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Paola Mancuso: Il Comune Unico non è la Terra Promessa

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : mercoledì, 29 febbraio 2012

Nella poca chiarezza sui contenuti degli interventi ed in particolare di fronte al tentativo un po' maldestro di negare ciò che molti possono confermare circa le parole pronunciate dal VicePresidente del Consiglio Regionale Fedeli - che intelligentemente e con più umiltà dei suo difensori d'ufficio ha "spiegato" e non "smentito" le sue parole - ritengo utile fornire i contenuti del mio contributo, messo agli atti del Convegno. Mi piacerebbe infatti che chi auspica serenità del confronto evitasse toni e diffide che - seppur non rivolte alla sottoscritta - sono di per sé l'esatto contrario di quanto sarebbe opportuno, almeno davanti all'emergere della verità che lo stesso Fedeli assumendosi la responsabilità politica. Ecco l'intervento. "Parlare di semplificazione istituzionale è ormai un momento obbligato nella vita delle istituzioni e delle comunità locali tanto che ho voluto per compiere alcune riflessioni imposte dal senso di responsabilità che la politica non può non avere specie quando si trova di fronte a scelte epocali. Ebbene, se c’è qualcosa che non ha niente a che fare con questo senso di responsabilità, è l’atteggiamento di chi oggi dipinge la strada verso il Comune Unico come la Terra Promessa, un miraggio - guarda caso - neppure intravisto in anni di politica localistica ed in periodi in cui una simile scelta avrebbe potuto avere il crisma di una vera scelta politica e disegnare questo territorio con un’omogeneità che ancora oggi non ha. Mi sono ripromessa di evitare qualsiasi spirito polemico ma concedetemi di dire semplicemente che questo è un dato di fatto e che senza il senso della storia politica e amministrativa di quest’isola non si fa una riforma istituzionale. La frammentarietà di quest’isola è la proiezione di quello che siamo, di comunità locali sorelle ma fiere delle proprie diversità, che in esse hanno trovato spesso stimoli di sana competitività e che in nome dell’identità propria di ciascuna hanno scritto il senso dell’impegno politico e sociale. Chi neghi questo ha già sbagliato l’analisi e farebbe meglio a fermarsi ed a rileggere pagine di politiche anticomprensoriali capaci di fare sintesi solo di fronte al pericolo della “colonizzazione” esterna all’isola. Ed è qui che la riflessione diventa politica ed occorre chiedersi perché mai quella unità che ha fatto le barricate oggi sia perorata dai livelli centrali della Regione Toscana. La mia non è un’analisi che vuole strumentalizzare le legittime posizioni dei partiti politici ma vuole anzi - a prescindere dagli esiti di una eventuale competizione elettorale - sollevare un interrogativo sulla parte essenziale del miraggio, quella che nasce dall’orgoglio di un’unita capace di arginare gestioni e scelte lontane dall’interesse dell’isola grazie all’esistenza di un solo interlocutore. La lontananza dei centri decisionali dalle piazze e dalle strade non può essere la nostra forza e non può essere il modo di trasformare le conflittualità in un unico pensiero elbano. Il pensiero elbano si scrive sedendosi ai tavoli con una solidarietà istituzionale capace di valorizzare e risolvere le debolezze, con il riconoscimento dei ruoli di servizio svolti nell’interesse dell’isola e la trasparenza di trovare equilibri nel punto in cui cessano i rapporti di forza e nasce un disegno generale e condiviso. Potrà un referendum fare tutto questo? Non credo proprio. Potrà se mai far sentire tutti più vinti o più vincitori e la politica più povera del contributo e delle sensibilità locali. Ma merita un’ultima riflessione il punto di forza delle teorie unitarie. Il risparmio di risorse: forse il più grave equivoco perché rischia non di farci perdere occasioni, ma di illuderci che il far pulizia di uffici e servizi sia la nostra futura conquista. Ma cosa stiamo dicendo? Stiamo festeggiando la crisi di quella perifericità ed efficienza dei servizi vicini ai cittadini che ad altri tavoli rivendichiamo come un diritto. Mi dispiace essere brutale ma i risparmi significano meno servizi, meno efficienza, meno posti di lavoro. E’ questa la Terra Promessa? E’ questa la risposta alle peculiarità dell’isola? E’ con questo tributo alle logiche di tagli alla spesa pubblica che speriamo di dare una svolta all’isola ed è con questo primo atto di sudditanza al centralismo regionale che benediremo la nuova classe dirigente elbana? Se la strada è obbligata si faccia una legge e lo si dica… l’accetteremo con la consapevolezza ed il buon senso di chi ha capito troppe volte ma nessuno dica di aver vinto la partita della vita perché la strada è in salita e chi crede nella politica e nel futuro di quest’isola non può far altro che dare il proprio contributo responsabile per provare a scrivere altre pagine della sua storia, qualunque essa sarà."


Paola Mancuso volto

Paola Mancuso volto