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A Sciambere: uno spicchio di notte

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : mercoledì, 26 novembre 2003

Siamo al Rifrullo con Luana dove rimediamo una pizza e una birra per una cena a quest'ora impossibile, riflettendo sul fatto che a fare questa vita si guadagna certo una gastrite non per la qualità del cibo ma per i continuo scombussolamento orario. Un boccone e una frase con Leo Lupi sulle magnifiche sorti e progressive della sinistra, poi verso in centro dove incrociamo un amico. Segue attentamente il nostro lavoro anche se lo guarda col disincanto di uno che sta a destra, ma conosce per filo e per segno le meschinità, le piccinerie di molti che dalla sua parte si sono proposti come reggitori dei destini cittadini e li disprezza cordialmente. Discutiamo in Piazza Pietri con lui e Luana fuori delle rispettive macchine in una tregua della pioggia, si va dalla Pacaelmo ad Alì Agca, che sta da 19 anni in carcere, eppure non è riuscito ad uccidere ci ha solo provato, sta dentro solo e soltanto perchè davanti alla canna della sua pistola c'era un Papa, il nostro amico ci domanda se è giusto, rispondiamo di no e ci stupiamo di non aver mai notato da soli questa vergogna giuridica. Si torna a parlare di Portoferraio di una destra senza candidati, di una sinistra in stato di confusione mentale, di una classe politico-amministrativa comunque scarsa, inadeguata. Ci fa salire sulla sua auto per ascoltare musica ed inizia con uno splendido Prokofief suonato da Martha Argerich, suona il piano anche lui il nostro amico e quando, dopo, si passa al quarto movimento della nona sinfonia, canticchia chiamando per nome le note, parla rapito della grandiosità della musica che cresce verso l'Inno alla Gioia sotto la bacchetta di Muti e che inonda l'abitacolo. Sembra impossibile che tra qualche ora quest'uomo farà il funzionario. Torniamo a casa nella notte, la pioggia ha reso setoso l'asfalto liscio la macchina ci scivola, ripensiamo ai torzoli di cui dobbiamo scrivere ogni giorno, alle mezze seghe rivestite d'autorità, a questa scuola berluscona della ministra con l'infiammazione dove l'importante è sapere andare sul pc e sapere l'inglese, ma dove non si insegna a coltivare le proprie emozioni, a coniugare intelligenza e sensibilità. Scelba coniò il termine "culturame" ma Bettino come Allah e Silvio come Moahmed fecero dell'aridità, del cinismo e dell'ignoranza un nuovo Corano. Amen, andiamo a letto.