Torna indietro

Controcopertina….E non disse una parola

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : venerdì, 26 marzo 2004

Quando arrivano i magistrati, è già troppo tardi. Arresti, sequestri, avvisi di garanzia, e poi processi, sentenze, condanne segnalano la malattia di una società, non ne sono la cura. In sintesi estrema, quando i magistrati irrompono sulla vita pubblica, è la politica che ha fallito. Il fatto è che siamo talmente abituati ormai ai fallimenti della politica che non reagiamo più neanche a fronte di sentenze passate in giudicato. In compenso la nostra classe dirigente, che a torto o a ragione si sente assediata, ormai scambia il concetto di “colpa” con quello di “responsabilità politica”. La colpa, è bene chiarirlo subito, è personale, e non la stabiliscono né i giornali, né la popolazione, ma solo i giudici, nei limiti rigorosi previsti dalla legge. E la responsabilità politica che cos’è? La risposta sembra diventare ogni giorno più vaga, in Italia e all’Isola d’Elba. Ad ogni critica forte, i nostri governanti e amministratori, la nostra classe dirigente in generale, non sa che gridare al complotto, che di volta in volta è “comunista”, “giustizialista”, “antiamericano”, “qualunquista”, “massimalista”, e quant’altro. Una serie di aggettivi usati in senso dispregiativo quando non si ha nulla da dire, anzi da rispondere. Perché da qui viene la parola responsabilità (con tutte le sciocchezze che si dicono, a volte un po’ di etimologia non guasta): da “rispondere”. Quindi responsabile è, in generale, CHI RISPONDE. Non chi fa finta di nulla, chi piange “perché si rovina l’immagine dell’Elba”, che poi è l’italianissimo “chiagne e fotti ”, o chi si nasconde dietro discorsi incomprensibili, vuoti come aria fritta (tipo “l’ampia disponibilità dei DS al dialogo”, tanto per capirsi). Questo per quanto riguarda la responsabilità in generale. Ma la responsabilità politica è un concetto più preciso, che può essere capito anche da un ragazzino, quale ero io quando mi venne spiegato da uno zio latinista. C’è per esempio la responsabilità “in eligendo”, cioè nella scelta dei vertici, dei quadri, dei manager, dei segretari, eccetera. Tanto più è alta la carica, tanto più è grande la responsabilità. Che poi chiaramente scende giù fino a noi elettori (e come ammoniva De André “anche se vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti”). L’isola d’Elba offre spunti da manuale. Se, per fare un esempio, Mauro Febbo è stato presidente della Comunità Montana e si è dimostrato palesemente non all’altezza dell’incarico (per usare un eufemismo), la responsabilità ricade sia sul suo schieramento politico, sia su quelli che lo hanno votato presidente (le due cose potrebbero non coincidere). Poi c’è la responsabilità “in vigilando”, cioè nel controllo. Se determinati atteggiamenti sono gravi, ripetuti, in un arco di tempo lungo e coinvolgono più persone (cioè tendono a diventare sistematici), evidentemente qualcuno non ha esercitato bene la sua funzione (e in questo caso è coinvolta anche l’opposizione, seppure in un grado ovviamente minore). Nell’esempio di cui sopra, se si spendevano allegramente i soldi del contribuente, è perché la persona sbagliata faceva cose sbagliate senza che qualcuno lo richiamasse all’ordine. Infine c’è la responsabilità “in exprimendo” , cioè per le posizioni sostenute, le cose dette a nome e per la comunità (a partire dal proprio gruppo politico, i propri elettori, e poi i cittadini tutti). Oppure per le cose NON dette, e peggio ancora le bugie. Anche in questo caso gli esempi si sprecano. Una delle balle più clamorose, anche perché è stata avallata da “autorevoli” studi universitari, riguarda la crescita demografica della popolazione elbana, che è stata presentata come notevole (almeno in prospettiva). Poi su “Repubblica” si legge che la popolazione elbana è la stessa di dieci anni fa. In pratica, si dice “case” , anzi “case per le nuove famiglie” che fa più presa e riguarda tanti, e si intende “residences, alberghi e miniappartamenti”, che fa più soldi e riguarda pochi. Ma qui si entra giustamente nel campo dell’opinabile, perché magari in tanti vogliono ancora più cemento e più turisti, e in tanti magari pensano che l’Isola d’Elba è migliorata, come qualità della vita, il resto sono chiacchiere denigratorie di “certa stampa” o di “certi movimenti”. Ci sarebbe anche una forma più grande e più importante di responsabilità politica, ma sembra di parlare di fantascienza. E’ la responsabilità di avere una visione di futuro, di “rispondere” appunto alle sfide che la storia ci pone davanti incessantemente. Quindici anni fa, tanto per fare un esempio, non c’erano praticamente lavoratori extracomunitari, oggi sì. Trent’anni fa a stento si percepiva il problema ambientale, per lo meno all’isola. Il tema del Parco è stato posto quando ancora molti elbani forse pensavano di vivere a Disneyland, un piccolo paradiso turistico che non andava toccato. La più importante opzione sul futuro è stata presentata più o meno come una catastrofe che ci avrebbe fatto vivere in una sorta di riserva indiana (grosso modo la visione del centrodestra attuale), oppure come un passaggio assolutamente indolore, che avrebbe migliorato l’immagine senza incidere sostanzialmente sul nostro sacro stile di vita (grosso modo il centrosinistra attuale, con le dovute eccezioni). Aveva ragione il centrosinistra, non è cambiato niente. In compenso non abbiamo ancora una raccolta differenziata degna di questo nome, però abbiamo avuto il fantastico bidone dell’inceneritore, abbiamo strade intasate e pericolosissime, abbiamo più supermercati ma meno spazi per i bambini, abbiamo più parcheggi e meno strutture sportive. In sintesi, abbiamo probabilmente più soldi e meno serenità. E a questo punto la responsabilità politica coinvolge direttamente la gente, perché la classe dirigente pensa di avere operato per il meglio, non ha una visione critica del passato recente e quindi ha una debolissima visione di futuro. Grazie a Dio (e alla Costituzione) il giudizio finale spetta ancora ai cittadini. E’ un verdetto comunque relativo, appellabile ogni cinque anni. Ci possono essere amministratori che hanno fatto cose buone per un certo periodo e poi non più. Non è lesa maestà chieder loro di farsi da parte. Come non è segno di debolezza, da parte loro, dire “abbiamo sbagliato”, oppure “non avevamo capito alcune cose”. Per ora, a quanto pare, si preferisce rispondere con le querele. E così la politica malata finisce di nuovo di fronte ai giudici.


manifestazione su la testa

manifestazione su la testa