Le polemiche sulla legge del Senato -e non solo per la loro asprezza e rissosità-hanno già prodotto effetti negativi sui parchi che certamente non avevano bisogno di questo supplemento. E la ragione oggi appare assai più chiara perché conferma che l’avere deviato –è il termine giusto- il dibattito anziché sull’assenza di una politica nazionale innanzitutto da parte del ministero e del governo in grado di garantire un futuro ai parchi oggi a rischio si è concentrato sulle manchevolezze della legge che ne avrebbero impedito il corretto funzionamento. L’operazione ha amnistiato così colpe e responsabilità politiche e istituzionali scaricandole sulle legge tanto che solo i parchi sono oggi i soli a non avere un tavolo di confronto politico-istituzionale per definire finalmente una politica che manca ormai da troppo tempo a cui nessuna legge può supplire. Si è trattato e si tratta insomma di un vero e proprio condono politico-istituzionale di cui portano innanzitutto una grave responsabilità coloro che hanno accettato lo ‘scambio’ dei binari. Tanto più grave perché si è avvalso in un certo qual modo della clandestinità del dibattito del senato che non solo ha tagliato fuori i soggetti istituzionali regioni ed enti locali, non solo continua a nascondere alcune delle norme più indecorose -le aree protette marine- ma ne ha addirittura approfittato per modificare le finalità peculiari e speciali dei parchi. Sul primo aspetto ho avuto modo più volte di manifestare lo sconcerto per i perduranti silenzi sulla questione delle aree protette marine di cui non si parla mai quasi quella norma non esistesse e non figurasse all’inizio del testo. Posso aggiungere che se c’era bisogno di una conferma che la legge del senato aveva ed ha soprattutto lo scopo di calare la tela sullo scenario politico che i parchi non possono più eludere lo si è avuto con i troppi silenzi prima e poi con la mortificante reprimenda di chi –come avrebbe detto Scalfaro- non ci sta. Ma veniamo al richiamo insistito e già finito nel testo alla necessità che i parchi uniscano alla tutela un pari impegno sull’economia. Una richiesta che si accompagna anche qui con precise proposte alla necessità di coinvolgere i cosidetti portatori di interessi con riferimento particolare agli agricoltori e ai pescatori. Perché fosse più chiaro il senso di questa proposta il presidente della Coldiretti ha detto che per farlo occorre appunto modificare la 394 troppo penalizzante per l’agricoltura. Il tutto dovrebbe anche servire a far cassa visto che lo stato è tirchio. Bisogna allora tornare ai fondamentali e ricordare che le finalità speciali dei parchi sono appunto quelle della tutela ambientale tanto è vero la 394 richiama l’art 9 della Costituzione sul paesaggio e l’art 32 sulla salute. Stante queste finalità che mirano e devono mirare a salvaguardare l’ambiente perché sia bello, pulito, fruibile i cui territori boscati o dediti all’agricoltura siano salvaguardati da usi inquinanti e la biodiversità tutelata. A questo mira o dovrebbe mirare la pianificazione del parco. Non sta al parco decidere se coltivare pannocchie o cocomeri ma sta al parco impedire che le scelte produttive abbiano effetti deleteri sul territorio e sulla biodiversità. Chi sono i portatori di interessi se non i cittadini in quanto tali –residenti e non-e non in quanto categorie economico sociali. Non a caso si parla di potere sovraordinato per i parchi che non sta a significare però come spesso si è cercato di accreditare a scopi agitatori una supremazia gerarchica inconcepibile specialmente se affidata ad un ente non elettivo. Sta più correttamente a significare che l’operato sia degli enti locali che dei privati all’interno di un’area protetta deve rispettare quei principi che sono stati fissati in costituzione e che il legislatore ha voluto affidare ad un organo speciale appunto i parchi. Ciò che il parco deve penalizzare è tutto ciò che penalizza il suo territorio e deve farlo per legge. Qui non ci sono portatori di interessi che tengano quanto a rappresentanza. Il parco deve coinvolgere tutti coloro che per le loro attività economiche, turistiche, di educazione ambientale operano e si avvalgono del territorio del parco a terra come a mare. Ma la titolarità e responsabilità della gestione è delle istituzioni le quali naturalmente devono riuscire a farlo con serietà e responsabilità e non utilizzando il parco come altri livelli istituzionali per cricche e manfrine politiche. Quando ciò avviene –ed avviene specie in questo momento- il discredito ricade sui parchi e sulla credibilità delle istituzioni. Per quanto riguarda le finalità delle politiche di tutela la 394 ed anche la 426 insomma vanno bene, va male invece che con il Codice dei beni ambientali gli stato sottratto il paesaggio. Ecco perché la legge del senato è una legge da fermare per ridare spazio e decoro ad un confronto pubblico tra tutti i livelli istituzionali e i parchi. Non servono nuovi emendamenti servono nuove e valide scelte politiche che competono innanzitutto al governo, alle regioni e agli enti locali.
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