“Navigare Sicuri”, così si chiamava, se non erro, la campagna estiva per la sicurezza in mare lanciata dalla Guardia Costiera e dalle Capitanerie di Porto. Ottima iniziativa, niente da dire. Ma rientrando all’Elba con una delle due compagnie di navigazione che si contendono i milioni di Euro del businnes della tratta Piombino-Elba, viene da chiedersi se le Capitanerie si pongano il problema della sicurezza solo se vai a fare una girata allo Scoglietto in agosto oppure anche se ti trovi su un vecchio traghetto pieno di famiglie di turisti e residenti. Navigare sul Giraglia è ormai una prova di sopravvivenza. Una sera qualsiasi in mezzo alla settimana, per la partenza delle 21,00 c’è un buon numero di auto sul porto di Piombino. La nave precedente, partita alle 18,40, l’abbiamo perduta per pochi minuti per cui non abbiamo certo voglia di aspettare la Toremar e ci rassegniamo alla Moby, compagnia che d’inverno mette volentieri in servizio la gemella del Bastia per l’ottimo rapporto tra il personale di bordo –poco numeroso- ed il numero di camion e auto che può imbarcare. E così ai pochi turisti di bassa stagione la Moby offre un livello di comfort per i passeggeri pari ad una diligenza del Far West, ma che importa! Il profitto prima di tutto ! Eppure sbaglio o qualcuno va vantandosi di avere la ricetta giusta per allungare la stagione turistica?!? Comunque si imbarca. Prima sorpresa: dobbiamo imbarcare “di sbieco” perchè il ciglio di banchina è troppo alto rispetto alla nave e si rischia di restare a cavallo della passerella. Ok. Ci riesco. Un camper traballa, oscilla e barcolla. Poco male, tutt’al più si rovescia in mare. Entro in garage con la piccola utilitaria e la famiglia a bordo e subito mi viene intimato con marziale cipiglio di far scendere moglie e figli. Eseguo obbediente col risultato che bambini e Signora si ritrovano in mezzo al garage a schivare gli altri automezzi che stanno entrando. Ma ecco che incalza un altro garagista che, nella lingua ufficiale del Mascalzone Latino America’s Cup Team, mi urla di spegnere i fari (per la verità avevo solo le luci di posizione). Il tono si fa perentorio: “Accosta, accosta!!! Cosa cavolo guardi! Devi guardare me non l’auto !!”. Non so perchè mi dia del “tu” ma fa lo stesso. Peccato che il tipo mi stia facendo avvicinare di pochi centimetri ad un auto la cui verniciatura dello sportello vale più dell’intera mia utilitaria. Il tipo si arrabbia, s’infuria. Sinceramente mi chiedo perchè sia così nervoso, ne concludo che sia ancora vittima della delusione patita per la sconfitta di Auckland. O forse sono troppe ore che è al lavoro. Riesco a capire che vuole che tiri il freno a mano. Apro lo sportello e vedo che il garage è una sorta di puzzle infernale, un incastro assoluto per farci entrare più auto possibili. Scendo e gli chiedo “ma la Capitaneria cosa ne pensa di questo incastro?”. Il tipo mi guarda, sghignazza e, ancora nella lingua ufficiale della sfida all’America’s Cup, mi risponde “La Capitaneria che dice? Vai dal Comandante e chiediglielo“. Lascio stare. Arrivo nel salone e l’ottimo barista mi fa un buon caffè ma mentre lo bevo vedo che il montacarichi fa salire auto sul ponte passeggeri. Mi chiedo cosa accadrebbe se una di queste perdesse carburante. Vicino fumano tutti e la pendenza porta verso il salone passeggeri. Dentro di me sento molte fitte al cuore, precisamente 140 (era il 10 aprile di alcuni anni fa). Il caffè è ottimo, il barista bravo e simpatico. Vedo il Faro della Stella e invito moglie e bambini a non seguirmi nel garage immaginando cosa avrei trovato. Le auto erano così accalcate che non si riusciva neppure ad avvicinarsi alla propria finchè le altre non si fossero mosse. Se il Giraglia in manovra di attracco sbattesse contro la banchina decine di persone si troverebbero con le gambe strizzate dal paraurti del vicino. Scendo e niente accade. Ma in una simile situazione se succede qualcosa non si tiri in ballo, per favore, il destino cinico e baro. E io continuo a chiedermi: ma la Capitaneria cosa ne pensa?
Moby Giraglia