Dante Leonardi ci ha sorpreso oggi nell’atto di infiocinare lo spaghetto quotidiano per stigmatizzare una inesattezza non lieve contenuta nel primo numero di questa rubrica, la madre di tutti gli “A Sciambere”. Direte: “Diavolo ma è passata quasi una settimana!” Sciocchini, non avete considerato che Dante è un po’ pisciapiano, preciso eh .. ma lentuccio, ha bisogno dei suoi tempi. Bene, per la precisione Dante ci ha notiziato che colui che diede origine al detto “A Sciambere” non era un proto-turista come avemmo a scrivere, bensì un tecnico francese che lavorarava nelle miniere che usava con una certa frequenza (diciamo una sera sì e l’altra pure) recarsi all’osteria dove beveva quantità spaventose di vino, e si riduceva in uno stato talmente simile a quello dei primati che se la cosa fosse accaduta oggi non avrebbero mancato di farlo assessore. Il poveretto usciva poi dalla bettola decisamente male in arnese e privo di ogni senso di orientamento, indi vagava per le contrade riesi alla ricerca disperata ed infruttuosa della sua camera, la “chambre” appunto. Ciò narrato continueremo a arrotolare gli spaghetti che, come d’uso bagneremo di buon vino rigorosamente rosso (che ci volete fare, è un destino, il bianco ci dà acidità) ma ne berremo una quantità moderata per non incorrere nel rischio di fare discorsi etilici, ne stiamo leggendo già troppi negli ultimi giorni.