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A Sciambere querulo

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : mercoledì, 28 marzo 2012

Chiunque abbia avuto casa, almeno per qualche anno, in condominio, ha vissuto prima o poi l’attimo solenne e indimenticabile nel quale un inquilino, travolto dalla sua propria inutile rabbia (quanta energia mal spesa), ha urlato un po’ in falsetto “io la querelo!”. Dopo alcuni secondi di imbarazzo gli altri condomini, scambiatasi qualche occhiata di divertita complicità, abbozzavano e dirottavano il discorso sull’immancabile lastrico solare che, costituendo un problema irrisolvibile, permetteva di allentare le tensioni in qualche ora di sonnolenta discussione. Il ricorso alle cosiddette vie legali ha progressivamente sostituito, negli ultimi venti/venticinque anni l’ormai obsoleto “lei non sa chi sono io!” di sordiana memoria. Permettetemi di spezzare una lancia a favore di questa seconda, come chiamarla, frase di sfida? Il leinonsachisonoio ha rappresentato l’Italia del dopoguerra, sfaccettata come un caleidoscopio, nella quale una minoranza di maschi (mai sentita una donna), spesso in delirio di autostima ma sempre privi del senso del ridicolo, proferiva la frase di cui sopra, a sproposito convinta di terrorizzare con tale minchionica dichiarazione l’avversario. Ma sarà che una schiera di caratteristi italiani l’ha resa una gag irresistibile, sarà che per una vecchia cozza il passato appare sempre migliore di com’era davvero, il leinonsachisonoio sembra tuttora nascondere un patologico, contorto desiderio di farsi in fin dei conti stimare, quasi voler bene. Differente, almeno nel caso del contrasto delle idee, l’adiròlevielegali, più greve e minaccioso. Praticamente sinonimo del velafaròpagare, iroso e vendicativo, sembra esprimere, più che una ricerca di giustizia (dovendosi ancora istituire il tribunale delle idee), una volontà di annientamento o quanto meno dell'impedimento temporaneo dell’avversario, motivata dall’invidia profonda e lacerante verso il/i minacciato/i, da complessi (o coscienza) d'inferiorità, dal desiderio di appropriarsi delle sue/loro fondate argomentazioni, dal rammarico, forse, di non averne condiviso le scelte.


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