Il consigliere del Parco Yuri Tiberto ha espresso sulla stampa alcune sue considerazioni in una lettera aperta alla direzione che meritano una pubblica risposta. “Il PNAT attua un programma di controllo della popolazione del muflone dal 2007 (già da alcuni anni era partito quello del cinghiale) per contenere i gravi danni alle colture e alle pertinenze di abitazioni e alle strutture ricettive, insistentemente segnalate dalla popolazione. Quest’anno il problema dell’invasione di ungulati è diventato talmente preoccupante da indurre alcuni sindaci a dichiarare lo stato di allerta. Nelle zone più colpite, gli amministratori si sono fatti portavoce dell’esigenza di trovare una soluzione efficace perché sono state decine e decine le segnalazioni con richieste di interventi urgenti. La polizia provinciale è stata di grande aiuto negli abbattimenti in prossimità degli abitati. Il disagio causato dai danni economici e la mortificazione di veder vanificata la fatica hanno portato alla raccolta di petizioni popolari e alla nascita di comitati per l’eradicazione. La Prefettura ha chiesto un confronto a tutti i soggetti pubblici (al quale ha partecipato anche Tiberto) per individuare tempestive soluzioni al problema. Il Parco interviene con ogni mezzo consentito dalla legge: catture, abbattimenti con la Polizia Provinciale e con selecontrollori, ovvero cacciatori elbani debitamente formati. Questi ultimi assicurano circa il 30% del prelievo complessivo. “E' strano che Tiberto, che vorrebbe fare le battute di caccia con mute di cani dentro il Parco, sicuramente più invasive e cruente degli abbattimenti selettivi e che occupano un territorio molto più esteso e con diversi punti sparo e cacciatori vaganti, se la prenda con il Parco perché fa quello che viene fatto praticamente in tutte le aree protette italiane e del mondo: il contenimento di animali alloctoni introdotti senza nessun criterio dall'uomo. Naturalmente, rispettiamo la concezione "ornamentale" della fauna che ha il Consigliere Tiberto ma il Parco ha il compito di proteggere, basandosi sulle conoscenze scientifiche, la fauna autoctona e lo fa secondo i metodi ed i protocolli previsti dall'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. Cioè dal braccio scientifico per l'ambiente del Governo Italiano, vigilato dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.” Commenta il presidente Mario Tozzi “ E' a queste disposizioni che il Parco deve attenersi e non al personale senso estetico del Consigliere Tiberto o alle sue ancora più singolari concezioni faunistiche.” E il direttore Franca Zanichelli aggiunge: “Rispetto alla possibilità di abbattimenti fuori dai confini del Parco, nelle aree agricole, si ricorda che tali abbattimenti non sono di competenza dell'Ente Parco ma di altri Enti, quali la Provincia ed eventualmente i Comuni, il Parco può solo dare un proprio supporto tecnico. Aspettiamo di confrontare le soluzioni che emergeranno nell’incontro in Prefettura ai primi di novembre”. L’Ente Parco ricorda le modalità di abbattimento selettivo dei mufloni: i selecontrollori sono muniti di licenza di caccia, hanno seguito un corso di più di 50 ore e hanno sostenuto un esame per esercitare questa attività entro il Parco, così come avviene in molti altri parchi italiani. Il collaboratore volontario ha perciò una sorta di patente e deve comportarsi in modo consono all’attività che sta conducendo per l’Ente e quindi per la cittadinanza in generale (visto che gli ungulati costituiscono un grave problema per buona parte della popolazione elbana). Ciò significa che eventuali comportamenti non idonei di singoli operatori di selezione sono scoraggiati fermamente e, se necessario, sanzionati dal Corpo Forestale o puniti dall’Ente. Il regolamento a cui si attengono i selecontrollori durante le operazioni impone un dettagliato comportamento nel porto e trasporto dell’arma e nell’esercizio dell’attività di abbattimento. I selecontrollori non “vanno in giro”, ma operano all’aspetto, utilizzando punti fissi opportunamente segnalati sia in modo permanente, sia con cartelli mobili che informano la cittadinanza della loro presenza al momento dell’uscita. Ogni persona armata perciò esegue compiti precisi comunicando preventivamente (prenotazione on line sul sito del Parco) data, ora e punto sparo occupato individualmente; raggiunge la postazione a piedi, lasciando sull’auto in sosta copia del documento autorizzativo. Il lavoro svolto dai selecontrollori è annualmente monitorato dall’ufficio conservazione del Parco. Il rapporto è costruttivo. Per quanto riguarda le segnalazioni di interferenze delle attività di abbattimento con le altre attività di fruizione del territorio (quelle che riferisce il consigliere Tiberto) è bene precisare che sono le prime 2 (effettuate tra l’altro in maniera indiretta e tramite stampa) in 5 anni di interventi. Rispettiamo naturalmente le convinzioni personali del consigliere Tiberto in materia di educazione e di faunistica. ma la concezione “valore d’immagine della fauna a grossi capi” non ha nulla a che fare con le problematiche degli abbattimenti selettivi. Gli operatori volontari autorizzati negli interventi svolgono l’attività esclusivamente nelle ore diurne, è vietato per i selecontrollori appostarsi al buio per questioni di sicurezza. Soprattutto questi volontari operano nei momenti della settimana che per chiari motivi (normalmente le persone durante i giorni infrasettimanali svolgono una propria attività lavorativa) possono anche coincidere con giornate festive. Sulla questione “impatto”, l’abbattimento all’aspetto costituisce una delle forme più selettive di intervento e con minore “stress” per l’animale abbattuto. Tutti sanno che nel territorio non protetto la caccia al cinghiale si fa con metodi assai più invasivi: nelle braccate la canizza insegue l’animale e non di rado i piccoli sono sbranati dai cani, o viceversa questi ultimi rimangono squarciati dalle difese dei cinghiali. E’ chiaro che nessuno vorrebbe arrivare a sopprimere gli animali eccedenti ma alternative efficaci (vedi sterilizazioni) non sono praticabili per i grandi erbivori. Si condivide con Tiberto che imbattersi negli animali abbattuti sia sempre uno spettacolo poco bello, anche quando le carcasse dei trofei vengono esibiti sulle auto sulle strade pubbliche. Come si è arrivati a questo controllo della popolazione? Con la delibera del CD n. 41 del 2008 abbiamo iniziato ad approvare il contenimento dei mufloni con le gabbie e con i selecontrollori per arginare la crescente esplosione di queste pecore nell’area occidentale dell’Elba. Il Piano tecnico-scientifico dura tre anni. Con successiva delibera n. 16 del 29.4.2011 approvata con voti unanimi del CD (presente anche Yuri Tiberto) è stata confermata l’azione intrapresa con le tecniche già sperimentate aumentando solo il numero di capi da prelevare per ridurre i danni. Le aree di intervento selezionate per collocare i punti sparo sono scelte in base alla presenza degli animali nelle diverse stagioni e con la differente disponibilità di cibo reperibile. Le attività di abbattimento sono condotte in autunno-inverno laddove gli animali stazionano maggiormente (le castagne sono un cibo appetito dagli ungulati) poiché è maggiore la probabilità di incontrarli durante il giorno. Con quella delibera di aprile sul muflone tutti erano d’accordo. Mentre per il cinghiale già era stata votata l’eradicazione da tempo, per il muflone non è ancora tecnicamente possibile finalizzare il prelievo in tal senso senza l’avallo da parte dell’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale (Ispra) per il diverso status della specie. Tra le righe, in molti parlavano di far diventare il problema ungulati una risorsa, attivando finalmente la macellazione e la filiera del prodotto tipico. Nel corso dell’estate si è cominciato a capire che se vi era reale intenzione di eradicare per davvero gli animali la cosa poteva essere fatta e che comunque il numero di ungulati poteva essere concretamente ridotto. Sono iniziate le mosse dei vari distinguo. Qualcuno ha detto apertamente che il valore sociale della caccia non doveva essere mortificato. “Mi chiedo perché il Viceprefetto abbia convocato i referenti della gestione venatoria dell’ATC e non abbia valutato sia nella prima che nella prossima riunione del 4 novembre di ascoltare i portavoce degli agricoltori e degli albergatori che pure hanno molto da dire riguardo gli effetti della presenza di Ungulati” conclude Tozzi.
mufloni escursione