Nell’attesa che si spera presto soddisfatta delle decisioni del nuovo governo non solo in campo economico-sociale si sono infittite le richieste e le proposte anche in campo ambientale. E non solo sui temi drammatici del suolo ma anche dei beni comuni, dell’acqua, dei beni culturali, della tutela della natura e della biodiversità. Crescono gli appelli, i manifesti anche da parte del mondo industriale a sostegno di nuove politiche energetiche e molto altro ancora. C’è evidentemente un arretrato con il quale il governo e il nuovo ministro dovranno senza troppi indugi fare i conti. E questo riguarda naturalmente anche i parchi sia nazionali che regionali e tutte le altre aree protette comunitarie. La situazione è da tempo allarmante come abbiamo detto già tante volte non soltanto sotto il profilo finanziario. In più d’una regione, ad esempio, e non soltanto in Lombardia l’assetto anche consolidato da anni di valide gestioni è ballerino e a rischio di involuzioni dovute a difficoltà politico-istituzionali. In altre si protraggono situazioni di incertezza che consigliano come ha richiesto l’assessore toscana Bramerini un incontro con il nuovo ministro. Ancor più allarmante e per molti versi incancrenita –vedi le aree marine protette- quella dei parchi nazionali. Ma mentre per altri soggetti istituzionali al nuovo governo sono state immediatamente presentate proposte e sollecitazioni di incontri per decisioni non più rinviabili per i parchi il paniere delle proposte non risulta finora chiaro e noto. Ho visto che intervenendo al Parco d’Abruzzo -regione zeppa di commissari- l’assessore regionale Giuliante che è anche Vice presidente di Federparchi ha detto che occorre ‘ripensare alcune azioni in esito alle esigenze dell’attuale società’. Se i ripensamenti dopo quelli della Prestigiacomo sono del tipo Costa Teatina dove il nuovo parco nazionale sembra confezionato in una sartoria dove tagli e ricuciture perimetrali stanno producendo un’area protetta ridicola non c’è da stare molto allegri. E semmai colpisce che la cosa stia andando avanti come se fosse normale. Insomma siamo alle manfrine che avevano fatto la loro comparsa anche nel testo in discussione al Senato. Si trattava e si tratta in sostanza anche per ragioni ‘etiche’ –pensa te- di non far pesare i parchi sul bilancio pubblico ma impegnarli a far cassa anche mandando a spigare i loro ruoli e finalità. Qui l’unica cosa da ripensare davvero è l’idea che i parchi molti dei quali commissariati facciano cose diverse da quelle che la legge gli ha affidato 20 anni fa. Per cui occorrono oltre che risorse enti istituzionalmente funzionanti ed autonomi capaci di fare piani, definire progetti ambientalmente coerenti e non piste da sci dove manca anche la neve. Giuliante se vuole davvero rispondere alle esigenze dell’attuale società cominci a far rispettare la legge e lasci perdere le trovate di un ministro che ha fatto più danni della grandine. A Clini i parchi devono non solo augurare un buon lavoro ma presentare precise, chiare e pubbliche proposte e richieste. Poi si potrà pensare anche ai brindisi per il ventennale.
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