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Il mio convegno

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : sabato, 21 dicembre 2002

Riceviamo una lettera da uno dei ragazzi che si è diplomato nella sezione D del Liceo Foresi nel carcere di Porto Azzurro. Il detenuto deve scontare una durissima condanna e, in occasione del convegno sulla scuola in carcere, il Magistrato di Sorveglianza gli ha concesso il primo permesso dopo undici anni e mezzo di detenzione. In un tiepido sabato dicembrino, finalmente esco per la prima volta, dopo undici anni e mezzo, dal carcere elbano. Subito sento l’aria frizzante della Libertà colpire il mio viso, mi guardo attorno e vedo che davanti ai miei occhi non ci sono grate, tic tac… tic tac…, sento che mi manca la visione a quadretti che ho nella mia quotidianità, i profumi si mischiano tra loro, sento l’odore del verde degli alberi, la salsedine del mare, tic tac…tic tac…, che irrompono nelle mie narici, l’accompagnatore parla, lo sento ma i miei pensieri, il mio cervello sta fotografando quello che gira attorno, un mondo diverso, rispondo e parlo automaticamente, è come se una parte del mio cervello sia attento a quello che lui dice, mentre l’altra parte sta lavorando in un altro senso, ora capisco cosa sia quel senso di ubiquità che si dice esista. In questo momento ci sono due Dimitri, uno vigile e attento a socializzare con chi deve essere il mio accompagnatore e l’altro a rubare immagini che più tardi mi serviranno per continuare a vivere tranquillamente nella Fortezza. Tic tac…tic..tac… Intanto arriviamo nell’aula magna dove si tiene il convegno, vedo tante facce amiche e subito vengo accolto con immenso affetto, mi viene voglia di scappare, perché questa dimostrazione affettiva, là dentro non c’è, ma subito comprendo che è una cosa normale, con alcuni ci conosciamo da oltre sette anni, con altri abbiamo fatto il percorso quinquennale scolastico e quindi se in carcere bisogna mantenere un certo atteggiamento formale, qui fuori possiamo passare all’informalità, l’importante che esista sempre il rispetto della persona. Tic…tac… tic tac… Mi basta guardare negli occhi una persona e subito vi è il sorriso di amicizia e solidarietà, vi sono baci e abbracci, strette di mano e auguri per questo mio rientro nella società. A questo punto mi chiedo. Ma allora qui fuori sono contenti che un carcerato esca dal carcere, dov’è l’ipocrisia di cui riferiscono i media? Oppure costoro sono delle mosche bianche? Quando si avvicina tic tac… tic tac…l’ora del mio rientro passo a risalutare tutti, il mio accompagnatore ora è raddoppiato come un miracolo, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, tic tac…tic tac…, quando oltrepasso il ponte levatoio, tic tac…tic tac…, capisco che l’orologio della Libertà ha scoccato l’ora della fine, che altro non è che l’inizio della mia rinascita, solo e solo in quel momento tutta la forza che ho avuto all’esterno per sembrare tranquillo cade e giunge nelle mie membra una grande stanchezza, tant’è vero che alle otto di sera sto già dormendo, qualcuno direbbe che dormo il sonno del giusto ed avrebbe ragione, dato che ho ottemperato ai miei doveri con solerzia, un atteggiamento di rispetto nei confronti delle regole che mi permetteranno, in futuro, di ripetere questa mia nuova esperienza, tic tac…, tic tac…