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Creare un servizio volontario per la prevenzione del rischio idrogeologico

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : sabato, 12 novembre 2011

I drammatici eventi di questi giorni a seguito delle piogge estreme e dei danni dovuti al dissesto idrogeologico, hanno mobilitato, ancora una volta, la parte migliore del paese. Tante persone, soprattutto giovani, che incuranti dei pericoli e dei disagi sono arrivati da tutta l’Italia per scavare nel fango e cercare di recuperare oggetti, luoghi, pezzi di vita. Volontari che sono intervenuti per dare una mano in ogni campo. Hanno scavato tra i detriti, svuotato case allagate, recuperato e catalogato oggetti e beni, assistito psicologicamente e materialmente gli sfollati. “Da questa immagine bella e commovente del Belpaese – ha dichiarato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – nasce l’esigenza di valorizzare quanto già fatto in questi anni grazie al servizio civile, al volontariato e ai gruppi di protezione civile. Un patrimonio che non può essere cancellato dai tagli lineari e che deve invece essere incrementato. Da qui è nata l’idea di proporre un servizio utile per la sicurezza del nostro territorio e dei cittadini che è anche una bella opportunità per tanti giovani. La consapevolezza che gli eventi climatici estremi non sono più fenomeni eccezionali ma emergenze con le quali dovremo convivere, ci spinge a promuovere iniziative per la formazione e preparazione dei cittadini, così come avviene in Giappone per i terremoti o negli USA per gli uragani, affinché si eviti il panico e si agisca con razionalità. Serve un cambiamento radicale nell’istruzione e nella comunicazione ai cittadini, servono esercitazioni e la preparazione di massa per mettere tutti nelle condizioni di saper affrontare questi nuovi rischi e servono sistemi più efficaci di allerta alla popolazione”. Per questo Legambiente vuole lanciare un progetto straordinario di mobilitazione di 10.000 giovani per la cura e la manutenzione del territorio che si concentri sui corsi d’acqua, seguendoli dalla sorgente alla foce e promuovere una grande campagna di alfabetizzazione della popolazione sul rischio idrogeologico, organizzando concrete esercitazioni con la popolazione. I volontari, 10.000 giovani di età compresa fra i 18 e i 28 anni che prestino servizio retribuito come avviene per il servizio civile, per circa tre mesi, si dedicheranno alla cura dei corsi d’acqua occupandosi, in particolare, della pulizia delle sponde con la rimozione dei rifiuti ordinari e ingombranti; del monitoraggio e segnalazione di eventuali criticità ed elementi di rischio; di attività di informazione e sensibilizzazione sul rischio idrogeologico, illustrando i comportamenti da adottare in caso di calamità con particolare riferimento all’informazione nelle scuole; di organizzare esercitazioni pratiche con le scolaresche e con la popolazione per metterle in condizione di “autodifendersi” nel caso di emergenze alluvionali o di frane. Nello specifico, si potrebbe ipotizzare di far svolgere l’attività di cura e manutenzione dei corsi d’acqua nei mesi di luglio e agosto, mentre quella di sensibilizzazione e informazione nel mese di settembre. I giovani sarebbero impiegati su base regionale (con Comitato regionale organizzativo a cura della Regione) a sostegno delle associazioni di volontariato di protezione civile - una realtà già fortemente presente, attiva sul territorio, con competenze specifiche e parte integrante del nostro sistema di protezione civile - con il contributo tecnico-scientifico dei professionisti del settore, a cominciare dai geologi, e con il coinvolgimento delle facoltà universitarie e degli studenti. Alle associazioni in questione spetterebbe il compito di accogliere e organizzare le risorse disponibili. Tutto ciò, potrebbe essere realizzato con un costo, per l’intera operazione, di circa 20 milioni di euro comprensivi di compenso per i giovani (450 euro mensili, stessa cifra erogata per il servizio civile), rimborso per l’attività organizzativa in capo al comitato regionale e circa 5 milioni di euro per varie ed eventuali (attrezzature, comunicazione, ecc.), da recuperare, ad esempio, attraverso una più equa definizione dei canoni per l’attività estrattiva nelle cave, oppure attraverso la riduzione dello stanziamento per la Difesa del nostro Paese, considerando che 20 milioni di euro rappresentano appena un terzo del bilancio della Difesa di un solo giorno o, se si preferisce, un quarto del costo di uno dei 131 cacciabombardieri di quarta generazione (F35) che il nostro Paese si è impegnato ad acquistare per i prossimi anni. “D’altro canto - ha continuato Cogliati Dezza - il vero nemico del nostro Paese non è più oltre cortina, ma si chiama rischio idrogeologico, ed in questo senso è giusto combatterlo con i fondi della Difesa. La cifra indicata rappresenta, inoltre, appena 0,14% delle entrate all’Erario da parte di giochi e lotterie. Ma potrebbe essere raggiunta anche con un aumento delle accise sulla benzina di appena 0,5 millesimi al litro per un anno”. I fondi dovrebbero essere destinati al Ministero dell’Ambiente, del territorio e del mare, competente in materia di difesa del suolo, che, in stretta connessione con le Regioni, dovrebbe procedere ad emanare il relativo bando per l’individuazione dei 10.000 giovani, affidando alle associazioni di volontariato di protezione civile i fondi per l’inquadramento delle risorse umane.


alluvione campo 2011 beneforti cava franata

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