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Moderati e Radicali

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : lunedì, 09 febbraio 2004

Caro Sergio Rossi, la fatica giornalistica alla quale lei si applica giornalmente è un atto per me eroico, com'è eroico l'atto dello scrivere di chiunque: si lascia traccia di se stessi, delle proprie idee e se queste risultano sbagliate, l'atto dell'ammissione dell'errore è obbligato e necessario per permettere alle prossime idee scritte di aver fondamento, credibilità e autorevolezza. (così insegnava Indro Montanelli) A Sciambere di oggi - che attribuisco a lei in qualità di direttore responsabile, non essendo l'articolo firmato - rappresenta la dimostrazione massima della spocchiosità della sinistra, della presunzione della verità assoluta e della ideologia dogmatica con la quale dovrò confrontarmi se la sinistra, che volevo fortemente votare alle prossime elezioni, vincerà. A sciambere di oggi ha fatto spostare il mio voto dalla sinistra alla scheda bianca e questo penso proprio che lei non lo volesse. Sa', ho paura della coercizione (ho avuto la fortuna di avere nonni che mi hanno sempre raccontato l'Italia del terrore e della diffidenza, uno da parte comunista e l'altro da parte repubblicana). Le ricordo Voltaire: non condivido ciò che dici, ma sarei disposto a dare la vita affinché tu possa dirlo. Confido in lei a che io non sia vittima prossima ventura della vendetta e dell'odio ripugnato da Ciampi. Una volta Montanelli rispose ad una mia lettera che alla vittoria della destra di Berlusconi sarebbe seguita una "reazione benefica" del popolo italiano, e di recente Severgnini sull'Economist auspicava la rivalsa dello stesso popolo che, durante gli anni e con la fatica di tutti i giorni, ha reso vivibile e democratico un paese che i politici ci hanno sempre confezionato diversamente. Così facendo invece farete passare l'attuale stato politico per una cura necessaria. Proporre anziché stroncare, questo dovrebbe essere il dovere di tutti, in particolare in questo momento. Ringraziandola per il suo impegno quotidiano le invio i miei saluti Robi Veltroni Caro Veltroni Non ho intenzione di cavarmela con una battuta come ho fatto ieri rispondendole e citandole per iniziare: “Beato il paese che non ha bisogno di eroi”, osservando che non mi ci vedo proprio nei panni dell’eroe solitario, primo perché Elbareport è frutto di un lavoro di squadra a cui contribuiscono in parecchi, secondo perché sono convinto che alla lunga, magari quando avrò passato la mano, questo lavoro volontario potrà diventare ricompensato adeguatamente, terzo perché come diceva un noto giornalista, scrivere è duro ma è sempre meglio che lavorare. Eroica in questo momento è la massaia della famiglia monoreddito che riesce a mettere d’accordo il pranzo con la cena, eroico è il pensionato che tira avanti in una dignitosa povertà, eroico è l’operaio che ha lasciato gli affetti in Sicilia, Calabria, Romania o Senegal e rischia le penne su un impalcatura etc. Io credo di fare solo il mio dovere. Veda Veltroni c’è un dato che non torna: io condivido riga per riga quanto lei afferma (Voltaire prima di tutto) eppure lei dice di essere stato convinto da alcune mie affermazioni a votare scheda bianca: da qualche parte ci dev’essere un’incomprensione non crede? Facciamo allora che mi son spiegato male io. Resettiamo, le dirò come la penso andando magari un po' lungo, per vedere se ci si capisce. Con rispetto di chi la pensa diversamente ritengo Berlusconi, un pericolo per la democrazia e quel suo scombiccherato governo, salvo alcune rare eccezioni, una banda di incapaci che sta provocando danni materiali e morali alla comunità nazionale, e quanto detto per la guida nazionale può essere pari pari mutuato per la situazione a livello locale. Va da sé a questo punto che la prima emergenza è battere il berlusconismo sia nazionale che locale, e ciò farebbe apparire necessaria un’alleanza tra due componenti della nostra democrazia quella dei radicali (come mi considero) e quella dei moderati (nei quali probabilmente si identifica lei) . Fin qui tutto tranquillo la confusione nasce soprattutto nella interpretazione dei ruoli. Essere moderati non significa per esempio proporre ricette più a destra di quelle della destra per carpire il consenso di chi sta a destra, così come non si può pensare di allearsi con i moderati su un programma che preveda la costituzione di una repubblica dei soviet. Una buona alleanza deve per funzionare dare poco spazio a fughe in avanti e a fughe indietro, per quanto riguarda ciò vedo a tutti i livelli molta moderazione tra i radicali e molto deteriore radicalismo tra i cosiddetti moderati. A complicare le cose c’è il pasticcio interno dei DS che pur avendo all’interno entrambe le anime non hanno saputo essere (come in altre occasioni) autorevole perno dell’alleanza, dal mio punto di vista per una fregola centrista per la voglia di trovare una collocazione diversa. Caro Veltroni, quando Massimo D’Alema mi dice che occorre astenersi sulle spedizione militare in Iraq e quando Franco Scelza mi propone consunte ricette fratiniane per la gestione del territorio, quando Angelo Zini mi dice che il nostro target sono le partite IVA, (e guardi che, tralasciando le esternazioni di alcuni fessacchiotti d’area, ho citato tre persone alle quali riconosco intelligenza) capisco, tenendo ferma la sigla DS, di essere certo al cospetto di Democratici, ma che non posso assolutamente più definire “di Sinistra”, bensì dei democratici, moderati, iperliberisti, che hanno una visione della Pace, del mercato, della solidarietà sociale, della partecipazione e dell’uso del territorio diversa ed a tratti collidente con la mia. Questo non significa che io non debba dialogare con costoro, ma ci voglio ragionare nella chiarezza, partendo da un “cari amici voi non rappresentate il mio pensiero e non potete pretendere che mi uniformi al vostro”, mi servirà per prendere atto con più distacco delle manovre e manovrette sulle candidature comunali e provinciali, sui siluri sparati su un amministratore come Franchini, non perché si dà un giudizio negativo del suo operato, ma perché il suo posto “serve” nel mercatino delle poltrone, per condurre qualche gioco di bussolotti a livello comunale con un promoveatur ut amoveatur o per dare lustro a qualche fantasma, giochetti in cui mi imbatto un giorno sì e l’altro pure; mi servirà per dire: “Non in mio nome”. Con lei Veltroni, che sta come me fuori dalla stanza dei bottoni, dialogherò sempre con piacere senza domandarmi se mi sta raccontando la verità o una menzogna per ragion di partito, rispetterò il suo moderatismo così come credo lei rispetterà il mio pormi in maniera radicale, costruttivamente.


nebbia cicino

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nebbia cicino 3

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quercia

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