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Controcopertina: Ripensare il Santuario dei Cetacei

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : mercoledì, 07 marzo 2012

Nel Mediterraneo, il trasporto marittimo a corto raggio è una parte centrale della catena logistica europea, offrendo quasi il 40% del totale delle tonnellate e dei km percorsi annualmente l'anno, superato solo dal trasporto su strada con il 44% (UE, 2006). Tra il 1995 e il 2004 il trasporto in questo settore è aumentato del 32% nell'UE a 25 paesi, e mentre l'aumento del trasporto marittimo può essere auspicabile da un punto di vista economico, si pone un peso crescente per l'ambiente marino e zone costiere a causa del rischio di inquinamento. Alcune aree marine sono particolarmente esposte a questi rischi. Nel Mar Mediterraneo il trasporto di petrolio risulta particolarmente intenso: le principali rotte commerciali petrolifere lo attraversano infatti, proveniendo dai grandi bacini della produzione mondiale del Medio Oriente, del Nord Africa e del Mar Caspio. Secondo il REMPEC - Regional Marine Pollution Emergency Response Center per il Mar Mediterraneo, 360-370 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi e raffinati vengono trasportate attraverso il Mar Mediterraneo ogni anno, pari al 20-25% del totale mondiale. Il traffico quotidiano delle navi attraverso il bacino del Mediterraneo è altrettanto impressionante:2.000 traghetti, 1.500 navi merci e 2.000 commerciali, artigianali, 300 delle quali sono navi cisterna (il 20% della quantità mondiale del traffico petrolifero marittimo), che trasportano più di 350 milioni di tonnellate di petrolio all'anno (8 milioni di barili al giorno ). Inoltre, il traffico marittimo nel Mediterraneo è caratterizzata dall'esistenza di un gran numero di porti della regione (oltre 300). L'Italia possiede 12 raffinerie, 14 grandi porti petroliferi e 9 piattaforme di estrazione off-shore, con 482 depositi di stoccaggio di prodotti petroliferi collocati in prossimità delle coste, per 18 milioni di metri cubi complessivi. A complicare le cose inoltre, dobbiamo anche considerar il fatto che il Mediterraneo è un bacino piccolo, dalle dimensioni di circa solo 3,000 x 900 km, ed oltretutto chiuso: il tempo di ricambio della sue acque è stimato in 7.000 Anni, mentre solo per il ricambio degli strati superficiali sono necessari almeno 100 anni. In media, in esso avvengono circa 60 incidenti marittimi l’anno, 15 dei quali coinvolgono navi con sversamenti di petrolio o prodotti chimici in mare. Una delle rotte piu’ frequentate è quella che attraversa il Nord Tirreno, un vero collo di bottiglia (solo 25 miglia nel suo punto piu’ stretto) con al suo centro le aree del Parco Nazionale Arcipelago Toscano, il tutto incluso nel perimetro del Santuario dei Cetacei. Nè sarebbe possibile pensare di poter chiudere tale area al traffico marittimo. Come conciliare allora le necessità economiche e commerciali con quelle della tutela di una zona ad elevata sensibilità ambientale? Probabilmente la soluzione è in un mix di iniziative, quali: a. introdurre una regolamentazione speciale per tali aree: se con l'ADR-European Agreement on Interantional Carriage of Dangerous Goods, si è riuscito a regolamentare il trasporto internazionale di merci pericolose su strada, probabilmente lo stesso potrebbero fare sia l’IMO (international Maritime Organization) che i rispettivi Ministeri dei Trasporti Italiano e Francese. b. Identificare opportuni corridoi di transito, monitorati da controllori nelle Centrali Operative di Capitaneria di Porto via AIS (Automatic Identification System) o meglio ancora via VTS (Vessel Traffic Service) il sistema di controllo attivo basato su radar costieri che a breve entrerà in funzione; c. la istituzione di un opportuna superficie di Aree Marine Protette, a compensazione della pressione antropica considerata “inevitabile”; In particolare è proprio su quest’ultimo punto che si dovrebbero concentrare gli sforzi. L’incidente del Costa Concordia all’Isola del Giglio potrebbe essere proprio l’occasione per una decisa azione in direzione della richiesta di istituzione di una rete di Aree Marine Protette. Tempo fa il Comune di Marina di Campo prese l’iniziativa di proporre un allontanamento delle rotte dalle coste dell’Arcipelago, ed il Parco Nazionale Arcipelago Toscano che subito si è associato a questa richiesta. Sarebbe opportuna una altrettanto decisa posizione in direzione di una rete di protezione piu’ incisiva (una rete di AMP appunto), che oltretutto riempirebbero di contenuti l’iniziativa stessa del Santuario dei Cetacei, al momento decisamente priva di significato.


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