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A sciambere Corso

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : mercoledì, 21 marzo 2012

Qualche anno fa un’inglese dotata davvero di senso dell’umorismo (e di autoironia, merce preziosa quanto rara) ci raccontò una barzelletta, meno volgare e più “fresca” di quelle che usava narrare il non rimpianto ex-premier, che si raccontavano già nei lupanari con vista sulle piramidi d’Egitto quando ancora in costruzione. “Sai come è composto il Paradiso Europeo? I Cuochi sono Francesi, i Poliziotti Inglesi, gli Amanti Italiani gli Organizzatori Tedeschi e i Banchieri Svizzeri. Nell’Inferno Europeo invece i Cuochi sono Inglesi, i Poliziotti Francesi, gli Amanti Tedeschi e gli Organizzatori Italiani i Banchieri sono sempre Svizzeri perché quelli fanno affari anche con Satana” Si dirà che la storiella è una bella raccolta di luoghi comuni, ma noi preferiamo leggerla in positivo riflettendo sulle abilità vere o presunte di un popolo e sulle sue vere o presunte debolezze insomma sulla varietà delle caratteristiche degli insiemi umani che costituiscono la ricchezza del genere umano nella propria interezza. Ma perché ci ritroviamo a ragionare di ciò? Perché stamani scorrendo le parole scritte su un social network ci siamo imbattuti in una delle infinite “chiamate alle armi” contro il continentale cinico e baro con un appello finale: “Facciamo come i nostri fratelli corsi!” o giù di lì. Ecco, ci pare che da un po’ di tempo in qua il nobile popolo corso venga tirato in ballo non sempre a proposito quando si vuol supportare un ragionamento rivendicativo oggettivo o settario che sia nei confronti del potere centrale o verso chiunque dichiariamo “gli odiati altri” che in difesa della sacra patria elbana dobbiamo osteggiare, combattere. In particolare sentiamo spesso gente che non avrebbe neppure il coraggio di sparare con un fucile a tappi ammiccare o esplicitamente alludere alla (presunta) abilità dei corsi di “farsi giustizia da soli”, magari nottetempo con la saponetta di tritolo (o più modernamente con il Pentex) miccia e detonatore, alimentando una sorta di fumettistica leggenda e rappresentando una fiera ma civilissima popolazione e la sua democratica aspirazione autonomistica in maniera vintage-caricaturale, come se si definissero ad esempio i calabresi come un popolo di briganti con la barba nera il tabarro e l’immancabile fucile a trombone. E poi a nessuno di questi evocatori della “vendetta corsa” passa per l’anticamera del cervello di mettere in rapporto la distanza che c’è tra la cultura della gente corsa e quella dei francesi di terraferma, con la distanza non solo chilometrica tra noi ed il resto di Italia. Proviamo a spiegarci: un corso può sentirsi diverso da un francese per le sue radici culturali, per la lingua madre che parla, ma noi quanto siamo distanti dagli italiani da cui vorremmo distinguerci ed affrancarci? Se buona parte degli stessi Pier Pino Putraglioni che capeggiano le rivolte soprattutto a colpi di elettroni, pronunciano la “è” di Elba aperta dove sta più la peculiarità antropologica elbana? E quanto alle scelte centralistiche, hanno un’idea i vagheggiator di Corsica nostrali di quanto riesca a essere centralista al limite del carognesco lo Stato Francese? Hanno un’idea di quanto siano rispettati le istituzioni e i loro simboli? Se un sindaco corso si permettesse di dire in pubblico, da autentico penecefalo, che è pronto a far tirare fuori le doppiette ai suoi concittadini o anche solo che lui con il tricolore ci si pulisce il culo, non correrebbe l’alea, come da noi, di diventare ministro della repubblica, ma avrebbe invece la granitica certezza di essere acchiappato per un orecchio da un flic e portato davanti ad un giudice Per queste e mille altre ragioni lasciamoli in pace a le su’ case i corsi che non crediamo sarebbero molto allettati dall’essere maestri di simili allievi.


Tramonto sulla corsica

Tramonto sulla corsica