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L'opposizione: Ageno revochi la delibera delle Ghiaie, è illegittima

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : martedì, 25 novembre 2003

Al Sindaco di Portoferraio Nell’ultima seduta consiliare, dopo un lungo, acceso dibattito la S.V. ha comunque posto in votazione la proposta di delibera con la quale sostanzialmente è stato deciso di vendere un’area inserita nel parco pubblico delle Ghiaie, subordinando tale cessione alla stipula di un atto di transazione per quanto dovuto dal privato a titolo di corrispettivo dell’uso dell’area in questione dal 1994 ad oggi. Senza ritornare nel merito della scelta compiuta e della sua enorme e palese impopolarità, i sottoscritti Consiglieri comunali chiedono, preliminarmente, che il Consiglio adotti una delibera di revoca della destinazione urbanistica dell’area, indicata nel Regolamento urbanistico come “zona edificata” con una disciplina che consentirebbe l’ampliamento del 30% dei volumi esistenti e anche una loro destinazione ad uso residenziale. Tale nuova destinazione urbanistica è manifestamente illegittima, vuoi perché introdotta senza alcuna motivazione, vuoi perché l’area in questione con gli immobili su questa nel tempo realizzati e da sempre utilizzati per servizi di ristoro, bar , sala giochi ecc…fa storicamente e fisicamente parte di una più vasta area urbana che, secondo i più elementari canoni urbanistici, altra destinazione non può avere che quella di “parco pubblico attrezzato”. Questa modifica della destinazione urbanistica dell’area sarebbe, del resto, coerente con il contenuto della seconda proposta di deliberazione da Lei presentata in Consiglio e poi non votata. Sulla delibera di cessione approvata il 12 novembre scorso gravano pesanti vizi di illegittimità. Già durante la seduta consiliare, abbiamo denunciato la violazione degli artt.52 e 55 del regolamento di funzionamento del Consiglio comunale, per la mancata acquisizione del parere obbligatorio della competente Commissione consiliare, Commissione che peraltro aveva richiesto, nella seduta del 21 ottobre, una relazione sul contenzioso in essere con la Società interessata all’acquisto per quanto concerne i canoni arretrati e un aggiornamento della perizia di stima del valore dell’area risalente al dicembre 1994. La mancata predisposizione degli atti richiesti dalla Commissione consiliare rendono ulteriormente illegittima la delibera per eccesso di potere sotto il profilo della incompletezza della istruttoria. In altre parole il Consiglio ha deliberato la cessione senza conoscere, perché non ancora determinati, l’importo della transazione sulle somme arretrate dovute dalla Società né il valore aggiornato del bene oggetto della vendita. Valore che avrebbe dovuto essere rideterminato, rispetto a quello indicato nella perizia di stima del 1994, sia per il naturale decorso del tempo, sia per gli interventi migliorativi effettuati dalla Amministrazione nei giardini della Ghiaie sia, e soprattutto, per la nuova destinazione urbanistica attribuita ai terreni dal Regolamento urbanistico. Rileggendo la deliberazione approvata dal Consiglio dobbiamo altresì denunciare altri due evidenti vizi di illegittimità per manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione della vendita e per evidente travisamento della volontà espressa dal Consiglio comunale con la delibera n°317 del 15/10/1984. Affermare, come viene fatto nel testo della delibera, che è necessario procedere alla vendita “ al fine di completare e perfezionare l’iter procedimentale avviato dalla Amministrazione comunale a decorrere dal 1984 con la delibera di Consiglio n°317” non risponde affatto al vero. Basta rileggere quella delibera. Semmai, come risulta dal verbale della discussione, venne fatto cenno alla possibilità di cedere l’area in diritto di superficie e non in diritto di proprietà. Il Consiglio decise, comunque, solo di trasferire il bene dal patrimonio indisponibile a quello disponibile, rinviando ad un successivo provvedimento la definizione dei rapporti con la Società. La tesi sostenuta nella motivazione che sussista un obbligo da parte della Amministrazione di “pervenire a una definizione della trattativa di cessione ormai datata“ e che “non si rilevano soluzioni alternative alla cessione dell’area, attesa l’aspettativa instaurata nei confronti del privato sin dall’anno 1993 alla conclusione del procedimento di cessione ” è del tutto priva di fondamento e in contraddizione con altri comportamenti ed atti della Amministrazione richiamati nella stessa delibera. Nel 1995 fu disposta l’applicazione del così detto “canone ricognitorio” ( una particolare tassa per l’occupazione del suolo pubblico), che provocò, come viene ricordato, un contenzioso tributario con la Società. Ed ancora, nel 2002, l’Amministrazione comunicava, con lettera del Dirigente dell’Ufficio tecnico, Arch.Sandra Maltinti, in data 26/marzo, che la regolarizzazione della posizione della Società non poteva prescindere “dall’affitto dei terreni” e che non sussistevano per l’Amministrazione né la volontà né l’interesse per la vendita. Ma allora come si può parlare di aspettativa del privato? Di “obbligo” del Comune a vendere nel rispetto dei “principi di correttezza e trasparenza dell’azione amministrativa”? Correttezza e trasparenza della azione amministrativa richiederebbero semmai il rispetto della volontà manifestata dalla Amministrazione con la lettera del Suo Dirigente. Per tutte le ragioni sopra esposte i sottoscritti Consiglieri, chiedono l’inserimento della presente mozione nell’ordine del giorno della prossima seduta consiliare e che il Consiglio si esprima con votazioni separate sulla variante da apportare al Regolamento urbanistico e sulla revoca della delibera di cessione. Fratini Giovanni, Alessi Michele, Andreoli Paolo, Frangioni Massimo, Lupi Benedetto, Palmieri Daniele, Peria Roberto


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