Ciao a tutti, come sempre, ma mi rivolgo principalmente ad Alex Beneforti. Come avrete notato, molti dei reportage che vi mando dalla Padania hanno come tema le differenze tra la vita insulare e quella padano/prealpina, differenze che in effetti sono molte e importanti, ma bisogna in tutta onestà riconoscere che esistono tratti culturali che hanno ormai acquisito valenze globali, per non dire universali. Uno di questi riguarda le tipologie dei musicisti che mi è capitato, da vecchio bassista rock, di incontrare nelle lande insubri; bene, non c’è niente da fare: tali sono i musici elbani, precisi uguali sono quelli lombardi. Mi pregio così di proporvi di seguito una carrellata di caratteri di musicisti – tipo, certo di farvi cosa grata nel rinfrescare il comunissimo luogo: “Tutto il mondo è paese”, e nella speranza che tra gli spazi lasciati liberi dai frenetici aggiornamenti della rubrica “Rock e dintorni” (l’ultimo – che pare essere pure il primo - del gennaio 2003) si trovi un posto pure per il mio articoletto, il quale mi auguro strapperà un sorriso ai miei conterranei lontani, che colgo l’occasione per salutare con un fraterno: “Occhio che anche da qui vi curo!!”. Con affetto Franco Gialdinelli Musici & Cànteri 1. CANTANTE: è sempre giù di voce, il suono dell'impianto non va mai bene, i monitor sono sempre troppo bassi, gli ampli sempre troppo alti; è assolutamente da escludere che si possa eseguire il pezzo in tonalità originale, spesso pretende che tu scordi lo strumento di mezzo tono o un tono intero, incurante del fatto che poi devi rifare il setting del manico e del ponte; è assolutamente da escludere che nella scaletta si possano inserire brani che lui/lei già non conosca a menadito e sia costretto a studiarsi; è assolutamente da escludere che si ricordi i nomi dei componenti del gruppo quando in concerto li presenta; è assolutamente inutile pensare che da lui/lei ti venga data una mano a caricare/scaricare/montare/smontare la strumentazione: anche il suo microfono è già un peso eccessivo, infatti per trasportarlo fa due viaggi, uno per il microfono stesso, uno per il cavo. Di solito è l'ultimo ad arrivare alle prove e il primo ad andarsene. 2. CHITARRISTA: puoi scordarti che stia nel gruppo se non è lui a decidere, organizzare, arrangiare, scegliere i pezzi, regolare toni e volumi dell'impianto, prendere i contatti con i locali, trattare i compensi, scegliere il nome del gruppo e sceglierne i componenti, salvo poi essere sistematicamente incazzato perché tocca fare tutto a lui. Verso gli altri musicisti l'atteggiamento di solito è della serie: "Se suonassi io il basso, la tastiera, la batteria o cantassi, lo farei sicuramente molto meglio di voi, ma non posso certo fare tutto io! (appunto)". Se è anche il proprietario della sala prove sono sul serio cazzi. 3. TASTIERISTA: quei pochissimi che non vanno in giro a fare piano bar o ballo liscio, limitandosi praticamente a far finta di suonare mentre cantano sulle basi pre registrate, ammorbano il gruppo con atteggiamenti del tipo: "Tutto ciò che non è musica classica sta un paio di tacche sotto al livello della merda, per cui ricordate che se suono con voi è solo perché sennò mi annoio e per farvi un favore personale". Spesso, anche con quarantasei anni di conservatorio alle spalle, non sono in grado di suonare un pezzo senza la partitura davanti. 4. SASSOFONISTA/FIATISTA IN GENERE: "Tutto ciò che non è jazz è merda, per cui ricordate che se suono con voi è solo perché sennò mi annoio e per farvi un favore personale" (Dove l'abbiamo già sentita questa?). 5. BASSISTA: è quello che ha sempre altro da fare: suona perlomeno in otto gruppi contemporaneamente, gioca in una squadra di calcetto, in una di basket e in una di pallavolo (se la sera di un concerto la partita va ai supplementari sei fritto); spesso ha un'attività imprenditoriale che gli lascia libere solo sei sere l'anno, ha una o più fidanzate che rompono le palle perché perde tempo con quella band di sciancati, va in vacanza perlomeno quattro volte l'anno e sempre nei periodi di massima attività del gruppo, usa ampli da 3.200 Watt e pesanti 260 Kg, è il principe dei ritardi e dei bidoni. Inutile pretendere che studi i pezzi: li improvvisa lì per lì e ficcherebbe lo slap anche nei Brandeburghesi di Bach. In più: "Tutto ciò che non è funky è merda, per cui ricordate che se suono con voi è solo perché sennò mi annoio e per farvi un favore personale" (E dagli!!). 6. BATTERISTA: nella stragrande maggioranza dei casi ha scelto la batteria perché ha voglia di suonare ma non di studiare la musica, "Tanto si tratta solo di prendere a mazzate tamburi e piatti". Abbastanza accreditata la teoria che il contraccolpo delle bacchette sullo strumento, ripercuotendosi sulla massa cerebrale, gli provochi alla lunga squilibri mentali. Di solito ignorante come una capra, e con lo stesso rapporto dell'animale con acqua e sapone, si lamenta perché gli altri vanno sempre avanti o indietro al tempo. Rende impossibile, anche senza amplificazione, che si possa sul palco udire alcunché se non il suono della batteria. Quando durante un pezzo ti volti verso di lui per segnalargli qualcosa (tipo la fine del pezzo o che ha "girato" il tempo dal battere al levare) è sempre sistematicamente con gli occhi chiusi e/o voltati dall'altra parte; di solito la strumentazione che si porta dietro, una volta montata, prende l'estensione di un appartamento e ti costringe a suonare in punta di piedi sul bordo del palco. Non infrequente il caso che gli altri musicisti vengano colpiti da schegge di bacchette rotte o piatti caduti.