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A Sciambere: l'indigeno monello

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : martedì, 17 febbraio 2004

Caro direttore, visto che sono tirato in ballo come Monello (nomignolo al quale tengo molto perché dimostra l'indulgenza, se non l'affetto, dei miei amici d'infanzia, e questo nonostante il mio carattere e la loro capacità di affibbiare nomignoli feroci), credo di dover fornire qualche precisazione. Come Monello, cresciuto scalzo nei vicoli di Rio, non me la sento di disquisire sul significato del termine indigeno; potrebbe apparire presuntuoso. Ma siccome abbiamo utilizzato questa parola ecco, parlando alla buona, cosa ne penso. Do per scontato che tu non metta in dubbio la nostra conoscenza del significato letterale di questo termine. Dirò qualcosa sul significato che aveva nel pezzo da noi scritto. Quindi il significato di indigeno all'interno di un discorso sulla colonizzazione. Riferito, dunque, a popolazioni che, in un dato territorio, preesistono alla cultura dominante e sono da questa circoscritte, isolate, ghettizzate; gli indigeni sono relegati ai lavori più duri, sfruttati, umiliati: sarebbero, in qualche modo, stranieri e sottomessi nella terra dove sono nati. Indigeno o aborigeno sono parole di origine latina, inventate dagli europei, per indicare le popolazioni sottomesse. Non ho la competenza, ma non credo che esista il termine nelle lingue del terzo mondo; esisterà invece quello di colonizzatori. Nessun europeo potrà mai essere chiamato indigeno: quando i tedeschi invasero Parigi nessuno di loro pensò di riferirsi ai parigini come indigeni. I partigiani francesi venivano fucilati, ma come francesi. Neanche gli americani quando arrivarono in Italia pensarono a noi come indigeni per il solo fatto che abitiamo in questa terra da sempre. Solo Hitler, riferendosi alla sua campagna ad Est (paragonata alle campagne dei bianchi nel Far West) parla ripetutamente dei popoli dell'Europa orientale come di indigeni che dovevano essere ricondotti ad una situazione preindustriale. La sistematica distruzione di tutte le infrastrutture industriali, comprese le ferrovie, mirava a questo. Come si vede, concetti e parole nascono nella storia, sono duri a morire, perché sono duri a morire i fenomeni che li hanno prodotti. Anche se prendono forme diverse. A me sembra che il termine indigeno abbia assorbito tutto intero il rapporto nativi - colonizzatori, ne sintetizzi gli aspetti più insopportabili: quelli dell'imposizione del più forte sul più debole con rimandi alla distruzione di grandi culture, genocidi e sfruttamenti feroci. Il significato di certe parole, a volte, assorbe il dolore dalla storia più di quanto non assorba la muffa dai vecchi vocabolari. E posso concordare che, per queste tragedie, similitudini e riferimenti dovrebbero essere utilizzati con più pudore e rispetto. Quindi è chiaro che quando noi parliamo di colonia elbana, ascari, truppe cammellate ecc., per carità, nessuno pensa all'Eritrea. Serve a far capire certi fenomeni preoccupanti che si stanno verificando. Nessuno ci dà coperte con bacilli come facevano i bianchi con gli indios. Si limitano a mandarci l'acqua con il boro, ma non lo fanno certo per sterminarci (lo fanno perché ci vogliono bene). Il fatto che il termine colonizzazione lo utilizzi sia Lucchesi che Mussi e appaia nei documenti ufficiali vuol dire che è ancora utile per descrivere una situazione di fatto. Vuoi saper cosa penso personalmente di Lucchesi? Penso che sia uno dei pochi che potrebbe fare il Sindaco di Portoferraio senza farci fare brutte figure. Buon lavoro, Giovanni Muti detto il Monello "Lucchesi ritorna - senza te non c'è veglioni - se dura 'sta crisi - che rottura di coglioni - fra Cafiero, il diurno e la TV ..." Le strofe cantate sull'aria del "Le colline sono in fiore" si riferivano in effetti al compianto On. Lucchesi Primo, ma dimostrano la circolarità della storia portoferraiese, che da sempre propone a Portoferraio una destra bambina o più frequentemente ritornata bambina (rimbambita), costretta (a proposito di colonizzazioni) ad esportare i suoi problemi in contimente (insieme ai rifiuti che non sa smaltire) perchè siano i tanto vituperati fratelli-coltelli continentali a strigare le lenze quivi pasticciosamente attrigate a dirimere le questioni e ad emettere sentenze. Parimenti, visto che sul posto i candidati sono uno, nessuno e centomila, torna comodo cercare nella scuderia qualche cavallo di razza condotto anni prima a trottare in ippodromi continentali, ancorché aborigeno, nativo, indigeno, locale etc. Non so se Lucchesi junior sarebbe un buon sindaco idem dicasi per l'ex "guru" della sinistra cattolica ferajese Marcello Pacini, attualmente collocatosi in posisione di centro-destra-sinistra-destra, e passato, con notevole decremento di stile, dalla corte di Agnelli a quella del nano pelato. Se il Senator Pacini si calasse qui in veste di candidato metterebbe nelle serie ambasce parecchi. Pensa un po' a Angiolino Cortesi per dirne uno: voterebbe per il su' cognato o per Franco Scelza a favore del quale ha firmato un appello? Bel casino eh? Sono certo comunque che come sindaci sarebbero meglio di Ageno, ma per quello ci vuole davvero poco, sono sicuro altresì che sarebbe più divertente dare loro la caccia: questi dell'ultimo giro so' come le scorfine, anche se li sbagli con la prima fiocinata, scappano mezzo metro e si mettono lì a aspettare la successiva. Per concludere dire "ci trattano come indigeni" rimane una bella favata, ma lo sforzo per giustificarla è encomiabile, ti abbuono la prossima. Se poi ti fidanzi ufficialmente con Lucchesi fammi sapere.


indigeni  papua

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