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Controcopertina: Riunione a Livorno su emergenza cinghiali; nota di Legambiente

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : mercoledì, 22 febbraio 2012

Essendo impossibilitati a partecipare, per precedenti ed inderogabili impegni associativi e lavorativi, alla riunione convocata per il 23 febbraio a Livorno sul tema dell’emergenza cinghiali, si invia la seguente nota per riaffermare la posizione di Legambiente Arcipelago Toscano, condivisa dalla nostra Associazione a livello nazionale, sperando che possa essere un contributo alla discussione ed alla ricerca di soluzioni definitive e radicali della problematica. Il 15 settembre 2011 il Presidente della Regione, Enrico Rossi, rispondendo all’appello che gli hanno rivolto numerosi cittadini, infastiditi e preoccupati dal proliferare di questi ungulati e dai danni che provocano, ha detto: «Credo che in Toscana ci siano tutte le condizioni per affrontare adeguatamente, e per portare a soluzione, il problema rappresentato dall’eccessiva presenza dei cinghiali, sia all’Isola d’Elba, che in Maremma, che in qualunque altra zona. Le condizioni sono quelle già previste dalla legge regionale n. 3 del 1994 e dal suo regolamento attuativo, approvato proprio questa estate. A chi mi chiede di autorizzare la caccia al cinghiale lungo tutto l’anno rispondo che ciò è già possibile, ovunque la loro densità sia diventata eccessiva. Spetta alle Province, anche in accordo con gli Ambiti territoriali di caccia e con gli enti gestori di parchi regionali e aree protette, adottare piani di gestione e prelievo, cioè abbattimenti e catture con gabbie, con lo scopo di garantire una presenza sostenibile di questi animali. E, secondo l’articolo 88 del regolamento attuativo, possono farlo permettendo gli interventi durante tutto l’anno. Quanto ai guasti che questi animali provocano, il Piano che le Province approvano deve prevedere anche gli interventi per la prevenzione dei danni. La densità regionale ottimale per ciò che riguarda i cinghiali è determinata in 2,5 capi ogni 100 ettari, ma ci sono anche aree in cui la presenza dei cinghiali e di altri ungulati è ritenuta non compatibile con lo svolgimento delle attività agricole. E la legge regionale prevede che, quando le forme ordinarie di gestione della presenza animale si rivelino non soddisfacenti, le Province possono approvare e realizzare piani straordinari di gestione semplicemente dandone comunicazione alla Regione». Siamo perfettamente d’accordo con il Presidente Rossi e facciamo notare che, secondo i parametri di densità sostenibile della specie approvati dalla Regione Toscana (2,5 capi ogni 100 ettari), all'Elba ci potrebbero stare solo 500 cinghiali, ma togliendo le aree abitate e le tenute agricole citate nell'articolo il numero scenderebbe a 250/300. I cinghiali all'Elba sono migliaia. Si evidenzia anche che le forme di gestione ed intervento straordinario più efficaci secondo la regione non sono la caccia, ma il trappolamento, proprio quello che si fa dentro il Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano ma non fuori dal Parco. Il numero di cinghiali sostenibile scenderebbe ulteriormente perché nell'area Parco è prevista già ora l'eradicazione di una specie alloctona, con i parametri contenuti nella legge regionale ai cacciatori resterebbero forse 100 cinghiali: l'eradicazione all'Elba sarebbe fatta. Il 10 agosto 2011 Legambiente Arcipelago toscano e Biowatching Arcipelago toscano hanno inviato la seguente lettera (rimasta senza risposta salvo i pronunciamenti a favore dell’eradicazione dei Sindaci di Portoferraio, Rio nell’Elba e Marciana) ai Sindaci dei Comuni elbani: «In seguito alla proposta del PNAT di eradicare i cinghiali e auspicabilmente anche i mufloni dall’isola d’Elba in quanto specie alloctone immesse anni fa dal mondo venatorio e che attualmente stanno provocando gravi danni alle popolazioni locali, alla biodiversità e alla rete senti eristica, le nostre associazioni sono a chiedere a codesto comune se condivide o meno la proposta di eradicazione. I cinghiali immessi all’Elba sono di origine centroerupea ed essendo incrociati con maiali si riproducono in modo anomalo 2 volte l’anno producendo ogni volta un numero elevato di piccoli. Pertanto tutti i tentativi di tenere sotto controllo il loro numero sono destinata fallire il quanto il tasso riproduttivo è superiore ai pur importanti prelievi. La collaborazione degli Enti locali al fine di eradicare questa specie che appunto definiamo “anomala” è fondamentale per vari aspetti: coinvolgere la popolazione locale e gli stessi cacciatori nella condivisione con l’iniziativa del Parco, permettere l’utilizzo delle gabbie anche fuori dei confini del Parco, raccordarsi con altri comuni perché l’azione di eradicazione funzioni in un comune e non in quello limitrofo. Perché l’operazione abbia successo occorre infatti la collaborazione di tutti gli Enti preposti. Ci permettiamo pertanto di chiedere a codesta Amministrazione di confermarci la disponibilità affinchè si possa procedere con l’eliminazione dei cinghiali e dei mufloni dall’isola in modo che possiamo informare ,anche coinvolgendoli, i nostri soci e i cittadini che a noi si rivolgono frequentemente per il problema cinghiali. Considerato che questa lettera è stata inviata a tutti i Comuni elbani attendiamo una cortese risposta per sapere se le Amministrazioni comunali sono favorevoli alla eradicazione o meno. La mancata risposta entro 2 mesi dal ricevimento della presente sarà da intendersi come parere contrario all’operazione di eradicazione». Hanno ragione Coldiretti e gli agricoltori elbani, è l’ora di mettere fine alla devastazione di quel che rimane dell’agricoltura e della biodiversità della nostra isola (in particolare rettili, anfibi, insetti ed uccelli nidificanti al suolo o nei cespugli) da parte di animali importati a scopo venatorio all’Elba tra gli anni ’60 e ’70 da cacciatori. In realtà si tratta di “manghiali” animali di origine centroeuropea, incrociati con i maiali domestici, che all’Elba hanno trovato la primavera eterna e cibo e che quindi partoriscono due volte all’anno con figliate che arrivano fino a 12 ciccioli e quasi tutti sopravvivono per mancanza di nemici naturali. Chi ha portato la malattia (i cacciatori) non può esserne la cura. Infatti nel 2010 il Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano, tra catture con le gabbie ed abbattimenti con selecontrollori e personale istituzionale ha eliminato 1.137 cinghiali, molti più di quanti ne hanno abbattuti le centinaia di cacciatori elbani e nonostante la continua opera di sabotaggio e danneggiamento alla quale vengono sottoposte le gabbie del Parco. Non a caso il Parco, nella sola Area protetta dell’Elba è l’Ente parco che a livello nazionale cattura più cinghiali. Ma è evidente che la situazione era già fuori controllo prima dell’istituzione del Parco (quando i cacciatori dicevano che all’Elba c’erano solo 800 cinghiali, poco più di un quarto del numero reale) e che l’attuale livello di catture e abbattimenti serve solo a mantenere in salute la popolazione di questi ungulati. Legambiente ribadisce le sue proposte per arrivare gradualmente (ma il più rapidamente possibile) all’eradicazione del “manghiale” da sparo dall’Elba sul modello di quanto fatto con successo in Costa Azzurra, in Francia: 1) Forte impegno istituzionale di Ministero dell’ambiente, provincia, Regione Toscana e comuni elbani per affiancare il Parco nell’opera di cattura e abbattimento dei cinghiali. Al ministero chiediamo un piano straordinario per l’Elba, con l’utilizzo anche del Corpo forestale dello Stato, per incrementare abbattimenti e per l’eradicazione del cinghiale dall’Elba, altrettanto dovrebbe fare la Provincia di Livorno fuori dai confini del Parco, utilizzando anche i cacciatori e prolungando davvero la stagione venatoria (con precise ad alte quote di abbattimento per le squadre di cinghialai) e potenziando e finanziando gli efficaci interventi delle Guardie provinciali 2) Estensione dell’utilizzo della gabbie fuori dai confini del Parco, permettendone la gestione agli agricoltori; 3) Consentire agli agricoltori l’abbattimento dei cinghiali, anche notturno, sul proprio terreno in qualsiasi stagione, esattamente come fatto in Costa Azzurra 4) impedire il commercio abusivo della carne di cinghiale, il vero motivo economico del bracconaggio e per il mantenimento di una numerosa popolazione di cinghiali 5) La Provincia di Livorno vieti i punti di pasturazione dei cinghiali autorizzati fuori dal Parco e si adoperi per eliminare quelli abusivi per allontanare i cinghiali dalle gabbie del Parco 6) I comuni impegnino risorse e personale (almeno quanto il Parco Nazionale) per aiutare gli agricoltori e per gestire le gabbie di cattura e gli abbattimenti selettivi fuori e dentro il Parco. Queste nostre richieste, avanzate il 16 giugno 2011 sono rimaste in gran parte ignorate, così come gli “urgenti” impegni presi dalle diverse istituzioni – Parco escluso – durante gli incontri in Viceprefettura a Portoferraio, come quelli di Sindaci, Provincia ed Atc di fornire gabbie e di facilitarne l’installazione sul territorio Parco e di mettere in atto misure “straordinarie” nel territorio esterno al Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano. In particolare, il mondo venatorio, rappresentato dall’’Ambito Territoriale di Caccia (Atc 10), spalleggiato da proposte di un funzionario della Provincia di Livorno di aprire incredibilmente la caccia nel Parco (proponendo cioè una palese violazione della Legge 394/91 e violando le prerogative di un altro Ente sovraordinato) sembra puntino non a risolvere il problema ma a metterlo sotto il “controllo” dei cacciatori, attraverso la pratica delle braccate nel parco che, quando effettuate in maniera illegittima nei primi anni di vita del Parco, si sono dimostrate fallimentari. Il vero problema è che il loro unico obiettivo sembra quello di tenere in piedi una polemica artificiale contro il Parco, che dura da una ventina di anni e che non ha portato a nulla perché: 1) Il cambiamento di regole che si chiede all’Ente Parco non dipende dal Parco: la caccia nelle aree protette è vietata da due leggi nazionali: la 394/91 sui Parchi e la 157/92 sulla caccia e dal Decreto del Presidente della Repubblica che istituisce il Parco. Si vuole chiedere all’Ente Parco di violare le leggi? E si pretende che la Prefettura chieda all’Ente Parco di violare le leggi? Sarebbero questi gli “atteggiamenti rigidi” del Parco? Se quella legge “va modificata” deve farlo il Parlamento (non il Parco, i comuni elbani o la Provincia di Livorno) ma i cacciatori resteranno probabilmente delusi: nelle proposte di emendamenti alla legge 394/91 presentate dal relatore di Maggioranza alla commissione ambiente in Senato, il senatore Pdl Franco Orsi (che non nasconde le sue simpatie per i cacciatori più estremisti), la caccia nei parchi resta vietata e non abbiamo notizie di (impossibili) emendamenti per consentire la caccia nelle aree protette, d’altronde in passato già respinti con ignominia da questo stesso governo. 2) L’eradicazione dei cinghiali dall’Elba è possibile e lo dimostra proprio quello che dicono i cacciatori: l’ultimo cinghiale “maremmano” è stato ucciso all’Elba nel 1802 e quella prima eradicazione la fecero i contadini senza fucile, non i cacciatori, allora praticamente inesistenti. I cinghiali, o meglio gli attuali “manghiali”, cinghiali di origine centro-europea incrociati con i maiali e con una fortissima variabilità genetica, li hanno importati i cacciatori più di un secolo e mezzo dopo, a puro scopo venatorio, in un mutato contesto ambientale e socio-economico, e non hanno nulla a che vedere con il cinghiale già eradicato 210 anni fa: sono animali alloctoni, ibridati, distruttori della biodiversità e dell’agricoltura elbana. 3) La “gestione” venatoria delle specie da parte dei cacciatori all’Elba si è rivelata una vera e propria catastrofe: estinzione della sottospecie elbana di lepre italica (Lepus corsicanus) per l’importazione a scopo venatorio della lepre europea (Lepus europaeus); ibridazione di uno dei pochi ceppi puri di pernice rossa (Alectoris rufa) rimasti in Europa per l’introduzione di pernici ibridate e di Chukar (Alectoris chukar); introduzione di mufloni (Ovis musimon), i cacciatori elbani non sembrano certo poter presentare esperienze positive per dire ad altri, soprattutto agli scienziati dell’Infs/Ispra, come si gestisce una specie invasiva, visto che gli invasori che hanno distrutto e stanno distruggendo la fauna autoctona dell’Elba li hanno portati e fatti prosperare loro. 4) Il problema dei cinghiali è in gran parte fuori dal Parco e fuori dal Parco ci sono 600 cacciatori che prendono molti meno cinghiali di una quarantina di gabbie dentro il Parco. I cacciatori dicono che l’Area Protetta (dove il Parco elimina 1.300 capi) è un serbatoio di cinghiali, peccato che questo serbatoio venga tenuto pieno dai continui sabotaggi alle trappole del Parco e che i cacciatori organizzino punti di pasturazione autorizzati per attirare i cinghiali fuori dal Parco, ai quali se ne aggiungono decine non autorizzati, con pane avanzato di forni e supermercati e scarti dei ristoranti. Non si può foraggiare i cinghiali e portarli fuori parco e poi continuare a dire che la colpa dei danni che fanno è del Parco, che ogni anno elimina il triplo dei cinghiali uccisi dai cacciatori con le battute fuori parco. 5) Se i cacciatori vogliono collaborare davvero col Parco facciano funzionare gli abbattimenti con i cacciatori/selettori formati dal Parco, accettino di fare la “girata” (cioè la caccia con due soli cani) dentro l’area protetta (autorizzata dall’Infs/Ispra) e ci dicano che fine hanno fatto le 5 trappole per i cinghiali date loro da Comunità Montana e Provincia e che avrebbero dovuto gestire fuori dal Parco e che non hanno mai preso un cinghiale… Almeno una per certo era stata trasformata in pollaio, un’altra pare in canile per cani da caccia… 6) Accordi e compromessi sono possibili, ma secondo le leggi dello Stato e le regole del Parco che ne derivano. La furbizia di dire che la colpa dell’aumento dei cinghiali non è di chi li ha introdotti, ma di chi vuole eradicarli perché distruggono l’ambiente, è finita. Le associazioni venatorie non hanno nel Parco una controparte: il loro compito è quello di dimostrare che vogliono e possono ridurre fortemente la popolazione di cinghiale fuori dall’Area Protetta, un compito che devono concordare con Comuni, Provincia e Regione, assumendosi tutte le loro responsabilità di aver creato questo disastro faunistico ed ambientale che è diventato anche economico. Cacciatori, Provincia, Comuni dovrebbero intanto impegnarsi ad eliminare fuori dell’Area Protetta almeno quello che il Parco elimina al suo interno: più di 1.000 cinghiali all’anno (i cacciatori dicevano che ce ne erano 800 in tutta l’Elba….), e formare selecontrollori per il muflone e il cinghiale e squadre per il recupero degli animali. Altrimenti tutta questa polemica o è uno scherzo o è il solito giochino politico al quale si prestano i cacciatori da anni per scaricare le colpe e le inefficienze degli altri sul Parco. 7) Vediamo che con la scusa del cinghiale si vorrebbe addirittura andare semplicemente a cacciare all’interno del Parco, facendo finta di non sapere che per molto meno (caccia nelle Zone di protezione speciale dell’Ue, che coprono praticamente tutto il territorio del Parco) l’Italia già stata condannate dalla Corte di Giustizia Europea ed ha dovuto subire Procedure di Infrazione dalla Commissione Europea Vorremmo anche sapere finalmente una cosa dai cacciatori: in quale Parco Nazionale dell’Unione Europea è consentita la caccia, che non siano abbattimenti selettivi? 8) La possibilità di un intervento dei cacciatori per ridurre i cinghiali esiste, ma non certo chiedendo impossibili deleghe per le battute al cinghiale dentro il Parco, che hanno dato scarsissimi risultati rispetto alla cattura con gabbie e che sono già state bocciate come illegittime dal TAR e dal Ministero dell’Ambiente al tempo del Ministro Altero Matteoli. I cacciatori (che hanno creato questo disastro quando erano il doppio di ora) possono essere una parte della soluzione del problema ungulati all’Elba, ma è difficile che chi ha portato la malattia sia anche la medicina. Lo dimostrano i fatti che dicono che le popolazioni di cinghiali introdotte dai cacciatori sono esplose in tutta la Toscana, dove i parchi sono solo il 10% del territorio e quelli Nazionali forse il 2%. E’ colpa del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano e della legge 394/91 se i “manghiali” da sparo stanno devastando l’agricoltura Toscana dalla Versilia alla Maremma e dalla Val d’Orcia al Mugello?


cinghiale

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