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Controcopertina - Un Contributo di Manrico Murzi: La tragedia del mare al Giglio Compianto per le vittime e minacce per il nostro ambiente la pesca ed il turismo L'immane naufragio letto da un poeta: la metafora del bisonte abbattuto

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : lunedì, 30 gennaio 2012

Il 13 venerdì di gennaio, la nave da crociera “Costa Concordia”, di 112.000 tonnellate e con 4.229 persone a bordo tra equipaggio e passeggeri, è finita sugli scogli vicino al porto e alla cittadina di Giglio. Ora il relitto giace sbandato sulla roccia, appoggiato su di un fianco, con in pancia il penoso carico di annegati ancora da recuperare: una quarantina di vittime in tutto. Un naufragio che poteva essere evitato, da addebitare al comandante della nave per una manovra di accostamento mal condotta. Nel ventre della nave vi sono 2.400 tonnellate di carburante: si spera che le tanche possano essere svuotate prima che il liquido fuoriesca e inquini gravemente i fondali del Giglio, e di tutta l’area marina dell’arcipelago toscano, danneggiando così una fauna e una flora ricche di rare specie di alghe e di pesci; i pescatori che vivono di solo mare subirebbero un grave impoverimento delle risorse marine e chi campa di turismo vedrebbe diminuito l’afflusso dei clienti negli alberghi e nei ristoranti a causa della contaminazione delle spiagge. Questo è il quadro inquietante della situazione. È inevitabile riflettere sui vari aspetti dell’incidente. Sui giornali, in televisione e su tutti i vari media colpisce l’immagine di quel “bisonte” incagliato miracolosamente tenuto, per ora, dagli stessi scogli che l’hanno lacerato e abbattuto. La nave così ridotta sarebbe la metafora di una inclinazione applicata allo spirito: un tal peso abbandonato a se stesso ha perduto la linea perpendicolare all’orizzonte e sarebbero inclinati gli animi. E qualcuno vi vede la rappresentazione di un’Italia con i suoi valori che in questi ultimi anni soffrono di flessione, di decadimento. Le virtù italiche, tanto rievocate e celebrate proprio nello scorso 2011, in occasione del centocinquantesimo anno dell’Unificazione del Paese e della sua Indipendenza, avrebbero abbassato il vigore, sarebbero bisognose di un rinforzo. Di certo l’educazione civica è in generale carente e davvero necessita di essere instillata ai giovani, a partire dal momento in cui frequentano gli asili-nido: imparando che non si è soli al mondo, per crescere come individui non preoccupati solo di se stessi, e basta. Questo giacché vanità e diletto mondano sarebbero stati i nemici che hanno minato il senso di responsabilità del Comandante della nave: il quale pare abbia voluto far vedere quanto fosse il più bello e il più bravo, facendo quel famigerato “inchino” agli amici di Giglio, che è poi risultato invece come una riverenza a Signora Vanità. Ha mostrato così tendenze mondane nel momento in cui, nel fare una manovra rischiosa, da lui stesso scelta e decisa, la tensione doveva essere responsabilmente virtuosa a mettere in azione le sue conoscenze nautiche, con una rotta studiata nei particolari onde evitare incidenti. In certe occasioni occorre elevarsi ad una sfera superiore a quella mondana: è la sfera del dovere, della responsabilità, dello svolgimento del proprio ruolo: una tensione al dovere e non a quel ch’è giocondo. Occorre scordare il proprio Me, considerare cose e persone non più in relazione alla nostra individualità, ma come sono in se stesse e in rapporto alla legge. Conoscendo la loro entità, è doveroso conformare ad essa i nostri pensieri e le nostre operazioni. Diamo un prezzo morale agli altri esseri, soprattutto quando essi sono affidati al nostro responsabile modo di operare e scegliere le azioni giuste. Vi sono regole da rispettare! La legge non accarezza mai le umane passioni e le umane debolezze! Alimentando negligenza e leggerezza, si perde la cognizione dei doveri e si manca di maturità e di riflessione. Trascurando di conoscere quel che la regola domanda, niente ti può scusare, anzi ti fa più colpevole per aver negletto la legge, mostrando così di stimarla ben poco. L’errore è ancora più grave se non deriva dalla ignoranza della legge, ma dalla infrazione della legge conosciuta. Esporre al pericolo la vita degli altri è già di per sé un crimine. I doveri che abbiamo verso il prossimo hanno gli stessi fondamenti di quelli che abbiamo verso noi stessi. È largamente conosciuto che il Codice della Navigazione prevede che il Comandante sia l’ultimo a lasciare la nave. Ma ricordo, ad esempio, le istruzioni che come Capo Commissario a bordo delle navi dell’Adriatica avrei dovuto rispettare in caso di abbandono nave: ispezionare i locali passeggeri, vedere che tutti, indossato il salvagente, si siano recati o si rechino ordinatamente alle lance di salvataggio, riferire al Comandante, lasciare la nave non prima che l’ultimo passeggero sia sceso: il Commissario della Costa Concordia, Manrico Giampedroni, si è a tal proposito comportato in modo esemplare. Occorre dire che molti dell’equipaggio hanno dato prova di eroismo e profondo senso di responsabilità nel salvataggio dei passeggeri, non tralasciando il concorso dei soccorsi giunti da terra e dal mare, e con la generosa assistenza dei cittadini dell’isola del Giglio. Questa realtà tempera oltremodo le considerazioni sopra espresse, riguardo alla condizione dello spirito civico degli Italiani! In ultimo, ci piace ricordare il più grande scrittore di mare che l’Italia recente ha avuto, Raffaello Brignetti. Il quale apparve sulla scena letteraria nel 1954 con il racconto “Morte per acqua”, titolo purtroppo aderente all’attuale tragedia. Ebbene, sfortunatamente inascoltato, Brignetti scrisse spesso contro i giganti del mare, contro le mastodontiche petroliere e contro la costruzione dei transatlantici che paiono enormi ferri da stiro di altri tempi: in essi vedeva palazzoni senza alcuna connotazione marina. Guarda caso era nato proprio a “Giglio, beato scoglio”, che ora corre gli spaventosi pericoli ch’egli aveva paventato. Ci auguriamo che il sole sorga, dopo una notte difficile!


concordia da satellite

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