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A Sciambere: deurbanesimo e megafoni

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : lunedì, 03 novembre 2003

“Gli Italiani lasciano le grandi citta' e scelgono i piccoli comuni. E' quanto emerge dal Bilancio demografico nazionale 2002 dell'Istat. Nei 5.834 piccoli comuni (il 72% del totale) con meno di 5.000 abitanti la popolazione residente al dicembre 2002 e' pari ad oltre 10,6 milioni con una crescita del 0,5% rispetto all'anno precedente mentre nei 13 grandi centri con piu' di 250.000 abitanti la popolazione residente risulta pari a 9,1 milioni con una riduzione, nello stesso arco di tempo, dello 0,1%. Si tratta di una conferma del fatto che gli Italiani sono alla ricerca di una migliore qualita' della vita che i piccoli comuni possono garantire grazie a una maggiore sicurezza sociale, a un ambiente piu' sano e alla semplicita' nel costruire rapporti personali piu' duraturi”. La notizia tratta da un settimanale ci viene riproposta da Giuseppe Coluccia che chiosa: A proposito di piccoli comuni, divenuti sinonimi di qualità della vita. E c’è chi li vuole sopprimere. Se si adottassero i criteri iper-razionalistici e le motivazioni elettoral-clientelari che animano coloro che intendono accorparli (reduzio ad unum di giacobina memoria), il Bel Paese manterrebbe il suo paesaggio verde/naturale-democratico/popolare-antiglobale/locale?. La sinistra-sinistra-sinistraintergrata (ed anche qualche caro giornalista) abbandoni le torsioni post68tine giustizialiste/giudiziarie e/o quelle di razionalsemplificazioneistituzionale e torni a far Politica, a dare anima e corpo alla politica (idee + uomini e donne); abbandoni le vie “brevi e solitarie” di mera testimonianza. Meditate genti..meditate. Saluti G. Coluccia Noi a nostra volta chiosiamo il chiosatore: Complimenti per il nuovo look linguistico Pino! Ti ricordavamo stilisticamente molto più fede-rasta (senza treccine) con quelle bei documenti una frase principale e quattordici derivate che quando arrivavi in fondo ti ponevi sempre l’angoscioso interrogativo: “Ma che cazzo voleva di’?”. Ti troviamo scoppiettante in questa performance lessicale che potrebbe essere anche il nuovo “manifesto riformista-futurista del coccolo in su”, con i Giacobini che parlano un po’ latino un po’ marchigiano (reductio, eccheccazzo!), e con l’immagine dei folli fisici accorpatori di comuni che evidentemente vogliono tirare su Rio Elba pel Volterraio e poi spingerlo in discesa fino ai Magazzini, case, strade e Bar-Ristorante di Cipolla compresi. Ma quale sarebbe la differenza della qualità della vita delle persone in una Rio Elba Comune rispetto ad una Rio Castello Municipio retta da un Pro-Sindaco e parte del comune “Elba” (se il problema è individuare la “capitale” io accetto anche la Valdana o Campo ai Peri)? Cosa pagherebbero i riesi ed i loro ospiti (ma anche i campesi, i marcianesi, i ferajesi) nei termini di qualità della vita, per gli incontestabili vantaggi di un riordinamento di questo “campo di decentramento” che genera orticelli di potere in assenza di scelte politiche? Ci sarebbe più inquinamento dell’aria? Si diffonderebbe la microcriminalità? Ci sarebbero più divorzi? L’acqua dai Canali andrebbe in su? Ed ora consentimi di darti del lei almeno per un capoverso: “Sessantottino sarà lei, giacchè ci ricordiamo di averla vista e sentita scandire con tanto di megafonino durante una manifestazione unitaria dei sindacati in davanti alla Biscotteria: “E’ l’ora di far scorrere il sangue dei padroni!” slogan che ovviamente non fu ripreso dalle “masse” e che noi, all’epoca grigi iscritti al PCI, trovammo assai disdicevole in quel contesto, oltrechè francamente trucibaldo. Torniamo al tu: abbiamo a lungo meditato Pino e siamo giunti a due conclusioni: a) il tuo ragionamento ci ha convinto ancora di più che è meglio un comune unico b) il tuo ragionamento ci ha convinto ancora di più che è meglio Catalina