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Sei ore di libertà

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : martedì, 17 dicembre 2002

Lo chiameremo D., perché a volte il tempo passato altrove cancella anche le lettere del proprio nome. E’ stato sempre al fianco della Professoressa Licia Baldi, nonostante fuori dall’Aula Magna del Liceo Foresi, dove si è svolto il convegno sulla scuola in carcere, ci fosse tutto il mare che si potesse chiedere ad una giornata di dicembre. Lo chiameremo D. come la sezione di Liceo che ha frequentato, per dare anche un’impressione visiva di un’anomalia esistenziale, di una malattia fonetica, cronica, e incivile che si chiama ergastolo. Il Giudice di Sorveglianza gli ha concesso un permesso per partecipare al Convegno. La sera prima è stato malissimo. Dopo undici anni e mezzo vissuti in cella, uscire e trovarsi davanti Porto Azzurro tutto intero lo terrorizzava. Ha salutato i suoi amici, si è vestito bene, per andare in un posto di cui aveva compreso soltanto il numero davanti: 6 ore di libertà. Ha firmato il permesso dai Carabinieri, ha buttato via una sigaretta accesa, è salito in macchina, è arrivato al convegno, si è seduto accanto a Licia. E’ uscito fuori a fumare di nuovo, e mi ha detto che ha guardato il mare che era lì dietro. Gli ho chiesto come si sentisse: “Benissimo, sono tranquillo. Mi sento bene.” Mi è sembrato molto poco, pensavo che anche le venature secche delle foglie cadute dei platani potessero irritarlo, o che il sole lo dovesse accecare. Ma si era già abituato alla libertà, così come ci si abitua a respirare l’aria anche senza conoscere la formula chimica tra ossigeno e azoto. Mentre tutti gli altri stavano ancora mangiando, nella grande sala del buffet, si è alzato, ha lasciato il tovagliolo piegato sul tavolo, ha salutato. Firma di rientro dai Carabinieri, poi è sparito dietro il portone, verso una pena che non prevede nessun numero davanti.


carcere porto azzurro

carcere porto azzurro