Torna indietro

Alluvioni ed emergenza idrica all’Isola d’Elba

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : lunedì, 21 ottobre 2002

Le eccezionali piogge che hanno recentemente interessato l’isola d’Elba ed i danni che ne sono derivati hanno avuto il potere di accantonare il problema opposto e cioè la carenza d’acqua che non mancherà di mettere in crisi, un’estate o l’atra, l’intera economia elbana. Gli ingenti volumi d’acqua che in tale occasione hanno invaso il territorio isolano, se raccolti ed immagazzinati nel maxi-serbatoio sotterraneo che il sottoscritto và da tempo propugnando (vedi http://altratecnica.3000.it) avrebbero potuto dare due importanti risultati: costituire innanzitutto una grande riserva da utilizzare per spegnere la grande sete al momento del bisogno ed effettuare, in secondo luogo, una determinante azione di attenuazione delle ondate di piena e quindi mitigare i danni provocati dalle alluvioni. Le autorità preposte al servizio idrico si sono limitate in questi ultimi anni, a sfornare ad ondate successive, diversificate proposte di intervento ognuna delle quali, pure essendo in origine ritenuta atta a sistemare l’annoso problema, non è a tutt’oggi giunta a soddisfacente conclusione. E’ il caso della costituzione di due bacini artificiali mediante dighe di ritenuta a Pomonte e Patresi a suo tempo salutata come assolutamente risolutiva ma che non ha trovato invece accoglimento a causa delle pesanti critiche avanzate da ogni parte per i gravi danni che avrebbe provocato all’ambiente. Abbandonata l’ipotesi degli invasi si è passati subito dopo alla installazione di impianti di desalinizzazione visti come il toccasana in quanto atti a produrre l’acqua necessaria dal mare e successivamente alla depurazione delle acque reflue restituite dalla fognatura pubblica ed opportunamente trattate per poter essere immesse negli acquedotti. Attualmente, abbandonate anche queste soluzioni per le evidenti difficoltà pratiche di attuazione, si vede come assolutamente risolutiva la costruzione di numerosi nuovi pozzi che con una spesa di circa un miliardo di vecchie lire. sarebbero in grado di rifornire adeguatamente gli acquedotti. Come appare chiaramente, siamo in presenza di ipotesi presentate con tanta enfasi ma che finora si sono spente senza esito alcuno per la semplice ragione che non sussiste quello studio di base serio ed approfondito che rappresenta la premessa indispensabile per avviare a soluzione un problema così difficilie come quello del rifornimento idrico di un territorio complesso come è quello in oggetto. Viene ora da chiedersi: prima di costruire i nuovi pozzi si sono questa volta effettuate le analisi necessarie? Si è a perfetta conoscenza della falda su cui attingere? La mia esperienza nel settore mi porta a concludere che i pozzi elbani daranno sempre acqua in abbondanza ma con esclusione però dei periodi siccitosi; in altre parole avremo acqua solo quando non serve. Invece di affrettarci ad appaltare tali opere non sarebbe meglio impiegare i fondi oggi disponibili per effettuare quello studio serio ed approfondito che desse il giusto indirizzo agli interventi da scegliere? Sarebbe molto interessante che il Vs. giornale, fin dalla sua nascita, aprisse un dibattito sull’argomento e che ad esso intervenissero i tecnici locali che so esperti e buoni conoscitori del problema e delle vere risorse locali nonché gli operatori turistici il cui avvenire è legato a doppio filo alle vicende in argomento. Per quanto mi riguarda, basandomi sulla mia lunga esperienza di esercizio reale di acquedotti, mi sento di affermare, come ripetutamente già fatto, che solo la costruzione di un grande serbatoio può portare a risultati concreti, nel mentre per quanto riguarda i pozzi dell’Elba se venissero applicate le regole anche le più semplici relative al controllo di falda (vedi articolo "La captazione d’acqua tramite pozzi profondi" nel sito già citato) accorgerebbe immediatamente della loro precarietà.