Il prossimo 27 ottobre ad Assisi si riuniscono i rappresentanti delle religioni del mondo su invito del papa Benedetto XVI. La serie di incontri interreligiosi fu inaugurata 25 anni fa da Giovanni Paolo II, con una giornata di comunione nel digiuno e nella preghiera per la pace. Fu una scelta inedita e coraggiosa genuinamente in linea con quanto il Concilio Vaticano II ha esplicitato in merito al rapporto fra la Chiesa e il mondo. Un rapporto, basato sul dialogo e sul riconoscimento degli elementi di verità che sono negli altri, che nulla toglie alla missione evangelizzatrice. Giovanni Paolo II parlò di “spirito di Assisi”, cioè di “un nuovo modo di incontrarsi tra credenti di diverse religioni: non nella vicendevole contrapposizione e meno ancora nel muto disprezzo, ma nella ricerca di un costruttivo dialogo, senza indulgere al relativismo e al sincretismo, essendo tutti consapevoli che Dio è la fonte della pace”. Ogni uomo, in ogni tempo, deve avvertire come primario l’impegno per la pace. Sia attraverso la crescita in pensieri e atteggiamenti di pace (educazione) sia attraverso l’azione sociale e politica. La pace è bene supremo. I credenti sanno che la pace è dono di Dio affidato alla responsabilità umana. Non è solo assenza di guerra, ma creazione di condizioni per il pieno sviluppo dell’uomo e dell’umanità in un ambiente favorevole. La pace è paragonabile ad una casa che ha per fondamento la giustizia, la verità, la libertà e l’amore (Giovanni XXIII). Ogni volta che facciamo crescere uno di questi pilastri, noi operiamo per la pace. Ed è su questo terreno che uomini di fede e convinzioni diverse si incontrano e lavorano insieme. Credere nella pace vuol dire anche superare gli steccati, sia quelli storici che quelli mentali, che fra loro si intrecciano. Il nostro tempo ha luci e ombre. La pace fa fatica eppure cresce: non mancano segnali in questo senso (che i credenti interpretano come “segni dei tempi”). Il mondo in movimento richiede consapevolezza, conoscenza e relazioni positive nei confronti di chi consideriamo altro e diverso. Anche nel nostro piccolo territorio, dal punto di vista religioso, vivono fianco a fianco (scuola, lavoro, vicinato) persone di fedi diverse. Una convivenza serena, spoglia di fenomeni negativi che si registrano in altre realtà. Però, bisogna fare di più. Che ciascuno si senta veramente a casa propria è il primo passo, più importante è potersi arricchire gli uni dell’esperienza degli altri. Qualcosa è stato fatto in passato per favorire l’incontro. Nel 1986, circa sei mesi prima dell’evento di Assisi, nella Chiesa di San Giuseppe in Portoferraio, grazie alla sensibilità dell’allora parroco don Giorgio Mattera si svolse una riunione interreligiosa di preghiera alla quale parteciparono i credenti di alcune confessioni religiose presenti all’Elba (mi sembra di ricordare, oltre ai cattolici, i valdesi, i Baha’ì, gli ebrei, i buddisti). Oltre agli annuali incontri ecumenici fra cristiani (cattolici, riformati e ortodossi), qualche hanno fa, a Portoferraio, periodicamente hanno pregato e meditato insieme credenti di varie religioni, concretizzando un’idea lanciata dai Baha’ì. E in questa direzione si potrebbe proseguire per dare corpo allo “spirito di Assisi”. La conoscenza delle religioni porta ad affermare che nel loro dna è iscritta la pace. E il modo proprio per contribuire alla pace è di vivere autenticamente la propria esperienza religiosa. Questo è l’antidoto alla violenza, soprattutto a quella che si maschera di motivi religiosi.
assisi basilica san francesco