Cosa si intende per inquinamento Elettromagnetico? Con il termine inquinamento elettromagnetico, o elettrosmog, si intende l’alterazione dei valori del campo elettromagnetico naturale in una determinata porzione del territorio. Sulla Terra è da sempre presente un fondo elettromagnetico naturale, le cui sorgenti principali sono la terra stessa, l’atmosfera ed il sole; anche la luce non è altro che un campo elettromagnetico. Se però si paragona la situazione odierna con quella esistente più di un secolo fa, si rileva un incremento del fondo elettromagnetico naturale, dovuto ai campi elettromagnetici prodotti artificialmente dall’uomo a causa del sempre più diffuso utilizzo di alcune tecnologie. Infatti, ogni passaggio di energia determina nello spazio circostante un campo elettromagnetico: ciò vale per l’elettricità che corre negli elettrodotti o che fa funzionare gli elettrodomestici, come per la trasmissione di segnali radiotelevisivi. Queste diverse sorgenti si differenziano per la velocità, indicata con il termine “frequenza”, con cui le radiazioni che essi generano si propagano. Dal punto di vista fisico, la frequenza è definita come numero di vibrazioni complete compiute in un secondo e si misura in Hertz e nei suoi multipli: 1 K Hz = 1000 Hz 1 M Hz = 1.000.000 Hz 1 G Hz = 1.000.000.000 Hz Si utilizza il termine di elettrosmog nel caso delle radiazioni con frequenza compresa tra 0 Hz e 300 G Hz, dette “non ionizzanti”, che vengono suddivise in: - bassa frequenza (da 0 Hz a 100 KHz), es: elettrodotti, elettrodomestici, … - alta frequenza ( da 100 KHz a 300 GHz), es: antenne radiotelevisive, stazioni radiobase per la telefonia cellulare, telefoni cellulari, impianti radar, microonde. Negli ultimi decenni, sono enormemente cresciuti il numero e l’intensità delle sorgenti “artificiali” di campi elettromagnetici: di qui l’esigenza di valutare l’impatto sulla salute umana di tale aumentata esposizione, e di fissare regole rigorose che minimizzano i rischi. Quali sono le grandezze caratteristiche di un campo elettromagnetico, e quali le unità di misura? Oltre alla frequenza, di cui abbiamo già parlato, un campo elettromagnetico è specificato dalla: intensità del campo elettrico, misurata in Volt/metro (V/m), intensità del campo magnetico, misurata in Ampere/metro (A/m), induzione magnetica, misurata in Tesla (T) e nei suoi sottomultipli milliTesla (mT) e microTesla (μT), densità di potenza, misurata in Watt/metroquadro (W/mq). Quali sono le maggiori sorgenti artificiali di campi elettromagnetici? Come già detto, qualsiasi apparecchiatura che determini un passaggio di energia, genera un campo elettromagnetico. Le principali sorgenti esterne presenti nei centri urbani sono gli elettrodotti, le stazioni radiobase per i telefoni cellulari e le antenne radiotelevisive. 1) Gli elettrodotti, le centrali elettriche, le cabine di trasformazione emettono radiazioni a bassa frequenza (50 Hz). Per questi impianti l’inquinamento si misura in campo elettrico e campo magnetico. Il campo elettrico dipende dalla tensione (380.000 Volt, 220.000 Volt, 150.000 Volt), e diminuisce rapidamente con la distanza dai cavi. Il campo magnetico dipende invece dalla corrente trasportata. Se il valore della corrente è zero (caso teorico che corrisponde all’assenza di utilizzatori della linea), il campo magnetico è zero mentre il campo elettrico rimane inalterato. Per questo i controlli sull’inquinamento prodotto dagli elettrodotti vanno effettuati in orari diversi della giornata. Tra tutte le sorgenti artificiali di campi elettromagnetici, gli elettrodotti sono quelli per i quali si dispone di maggiori informazioni sui rischi sanitari. 2) Le antenne radio-tv e le stazioni radio-base di telefonia cellulare emettono radiazioni ad alta frequenza. In generale, le stazioni radiobase dei cellulari emettono con potenza inferiore rispetto alle antenne radio-tv, perché devono “coprire” zone di territorio più ridotte. Le une e le altre generano un “cono di emissione” in direzione orizzontale, per cui le aree ai piedi del singolo impianto sono quelle dove il campo è meno intenso. La caratteristica comune a questi tipi d’impianti è che essi sfruttano la proprietà propagativa delle onde elettromagnetiche: dunque gli effetti che producono si manifestano, seppure attenuati, anche a grande distanza. I possibili rischi sanitari dipendono dalla potenza con la quale l’onda elettromagnetica viene emessa dalla sorgente e dalla distanza dall’impianto dei soggetti esposti. A parte gli elettrodotti, le antenne radio-tv e le stazioni radio-base, anche all’interno delle nostre abitazioni vi sono sorgenti di campi elettromagnetici: 3) Gli elettrodomestici quando sono in funzione generano un campo elettromagnetico a bassa frequenza (50 Hz) nelle immediate vicinanze sia dell’apparecchio che dei fili elettrici di alimentazione. L’effetto varia per i diversi tipi di elettrodomestici, e diminuisce rapidamente con la distanza. 4) Il telefono cellulare genera un campo elettromagnetico ad alta frequenza molto potente durante l’utilizzo, per cui si richiedono particolari precauzioni nell’utilizzo. Cosa rischia una persona esposta ad un campo elettromagnetico? L’entità dei rischi legati all’esposizione ad un campo elettromagnetico dipende dall’intensità del campo e dalla distanza dalla sorgente della persona esposta. Gli effetti dei campi elettromagnetici sui sistemi biologici si suddividono in: a) effetti termici o a breve termine (acuti), che si hanno in caso di esposizioni per breve tempo a potenze molto elevate b) effetti non termici o a lungo termine (cronici), in seguito ad esposizioni a campi molto più deboli, ma per un periodo di tempo molto lungo. In presenza di campi molto intensi, difficilmente presenti nei luoghi di vita abituali, si possono riscontrare i cosiddetti “effetti acuti”, che sono i meglio conosciuti. Fino agli anni ’70 si riteneva che al di sotto dei valori degli effetti acuti non vi fossero rischi per la salute umana. Nel 1979 fu pubblicato un primo studio che poneva in evidenza i possibili “effetti a lungo termine” di esposizioni a campi elettromagnetici bassi per tempi prolungati. Da allora, molte altre ricerche hanno accreditato l’esistenza di questo tipo di rischio. Uno studio recentissimo attesta per popolazioni che vivono in prossimità di linee elettriche a bassa frequenza esposte a campi elettromagnetici maggiori di 0,4 microtesla, il raddoppio del rischio di contrarre leucemie infantili (in Italia i casi totali di leucemia infantile sono 430 all’anno). Nel luglio 2001 lo Iarc (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) ha inserito i campi elettromagnetici nella classe 2B dei “possibili cancerogeni”, affermando che sussiste una “consistente associazione statistica” tra l’esposizione a campi elettromagnetici al di sopra di 0,4 microtesla ed un aumento del rischio di contrarre leucemie infantili. Per quanto riguarda le alte frequenze generate da stazioni radiobase per telefonia cellulare e da impianti di radiotelecomunicazione, gli effetti sono più difficili da valutare poiché dipendono anche dalla frequenza. Da alcuni studi risulta un eccesso di incidenza di tumori e di leucemie, rispetto ai tassi di riferimento nazionali, nelle popolazioni residenti in prossimità di sistemi radiotelevisivi ed esposte a campi elettrici superiori a 60 V/m, con un rischio di 1,83 (a 1 il rischio aggiuntivo è nullo) in un raggio di 2 chilometri dalla sorgente. Un discorso a parte merita l’uso del telefono cellulare. Durante il suo utilizzo avviene un assorbimento di energia nella testa dell’utente che comporta un surriscaldamento nella zona dell’orecchio interno; l’assorbimento diminuisce del 20% con l’antenna estratta. Esistono vari studi sui possibili effetti del telefono cellulare sulla memoria e sui sistemi ormonali, ma i risultati non sono concordi. Finora non è stato accertato neppure un eventuale rischio cancerogeno, ma va notato che l’introduzione di questa tecnologia è troppo recente perché si possa disporre di dati epidemiologici significativi. Ci sono leggi che tutelano i cittadini dai rischi legati all’esposizione ai campi elettromagnetici? Il 22 febbraio 2001 era entrata in vigore la legge quadro sulla protezione dalle esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici. Questa nuova normativa, una tra le più avanzate nel mondo, regolava l’intera materia, dunque sia le alte che le basse frequenze, assumendo come criterio fondante il principio di cautela. In particolare, la legge tutelava la salute della popolazione e dei lavoratori professionalmente esposti sia dagli effetti a breve che a lungo termine, mediante l’introduzione di limiti di esposizione, valori di attenzione, obiettivi di qualità. La determinazione di tali valori era demandata a successivi decreti attuativi, uno per la tutela della popolazione, l’altro a tutela dei lavoratori professionalmente esposti. Lo schema di decreto sulla tutela della popolazione, mai emanato, riguardava l’esposizione ai campi elettromagnetici con frequenza da 0 a 100 KHz, e prevedeva per gli elettrodotti: - 100 microTesla come limite di esposizione per la prevenzione degli effetti acuti - 0,5 microTesla come valore di attenzione per gli edifici adibiti a permanenze superiori alle quattro ore (abitazioni, uffici, scuole, ospedali) - 0,2 microTesla come obiettivo di qualità per la progettazione di nuove linee (in rapporto agli edifici esistenti), per la costruzione di nuovi edifici (rispetto a linee e impianti già presenti sul territorio), per il risanamento degli impianti esistenti. La legge inoltre prevedeva il completo risanamento di tutti gli impianti peri il trasporto, la trasformazione e la distribuzione dell’energia elettrica entro dieci anni dalla data di entrata in vigore, stabilendo altresì i criteri di priorità degli interventi. Per quanto riguarda le sorgenti che generano campi ad alta frequenza, il completo risanamento degli impianti doveva avvenire entro tre anni dal decreto del Ministero dell’Ambiente n. 381 del 10/09/1998. Infine, per quanto riguarda gli spazi destinati all’infanzia, quali scuole, asili nido e parchi gioco, si poteva fare riferimento a una circolare dell’agosto ’99 del Ministero dell’Ambiente, nella quale sulla base di un’ordinanza del Tribunale Amministrativo della Regione Veneto del 29 luglio 1999 relativa ad una scuola nel Comune di Merano (confermata dalla sentenza della Corte Costituzionale 382 del ’99), si fissava in 0,2 microtesla il valore di campo elettromagnetico da raggiungere con la massima urgenza in tali ambienti, attraverso adeguate opere di risanamento. La Regione Toscana nella sua legge Regionale stabilisce obiettivi di qualità per gli impianti di radio telecomunicazione che ricadono nell’ambito di applicazione della Legge, 0,5 V/m per gli impianti fissi di telefonia cellulare – Deliberazione del Consigli regionale 54/2000 del 12/2/02 - e fissa limiti molto bassi ed introduce il “principio di precauzione” con particolare attenzione all’impatto paesaggistico ed ambientale, ai luoghi frequentati, agli impianti sportivi ed alle scuole. Berlusconi cambia tutto Ma con la vittoria del centro-destra il quadro cambia repentinamente: il 2 agosto 2002 il comitato dei ministri ha approvato limiti imbarazzanti. Vengono svuotati di senso sia la legge quadro che il principio di precauzione. Una scelta fatta su misura per non disturbare il 'manovratore'". La precedente Commissione nominata da Veronesi (Ministro della sanità per il centro-sinistra) per dare un parere sull'argomento, non certo tenera coi sostenitori dei rischio elettrosmog, indicò 3 microtesla come valore di attenzione e 0,5 come obiettivo di qualità per gli elettrodotti. Matteoli ha invece rilanciato e triplicato il valore di attenzione. Ancor più incomprensibile la scelta di un valore così alto per l'obiettivo di qualità: si legittimano impianti che rischiano di nascere già vecchi. Cui prodest? "Esposizioni prolungate a campi elettromagnetici sopra i 0,4 microtesla producono rischi di raddoppiamento di casi delle leucemie infantili”. E non sono i soliti ambientalisti a dirlo, è lo Iarc (Agenzia internazionale ricerche sul cancro). Da dove escono allora i limiti pari a 10 microtesla previsti per i vecchi impianti (valore di attenzione) e a 3 per i nuovi (obiettivo di qualità)? Gasparri raddoppia il regalo alle compagnie telefoniche Il Ministro Gasparri ha emanato un Decreto Legislativo in materia di “Nuove disposizioni volte ad accelerare la realizzazione delle infrastrutture per le reti di telecomunicazioni” La Legge 443/2001 prevede lo strumento del Decreto delegato finalizzato alla riforma delle procedure relative alla realizzazione di opere pubbliche, ma solo di quelle di preminente interesse nazionale, individuate attraverso la procedura di cui all’articolo 1 comma 1 della Legge 443/2001. Il Governo, per superare questo “cavillo legislativo” attraverso l’articolo 2 del Decreto legislativo, definisce le infrastrutture per le reti di telecomunicazioni “opere di interesse nazionale”. Ma l’unico strumento legislativo per regolamentare questa materia doveva essere una Legge ordinaria del Parlamento. Inoltre, la “Legge obiettivo” prevede la modifica di alcune procedure, in particolare di quelle relative alle opere pubbliche, e non di qualunque disposizioni di legge, attraverso l’utilizzo dello strumento dell’interesse pubblico. Per questi motivi, Legambiente ed alcune Regioni, compresa la Toscana, ritiengono che il Decreto legislativo “Nuove disposizioni volte ad accelerare la realizzazione delle infrastrutture per le reti di telecomunicazioni” non sia attuabile con un Decreto Legge che, addirittura, contrasta con gli articoli 76 e 77 della Costituzione italiana. Ecco i punti critici del Decreto Gasparri: 1) Le antennee sono “tout court” definite Opere di interesse nazionale, con la inevitabile conseguenza di assimilazione ad ogni opera di urbanizzazione primaria. Quindi per il Comune le antenne diventano (compresi gli oneri) servizi da fornire ai cittadini. E’ però singolare che a fronte di questa “uguaglianza” questo tipo di infrastrutture restino di proprietà dei gestori; 2) Gli Enti locali devono garantire a tutti i gestori la omogenea distribuzione degli impianti sul territorio: questa norma mette a notevole rischio la tutela paesaggistica, artistica e culturale del nostro Paese, ce ne stiamo accorgendo all’Elba; 3) Molto pericolosa per la tutela della salute dei cittadini e per l’ambiente è la totale “devolution” degli incentivi, che ricadono totalmente sulle spalle degli enti locali (“…Nel rispetto dei limiti di bilancio…”), per gli operatori che installano o modificano le infrastrutture di telecomunicazione per conformarli agli obiettivi di qualità, di cui alla Legge Quadro. E’ ovvio che a fronte di una totale “deregulation” delle localizzazioni se lo Stato non partecipa con un suo sostanziale contributo economico si rischia che solo un numero risibile di gestori si adegueranno agli obiettivi di qualità; 4) Assurda è anche la norma con cui si “limita la proprietà privata” che permette ai gestori degli impianti di agire direttamente in giudizio contro quei cittadini che si oppongono, attraverso l’utilizzo dell’esproprio per la realizzazione di opere di interesse nazionale, al passaggio e all’installazione, sulla sua proprietà, delle infrastrutture per le reti di telecomunicazioni; 5) Non è accettabile l’utilizzo strumentale della “Conferenza di servizi”, uno strumento che viene convocato solamente nel caso in cui la documentazione presentata dai gestori sia carente od inidonea. Questo nei fatti trasforma la “Conferenza di servizi” in un organismo di “rilascio di parere favorevole in sanatoria”. Infatti, se la “Conferenza di servizi” esprime parere sfavorevole la “palla” passa alla Presidenza del Consiglio. Il decreto Gasparri sembra essere concepito solo in funzione di una realizzazione “deregolata” delle infrastrutture per le reti di telecomunicazioni senza nessuna preoccupazione per la salute dei cittadini, né per la tutela paesaggistica, artistica e culturale dei nostri territori. Questo accentramento eccessivo di poteri da parte del Governo porterà solamente ad un aumento delle vertenze locali che impediranno sul territorio uno sviluppo razionale, efficace e corretto delle infrastrutture per le reti di telecomunicazioni. Chi controlla il rispetto delle leggi? La vigilanza sul rispetto dei limiti di legge è di competenza delle Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente (Arpa), laddove costituite; in mancanza di esse, tocca intervenire ai Presidi Multizonali di Prevenzione (Pmp) e/o alle Aziende Sanitarie Locali (Asl). In tutti i casi, inoltre, una specifica responsabilità ricade sul Sindaco, come massimo ufficiale sanitario nel territorio comunale, mentre negli ambienti di lavoro la competenza è dell’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza sul Lavoro (Ispesl). Naturalmente, oltre ai limiti in fatto di “elettrosmog” tutti gli impianti devono (o meglio dovevano) rispettare i vincoli di tipo urbanistico-paesaggistico, nonché le norme di sicurezza. Cosa fare in caso di esposizione a campi elettromagnetici “a rischio”? Qualunque richiesta di informazioni da parte dei cittadini ad enti pubblici deve essere redatta in base alla legge sulla trasparenza (241/90), che obbliga l’ente a rispondere entro 30 giorni dalla richiesta. 1. Presenza di stazioni radio base per telefonia mobile/antenne radiotelevisive nelle vicinanze di un’abitazione, un ufficio, una scuola, un ospedale Impianti già installati: a) Verificare che il Comune abbia rilasciato la concessione edilizia e che in essa siano contenuti in particolare: - parere ambientale dell’Arpa - nullaosta sanitario della Asl - parere favorevole circa la normativa e i vincoli paesaggistici e urbanistici della Sovrintendenza e/o di altri enti competenti - indicazioni in materia di norme antincendio La richiesta va inoltrata all’Ufficio tecnico comunale, all’Ufficio competente per le concessioni edilizie, e per conoscenza al Sindaco e all’Arpa (ove presente) oppure alla Asl. b) E’ possibile richiedere la misurazione del campo elettromagnetico all’Arpa o alla Asl, facendosi rilasciare la relazione tecnica sui risultati. Nel caso in cui la rilevazione venga effettuata da privati, assicurarsi della professionalità dei tecnici. Impianti da installare: Accertarsi che siano state ottenute tutte le autorizzazioni previste dalla legge (norme ambientali e sanitarie, edilizie ed urbanistiche, di stabilità dell’edificio, antincendio). Si ricordi che nel caso in cui l’impianto sia destinato a spazi condominiali, è necessaria l’unanimità dell’assemblea condominiale in base all’art. 1120 secondo comma del Codice Civile (Ma il Governo sta pensando di superare anche questo ostacolo). 2. Presenza di un elettrodotto nelle vicinanze di un’abitazione, un ufficio, una scuola, un ospedale In questo caso la rilevazione del campo elettromagnetico è di competenza dell’Arpa, ove istituita, oppure della Asl. Viste le conoscenze acquisite con molti degli studi finora condotti, è bene prestare particolare attenzione agli elettrodotti situati nelle vicinanze di luoghi destinati all’infanzia. Quali sono le principali precauzioni da adottare per tutelarsi dall’elettrosmog? E’ bene acquisire informazioni attendibili, diffidando da ogni genere di allarmismo. Legambiente mette a disposizione di tutti i cittadini materiale scientifico divulgativo per approfondire l’argomento e uno sportello informativo telefonico. Le sorgenti di campi elettromagnetici che incrementano in maniera più significativa l’esposizione della popolazione all’elettrosmog sono gli impianti esterni quali elettrodotti, antenne radiotelevisive e stazioni radiobase per telefonia cellulare. Inoltre, va fatta attenzione all’eccesso di elettrodomestici e apparecchiature elettriche nelle case e negli uffici (computer, asciugacapelli, televisori, forni a microonde, telefoni cellulari). La legge prevede l’obbligo per la case produttrici di elettrodomestici e di apparecchiature elettriche di uso individuale di indicare sull’etichetta i livelli di esposizione corrispondenti alla distanza di utilizzo. Non è però ancora stato emanato il decreto attuativo nel quale dovrà essere specificato per quali elettrodomestici valga quest’obbligo. Nel frattempo è utile adottare semplici precauzioni per limitare l’esposizione all’elettrosmog generato dagli impianti domestici. Va sempre ricordato che qualsiasi elettrodomestico in funzione generaun campo elettromagnetico (vedi tabella) nello spazio circostante e lungo i fili dell’impianto elettrico, che non è schermato e si attenua con la distanza. Ecco alcuni consigli pratici: Non concentrare più elettrodomestici ed apparecchiature elettriche in spazi ristretti Non utilizzare molte apparecchiature contemporaneamente Utilizzare i disgiuntori di corrente (bioswitch), che sostituiscono la tensione alternata con una bassa tensione continua, quando vi è basso carico (soprattutto di notte) Non lasciare troppi fili elettrici scoperti Se sulla parete dove è allocato il letto del bambino dall’altra parte è istallato un elettrodomestico non mettere questo in funzione mentre il bambino dorme Non utilizzare le termocoperte elettriche Utilizzare il telefono cellulare con l’antenna completamente estratta ed evitare i modelli privi di antenna; evitarne un uso troppo prolungato; utilizzare l’auricolare Valori di campo magnetico prodotto da alcuni elettrodomestici alle distanze di: 3 cm, 30 cm, 100 cm a dall’apparecchio, misurato in µT Fornello elettrico grande 150 45 0.2 Fornello elettrico piccolo 80 4 0.2 Forno 3 0.5 0.4 Forno a microonde 200 8 0.6 Lavastoviglie 7 1 0.08 Frigorifero 1,7 0,25 0.1 Lavatrice 50 3 0.15 Macchina per il caffè 7 0.5 - Tostapane 18 0.7 0.01 Ferro da stiro 30 0.3 0.025 Minipimer 450 4 0.02 Aspirapolvere 800 20 2 Asciugacapelli 750 10 0.3 Lampada fluorescente 200 3 0.06 Rasoio elettrico 1500 9 0.3 Televisore 50 2 0.15 N.B.: Si tratta dei valori massimi rilevati, ma si registrano anche valori inferiori, variabil secondo il tipo di apparecchio. Il campo magnetico è presente solo quando i fili sono percorsi da corrente, quindi quando l’apparecchio è acceso. Legambiente ha allestito uno sportello informativo telefonico (0686268401) attivo il mercoledì dalle 9,30 alle 12,30. Si può contattare Legambiente anche via e-mail all’indirizzo mc7273@mclink.it, o per posta (Legambiente, Campagna Elettrosmog, Via Salaria 403, 00199 Roma) oppure si possono acquisire informazioni consultando il sito web http://www.legambiente.com.