle condizioni del relitto del Polluce al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: "Per sapere -premesso che: mai nella storia del nostro Paese un tesoro così grande è stato trafugato dal mare come purtroppo è avvenuto di recente, per opera di avventurieri stranieri, in uno specchio di mare poco distante dalla costa sud dell'Isola d'Elba, proprio davanti alla leggendaria isola di Montecristo; Nosi tratta questa volta, di un tesoro della realtà romanzesca di Dumas ma di un autentico patrimonio paragonabile però, per la sua consistenza a quello del noto Conte di Montecristo, custodito nel relitto del piroscafo «Polluce» della compagnia De Luchi e Rubattino di Genova, affondato nel 1841 al largo di Capo Calvo (Capoliveri) mentre trasportava 100 mila monete d'oro, 70 mila d'argento, centinaia di oggetti lavorati in oro e migliaia di pietre preziose, molte delle quali incastonate in preziosi gioielli, ed altro ancora. Oltre questo vi erano i valori di bordo che lo stesso Polluce, nave di lusso a tecnologia avanzata della flotta genovese, sicuramente possedeva e quelli personali di circa cinquanta personaggi dell'aristocrazia dell'epoca che viaggiavano sulla nave la notte del suo affondamento; questa vicenda è ormai nota, ma ancora da accertare sono i fatti e gli antefatti che hanno causato, con l'acquiescenza o peggio ancora grazie ad autorizzazione che parrebbe essere stata concessa dalle Autorità competenti, il gravissimo danno patrimoniale che l' Italia ha subito; il trafugamento del tesoro è avvenuto a circa cento metri di profondità con l' ausilio di un mezzo navale, affittato a Genova e dotato di benna, e con la tecnica dello squasso e dello strappamento del fasciame di legno da quello inferro; ciò è avvenuto in modo così bestiale che, a quanto pare, il «recupero ha comportato la dispersione di parte dei valori custoditi nel Polluce; se non fosse stato per un lavoro di intelligence fra Scotland Yard e il nostro Nucleo Tutela Patrimonio Artistico dell' Arma, che offriva la possibilità di intervenire su una strana asta che si svolgeva a Londra con la refurtiva del trafugamento avvenuto all' Isola d'Elba, le nostre Autorità amministrative, all'oscuro di tutto, non avrebbero recuperato neppure quel lacerto di tesoro che è stato recuperato; un'altra parte dello stesso tesoro si trova ora presumibilmente disseminata nel mare intorno al relitto e un'altra parte ancora, si suppone sia sfuggita all'opera della benna nelle zone della stiva protette da parti metalliche: d'altra parte, l'affondamento del Polluce, stracolmo di ricchezze in trasferimento da Napoli a Genova, non poteva non essere noto a chi ora sovrintende alla conservazione del patrimonio dello Stato anche per il fatto storico altrettanto risaputo, almeno tra gli addetti ai lavori, dei vari quanto infruttuosi tentativi ufficiali di recupero del Polluce e del suo inestimabile tesoro; secondo l'interrogante per l'auspicato senso di riappropriazione della cultura storica da parte degli italiani e della conservazione dei beni patrimoniali a cui lo stesso Ministero interrogato soprintende, il misfatto consumato all'Isola d'Elba con l'avallo di una bizzarra autorizzazione, paradossalmente concessa proprio da chi è istituzionalmente incaricato alla vigilanza dello stesso distretto, è un pessimo esempio di diseducazione civica; se presso il Ministero si disponga di documentazione che possa chiarire: se sia vero che gli avventurieri del mare rimasti a depredare il relitto per ben 21 giorni avevano ottenuto dalla competente Soprintendenza e dalle Autorità marittime l'autorizzazione per procedere allo stravagante recupero di un carico di lingotti di alluminio da una nave inglese affondata durante la prima guerra mondiale, recupero che, quanto a valore commerciale, sarebbe stato di gran lunga inferiore ai costi del solo noleggio del mezzo navale genovese; se corrisponda al vero che tale autorizzazione non poteva essere concessa, in quanto la legge prevede in una circostanza del genere (dopo cinquanta anni i relitti del mare sono considerati per legge, patrimonio archeologico) la dichiarazione dello scopo e la dimostrazione del possesso di requisiti oggettivi e soggettivi che sicuramente quegli avventurieri non avevano; se corrisponda al vero che questa associazione di predatori del mare si sia invece recata da tutt'altra parte, cioè sulla perpendicolare del relitto del Polluce ( Capo Calvo a sud dell'Isola d'Elba ), e che quindi, anche muniti dell' autorizzazione di cui sopra, non avrebbero potuto né ingannare le Autorità costiere sulla irregolarità della posizione e della tipologia dei lavori in corso né impedire, se fosse stato effettuato anche un solo controllo, sia la immediata sospensione dell'attività, sia il sequestro della refurtiva sia la cattura della banda; se non si reputi necessario disporre di misure idonee ed urgenti atte a tutelare anche con reti segnaletiche il relitto stesso, da incursioni predatorie che, con le sofisticate tecniche di immersione e con i mezzi subacquei attualmente disponibili, potrebbero partire da basi relativamente lontane e prima ancora di quanto si pensi; se non sia il caso di procedere senza indugi ad un recupero archeologico sottomarino eseguito con le modalità di legge e con le cautele che i resti di un tesoro del genere impongono; qualora rispondesse al vero la notizia del rilascio dell'autorizzazione da parte della sovrintendenza, se si ritenga opportuno promuovere un'inchiesta sulle circostanze relative alla concessione delle autorizzazioni stesse e sulle connesse responsabilità da parte di chi è preposto alla tutela del patrimonio dello Stato.
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