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Antenne: a che punto siamo?

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : venerdì, 28 novembre 2003

La presa di posizione del comitati toscani contro l' elettrosmog, e in particolare della coordinatrice Dott.ssa Beatrice Bardelli , che riproponiamo condividendola in toto, è un utile strumento di analisi che può consentire ad incauti Amministratori Pubblici di evitare denunce comportandosi correttamente. Il rinvio dell' assemblea di Cavo potrà così consentire alla signora Vicesindaco di Rio Marina, Paola Mancuso ( che si suppone in buona fede ma disinformata ) di correggere le incaute affermazioni riportate dalla stampa di mercoledì: " l' installazione della stazione - delle antenne , ndr - ..è anche e soprattutto una procedura di carattere concessorio, che come tale può essere avviata da qualunque soggetto privato".. Sembra cioè voler dire che c'è poco da fare, che il Comune abbia le mani legate... NON E' VERO, come è facile capire proseguendo nella lettura; i Comuni sono responsabili e hanno il dovere, mentre si preoccupano giustamente di migliorare l' efficienza dei collegamenti telefonici, di farlo ripettando anche la salute dei propri cittadini: ne hanno gli strumenti e sono tenuti ad usarli, motivati oltre che dalla propria coscienza, dalle norme vigenti. Stesso discorso vale per Portoferraio, che ora ha la possibilità di spostare le antenne installate nei punti sensibili . Verdi Arcipelago Toscano La Normativa "Quando si parla del problema delle antenne bisogna avere ben chiaro che si parla di una nuova tecnologia industriale immessa capillarmente sul territorio in totale assenza di una qualsiasi certificazione di innocuità e creata per soddisfare nuovi bisogni di tipo personale, indotti esclusivamente da interessi di mercato (incentivare l’uso del cellulare comporta la necessità di installare più antenne). Detto questo, passiamo ad analizzare la situazione normativa attualmente vigente e la possibilità che hanno i Comuni di regolamentare sul proprio territorio la presenza di questi impianti tecnologici insalubri. Dal febbraio 2001, con l’entrata in vigore della Legge quadro sull’elettrosmog (n.36), i Comuni hanno avuto dallo Stato la conferma di essere gli unici responsabili del governo del proprio territorio attraverso il ricorso agli strumenti urbanistici ed edilizi “per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”(art.8 comma 6). Ricordiamo che neppure durante la fase del decreto Gasparri (n.198/2002), dal 14 settembre 2002 al 9 ottobre 2003, erano venute meno le competenze urbanistiche ed edilizie dei Comuni che potevano individuare zone dove far installare le antenne per così dire “comuni” in quanto l’assoluta libertà di installazione delle antenne sul territorio comunale garantita ai gestori dal decreto Gasparri riguardava solo le antenne definite “strategiche” che dovevano essere localizzate, tuttavia, d’intesa con le Regioni. Nel nostro caso con la Regione Toscana. Ebbene, i documenti relativi alla individuazione delle antenne “strategiche” con tanto di elenco ad hoc ed alla “puntuale localizzazione” delle antenne d’intesa con la Regione Toscana non sono MAI esistiti. E molti, troppi Comuni in Toscana, anche retti da giunte di sinistra, forse per codardia o incompetenza ma pur consapevoli che anche la Regione Toscana aveva impugnato il “Gasparri” come anticostituzionale, hanno chiuso gli occhi ed hanno permesso l’installazione delle antenne senza essere in possesso della documentazione completa. E’ per questo che molti comitati in Toscana hanno denunciato alla Procura della Repubblica i propri Comuni. Oggi, che il decreto Gasparri è stato definito dalla Corte Costituzionale (sentenza 303/2003) incostituzionale i Comuni che hanno permesso che il proprio territorio venisse aggredito da un fiorire di antenne illegittime hanno un dovere ben preciso: annullare le autorizzazioni date o permesse attraverso il meccanismo della DIA (Dichiarazione di inizio attività) previste dal “Gasparri”. Lo prevede la stessa Corte Costituzionale (sentenza n. 139 del 1984) che prescrive la “retroattività” delle sentenze della Consulta ai “rapporti tuttora pendenti” ovvero non “esauriti”. E come possono essere considerati “esauriti” i rapporti relativi alle autorizzazioni o alle varie DIA permesse dai Comuni se, nell’un caso o nell’altro, ma anche in altri casi anomali qui non previsti ma sempre permessi dai Comuni, le installazioni delle antenne sono avvenute in assenza della presentazione di una documentazione COMPLETA? Nello specifico, il Comune di Livorno che, ad una prima analisi dei documenti autorizzatori, ha permesso l’installazione delle antenne SENZA citare il decreto Gasparri, avrebbe, allora, dovuto citare la Legge quadro e la Legge regionale della Toscana (n.54 del 6 aprile 2000) che prevedono la LOCALIZZAZIONE delle antenne anche in considerazione della tutela delle aree sensibili (che comprendono anche le zone di particolare densità abitativa) nonché l’obbligo della concessione edilizia previsto prima dall’art.1 della Legge n.10 del 28 gennaio 1977 ed in seguito dal Testo Unico in materia edilizia n.380 del giugno 2001. In ogni caso, a quanto emerge, la documentazione in possesso del Comune di Livorno per permettere ai gestori l’installazione delle antenne risulta incompleta. E come tale, illegittima. E l’obbligo della concessione edilizia per l’installazione delle antenne risulta anche da una attenta lettura del nuovo Codice delle Comunicazioni elettroniche (è entrato in vigore il 16 settembre 2003) che, riproponendo agli articoli 86-92 gran parte dell’incostituzionale decreto Gasparri (la Regione Toscana lo ha già impugnato di fronte alla Corte Costituzionale) senza, tuttavia, osare di intaccare la costituzionale competenza urbanistica ed edilizia dei Comuni, assimila le “infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione” alle opere di urbanizzazione primaria (art. 86 comma 3) a cui “si applica la normativa vigente in materia”. E sia il Testo Unico (n.380 del 6 giugno 2001) sia la recente Legge regionale in materia edilizia (n. 43 del 5 agosto 2003) prevedono per le “opere di urbanizzazione primaria” l’obbligo della concessione edilizia. Ai Comuni, ora, spetta l’importante compito di fare una variante al Piano regolatore dove individuare i luoghi da offrire ai gestori per l’installazione delle loro antenne. I gestori lo sanno, i Comuni no, ma una macrocella (antenna classica) ha un raggio di azione di 1000 metri ovvero di 1 chilometro. E proprio per questo l’art.208 del nuovo Codice (non impugnato dalla Regione Toscana) permette ai Comuni, “per evitare dannosi assorbimenti dei campi elettromagnetici”, di vietare la costruzione di nuovi edifici fino a 1000 metri (1 km) dalla installazione di una antenna."


antenne falcone

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