Per il bene dell'isola fermiamoci. Ho seguito in questi giorni il dibattito tra i partiti pro ed anti Comune unico, dibattito che scende finalmente nel merito. È partito dunque, ma con troppo ritardo, quel confronto culturale reso possibile anche dai diversi toni delle affermazioni del Comitato, forse riportato sulla terra da mille concreti interrogativi sul percorso e sul progetto posti anche durante il convegno da esperti e partecipanti. Tutto questo oggi mi fa sentire il bisogno di fare appello alle sincere motivazioni di molti, e chiedere che il percorso si fermi e ci consenta di parlare e riflettere. Dobbiamo infatti prendere atto che paradossalmente ciò che dovrebbe unire sta dividendo, spesso aspramente, contesti sociali e politici con contrapposizioni motivate e difficilmente recuperabili se non con un reciproco atto di buon senso. L’ipotesi, auspicata dal comitato, di un esito referendario positivo - specie se con gravi squilibri tra i risultati dei singoli Comuni - sarà letta come un atto di forza, una nuova imposizione politica e istituzionale, subita come una violenza e fonte di ferite a cui nessuno ha ancora veramente pensato. L'ipotesi alternativa è quella di un esito negativo, con altri gravi interrogativi per qualsiasi futuro percorso obbligato. Non può essere questo clima a renderci autenticamente artefici del nostro destino. Abbiamo due sole certezze: il bisogno di coesione e il rischio di un altro terribile errore. Si fermi dunque la macchina, consentendo il sereno svolgimento delle prossime competizioni elettorali e si apra un confronto tecnico politico con la Regione per il quale mi rendo disponibile. Non possono esserci percorsi obbligati davanti a una prova di responsabilità collettiva che restituirebbe l’unico senso della politica e il suo valore di espressione della voce della nostra gente.
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