"Ci risiamo, il ministro della Giustizia Paola Severino, nel corso di un'audizione alla Commissione antimafia, ha detto che Il governo sta valutando la possibilità di riaprire le carceri di Pianosa e dell’Asinara per i reati più gravi, come quelli previsti dal 41 bis per i mafiosi. «No al ritorno delle super carceri nelle piccole isole: la stagione è finita e riaprirla non ha senso». E’ questa la posizione di Legambiente rispetto alla proposta del governo, annunciata oggi dal ministro della Giustizia Paola Severino, di riaprire le carceri a Pianosa, all’Asinara e in altre zone insulari, per i detenuti condannati al 41 bis Il ministro tecnico ha spiegato che il governo avrebbe già avviato una «Approfondita riflessione sull'opportunità di riaprire, previa idonee ristrutturazioni, gli istituti presenti presso le isole di Asinara e, soprattutto, Pianosa, che per la sua dimensione e la sua configurazione strutturale si presenta al contempo ad accogliere un elevato numero di ristretti e a garantire tra gli stessi la massima separazione, nel rispetto rigoroso dei nuclei di socialità». Il ministro Severino ha aggiunto che la decisione su Asinara e Pianosa arriverà dopo «Una valutazione sui costi di ristrutturazione». «E’ sconfortante che un ministro di un governo tecnico che sta chiedendo grandi sacrifici agli italiani in nome del risparmio non capisca che i costi di ristrutturazione di carceri abbandonati da più di 15 anni sarebbero enormi, con tempi lunghissimi e con una gestione molto più cara che sul continente – dice Umberto Mazzantini, responsabile Isole minori di Legambiente – La guardasigilli, che sembra credere che sia più facile riaprire Pianosa, non sembra nemmeno sfiorata dal fatto che quell’Isola sia un Parco nazionale a terra ed a Mare, tutelata da Zone di Protezione Speciale dell’Unione Europea e che il governo abbia deciso di chiudere il carcere nel 1996 perché considerato già allora anti–economico e non più sicuro per il 41 bis di carceri più moderni sul continente. A Pianosa non ci sono fognature, il Parco ha bonificato decine di discariche, le catacombe romane (le più importanti a nord di Roma) erano invase dai liquami del vecchio carcere che aveva inquinato anche le falde idriche, le costruzioni e il “muro difensivo” voluto da Dalla Chiesa cadono a pezzi, abbandonati dallo stesso Stato che ora vorrebbe, con la scusa dell’emergenza, riaprire un carcere costosissimo per i cittadini italiani. Ora lo stesso Stato che ha chiuso il carcere ed istituito il Parco sembra voler riaprire la galera e azzerare l’area protetta e il turismo ambientale». Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, ribadisce: «Tutte le isole minori italiane sono aree protette, già istituite o in via di istituzione, e hanno da tempo sposato una politica di valorizzazione turistica del territorio, che non può conciliarsi in alcun modo con carceri di massima sicurezza. Siamo ben consapevoli dell’esigenza di un regime carcerario particolare per alcuni reati e dell’emergenza vivibilità nelle strutture carcerarie italiane, ma le esperienze carcerarie sulle isole hanno già dimostrato la loro insostenibilità economica e ambientale. La scelta di chiudere queste strutture sulle isole è stata politica ma soprattutto economica, e non si capisce, quindi, quale potrebbe essere ora, in tempi di crisi e di tagli, il tornaconto per il Paese e la ratio che ha portato a concepire questa soluzione».
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